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  • Domenica 8 dicembre 2024

Gli undici giorni che hanno cambiato la Siria

L'incredibile storia della fine del regime di Bashar al Assad: dall'offensiva del 28 novembre dei gruppi del nord fino alla conquista di Damasco

Combattenti delle forze anti-assadiste a Damasco, l'8 dicembre (AP Photo/Omar Sanadiki)
Combattenti delle forze anti-assadiste a Damasco, l'8 dicembre (AP Photo/Omar Sanadiki)

Quello che è successo in Siria negli ultimi undici giorni, dal 28 novembre ad oggi, è stato incredibile e completamente inaspettato. Un’offensiva di gruppi armati siriani partiti dalla provincia di Idlib, nel nord del paese, ha spinto altri gruppi e singoli civili a ribellarsi alla dittatura di Bashar al Assad, il presidente che governava da 24 anni, quando aveva ereditato il potere dal padre, Hafez. Città dopo città, i gruppi armati hanno preso il controllo dei territori governati dal regime, sfruttando il collasso totale dell’esercito: Aleppo, Hama, e poi il sud e l’est, Homs, Damasco e infine la costa.

Assad, il cui regime era sopravvissuto alla guerra civile siriana iniziata nel 2011 anche grazie all’appoggio di Russia e Iran, non è riuscito a contrastare l’avanzata dei gruppi armati, e domenica ha lasciato il potere e la Siria. Questa è una cronaca essenziale di questi undici giorni.

28 novembre: inizia l’offensiva a nord
Il mondo si è accorto che qualcosa di grosso stava succedendo in Siria il 28 novembre, quando un’alleanza di gruppi armati guidati da Hayat Tahrir al Sham (Hts) ha avviato un’offensiva nel nord-ovest della Siria, in direzione della città di Aleppo.

Contesto necessario: Hayat Tahrir al Sham è l’evoluzione di uno dei gruppi di ribelli siriani che a partire dal 2011 combatterono contro il regime di Assad dopo l’inizio della rivoluzione. Allora Hts aveva un altro nome e negli anni ha assunto posizioni estremiste, vicine all’ISIS e poi ad al Qaida. Solo di recente il suo leader, Abu Mohammed al Jolani, ha tentato di dare un aspetto più moderato al gruppo, come si è visto anche in questi ultimi giorni. Prima del 28 novembre, Hts governava nella provincia di Idlib, un territorio che Assad non era riuscito a riconquistare.

– Leggi anche: Breve storia della guerra civile siriana

Il 28 novembre questi gruppi armati sono avanzati molto rapidamente da ovest verso est (verso Aleppo) e hanno preso il controllo di diversi piccoli centri urbani, senza incontrare resistenza significativa da parte dell’esercito di Assad. L’obiettivo in quel momento non era riconquistare la Siria; era spostare la linea del fronte più in là, di modo che i territori controllati da Hts non fossero nel raggio dell’artiglieria del regime. Insomma, quello che è successo dopo è stato inaspettato per tutti, anche per gli stessi gruppi armati.

30 novembre: i gruppi armati conquistano Aleppo
Il 30 novembre i gruppi armati guidati da Hayat Tahrir al Sham sono entrati ad Aleppo, la seconda città più grande della Siria con 2 milioni di abitanti, per la prima volta dal dicembre del 2016 (Aleppo era stata sotto il controllo dei ribelli durante la guerra civile siriana, poi era stata riconquistata da Assad). La conquista di Aleppo è stata sorprendente e inaspettata soprattutto perché i gruppi armati non hanno incontrato resistenza da parte dei soldati di Assad, che hanno lasciato rapidamente le loro postazioni: una cosa che sarebbe successa anche nei giorni successivi.

L’esercito siriano, con l’impiego di aerei militari russi, ha risposto compiendo qualche bombardamento su Aleppo e nelle aree circostanti, ma solo fino al 2 dicembre, poi ha smesso.

Con la conquista di Aleppo ha cominciato a essere evidente la debolezza del regime di Assad, che non ha potuto contare sull’appoggio dei suoi alleati più importanti, Russia e Iran, che si sono sfilati. Anche Hezbollah, gruppo radicale libanese la cui leadership è stata uccisa nella guerra iniziata da Israele in Libano tra fine settembre e inizio ottobre, non ha avuto le forze per impegnarsi militarmente nella difesa del regime siriano, come fece durante la guerra civile.

5 dicembre: Hts conquista anche Hama
L’avanzata dei gruppi armati del nord ha continuato a essere molto rapida e, pochi giorni dopo avere conquistato Aleppo, Hts è arrivato anche a Hama, città molto importante che si trova sulla strada tra Aleppo e Damasco. Anche qui l’esercito di Assad non ha praticamente opposto resistenza.

Il 5 dicembre a Hama si sono viste scene che sarebbero diventate poi molto frequenti nei giorni successivi. La statua dell’ex presidente Hafez al Assad (padre di Bashar, al potere dal 1971 fino al 2000) è stata abbattuta da persone in abiti civili, la testa è stata legata a un camioncino ed è stata trascinata in giro per le vie della città come un trofeo.

