La prigione diventata il simbolo della brutalità del regime di Assad
Si trova a Sednaya, vicino a Damasco, dove negli anni sono state torturate e uccise decine di migliaia di persone: i detenuti sono stati appena liberati dai ribelli
Fra sabato e domenica le forze che hanno rovesciato il regime siriano di Bashar al Assad hanno raggiunto e occupato uno dei luoghi più famigerati legati al presidente: la prigione militare di Sednaya, che si trova in un omonimo paese 30 chilometri a nord di Damasco, dove negli anni le forze di sicurezza siriane hanno ucciso migliaia di oppositori. Una volta preso il controllo della prigione, le forze anti-Assad hanno liberato le persone che c’erano dentro, anche se sembra che alcune siano ancora detenute in uno dei livelli sotterranei della struttura. Domenica pomeriggio sono circolati i video dei gruppi armati mentre cercavano di penetrare gli spazi più nascosti della prigione.
È la prima volta da molti anni che qualcuno mostra l’interno della prigione di Sednaya, un posto inaccessibile a giornalisti, attivisti, osservatori indipendenti o anche solo parenti delle persone detenute, che entravano lì dentro e molto spesso sparivano. Le poche persone che sono uscite vive hanno parlato di quel posto come del «peggiore al mondo», dove le torture erano quotidiane e violentissime.
Per molti anni in realtà le informazioni su quello che succedeva all’interno sono state scarse e incomplete. Le cose cambiarono fra il 2016 e il 2017, quando alcune ong internazionali misero insieme lunghi rapporti basati su interviste a decine di persone che erano sopravvissute alla prigione. Nel 2016 l’ong Human Rights Data Analysis Group (HRDAG) calcolò per esempio che fra il 15 marzo 2011 e il 31 dicembre 2015, quindi durante i primi cinque anni della guerra in Siria, furono uccise dentro la prigione di Sednaya 17.723 persone, e molte altre furono sistematicamente torturate.
Nel 2017 invece Amnesty International rivelò che migliaia di persone avevano subito processi sommari, le cui uniche udienze duravano fra uno e tre minuti e che si concludevano praticamente sempre con una condanna a morte. Queste persone poi venivano uccise con delle impiccagioni di massa, in spazi appositi della prigione. Sempre secondo Amnesty International vicino alla prigione era stato costruito anche un forno crematorio per disfarsi dei cadaveri.
Mentre erano ancora in vita, i detenuti venivano torturati in vari modi: uno di loro ha raccontato per esempio che era costretto a infilare la testa in un buco della porta della sua cella, e che da lì le guardie lo picchiavano. Molti hanno raccontato di avere passato lunghi periodi bendati e in posizioni innaturali. Soltanto in base a queste inchieste si è scoperto che la prigione di Sednaya poteva ospitare fino a 20mila persone.
Nei video girati nelle ultime ore a Sedanya si intravedono celle sporche, poco illuminate, in alcune delle quali erano detenuti anche dei bambini. È stato ripreso da molti il video di uomo che dopo la propria liberazione non è riuscito a dire nemmeno una parola, verosimilmente traumatizzato dalla prigionia.
Non è chiaro a che punto siano i tentativi di liberare i detenuti rinchiusi nel cosiddetto “blocco rosso”, nei livelli sotterranei della struttura.