Sono circolate immagini anche di un grande cartello dipinto con i colori della bandiera dei ribelli, bianco, nero e verde, quella che ora è diventata la bandiera ufficiale della Siria; e sono stati liberati i detenuti della prigione centrale di Hama, alcuni dei quali erano in carcere da decenni, da quando Hafez al Assad represse duramente le opposizioni siriane.

6-7 dicembre: la conquista di Daraa, nel sud, e di Deir Ezzor, nell’est
La situazione per il regime di Assad si è complicata ulteriormente il 6 dicembre, quando ha cominciato a smuoversi qualcosa anche nel sud della Siria. A compiere l’offensiva al sud però non sono stati i combattenti di Hayat Tahrir al Sham, che il 6 dicembre si trovavano molto più a nord, attorno alla città di Homs. Sono stati i gruppi ribelli che negli ultimi anni erano passati attraverso un processo di cosiddetta «riconciliazione» con il regime, accettando di deporre le armi.

Il 6 dicembre questi gruppi hanno preso il controllo della città di Daraa, sfruttando il collasso dell’esercito siriano. Il giorno dopo i ribelli si sono mossi verso nord, verso Damasco, prendendo il controllo di altri territori, di nuovo senza praticamente combattere. In diverse zone è stata la popolazione locale a ribellarsi, prima ancora dell’arrivo dei gruppi armati: è successo per esempio nella città di al Suwayda, abitata dai drusi, una minoranza religiosa non musulmana che il regime di Assad aveva sempre detto di voler proteggere. Qui, in un ufficio delle forze d’intelligence del regime, i ribelli hanno trovato centinaia di faldoni, ciascuno con il nome di una delle famiglie della città.

Negli stessi giorni l’esercito di Assad è stato costretto a retrocedere anche nel nord-est della Siria. A guidare l’offensiva contro le forze del regime sono stati i curdi, che negli anni della guerra civile siriana avevano creato uno stato di fatto, autonomo, sul territorio del “Rojava” (Kurdistan siriano). I curdi sono avanzati verso sud-ovest, conquistando molti centri abitati, tra cui Deir Ezzor e al Mayadeen, e anche il varco di al Bukamal, al confine tra Iraq e Siria, usato in passato dalle milizie filo iraniane alleate di Assad per entrare in territorio siriano da est. Anche in queste zone ci sono stati molti festeggiamenti per la fine del regime.

7 dicembre: Hts conquista Homs, Damasco traballa
Dopo giorni di rapide avanzate senza incontrare resistenza da parte dell’esercito siriano, sembrava che a Homs le cose sarebbero andate diversamente: il regime di Assad aveva detto che avrebbe combattuto e i gruppi armati guidati da Hayat Tahrir al Sham si erano fermati alla periferia della città. Non è stato così.

La sera del 7 dicembre le forze di Assad hanno cominciato a ritirarsi da Homs, l’ultima grande città prima di arrivare a Damasco, più a sud. I gruppi armati sono entrati poco dopo e verso le 23:30 ora italiana il comandante di Hts ne ha annunciato la «liberazione completa». Anche qui sono stati liberati i detenuti della prigione centrale della città.

Nel frattempo i ribelli del sud hanno iniziato a entrare a Damasco, di nuovo senza incontrare resistenza. I soldati hanno abbandonato le loro posizioni attorno alla città lasciando le strade libere per l’avanzata degli insorti provenienti da sud. E anche qui, come era già successo in altre città del sud, sono iniziate rivolte della popolazione, che ha cominciato a bruciare e abbattere i simboli del regime. In quelle ore sono circolati diversi video che mostravano le diserzioni dei soldati di Assad, che per esempio si toglievano le divise militari e indossavano gli abiti civili.

8 dicembre: anche Damasco viene conquistata, Assad fugge
Nella notte tra il 7 e l’8 dicembre anche Damasco è stata conquistata dalle forze anti-assadiste, di fatto mettendo fine alla dinastia della famiglia Assad, uno dei regimi più repressivi e violenti dell’ultimo mezzo secolo nel mondo. Tra le altre cose, sono stati liberati i detenuti della prigione di Sednaya, dove negli anni erano stati imprigionati, torturati e uccisi migliaia di oppositori politici.

– Leggi anche: La fine del regime di Assad, in foto

Il capo di Hayat Tahrir al Sham, Abu Mohammed al Jolani, ha chiesto a tutti i ribelli di stare lontani delle istituzioni governative e ha parlato di transizione ordinata e pacifica del potere. Lo stesso ha detto anche il primo ministro del regime di Assad, Mohammad Ghazi al Jalali, cosa che ha fatto ipotizzare che ci sia stato un qualche tipo di accordo dell’ultimo minuto tra Hts e il governo siriano, per evitare vendette nelle strade e saccheggi nei palazzi. Domenica pomeriggio al Jolani è arrivato a Damasco.

Anche a Damasco ci sono stati festeggiamenti, e saccheggi: la situazione comunque per ora sembra essere sotto controllo. Nel frattempo ci sono state ribellioni anche nelle zone costiere della Siria, dove si pensava potesse esserci l’ultima resistenza di Assad. Di nuovo, le cose sono andate diversamente.

Questa è la Siria oggi, undici giorni dopo l’inizio di tutto.

Intanto Bashar al Assad è scappato in Russia. Il governo russo ha detto che l’ex presidente ha lasciato la Siria dopo avere ordinato una transizione pacifica del potere.