L’ex proprietario del gruppo editoriale Epolis, fallito nel 2011, è stato condannato a 9 anni di carcere
Venerdì il tribunale di Cagliari ha emesso una serie di condanne per il fallimento del gruppo editoriale sardo Epolis, andato in bancarotta nel 2011 dopo essere stato venduto all’imprenditore Alberto Rigotti. Rigotti è stato condannato a nove anni e mezzo di reclusione, il fondatore del gruppo editoriale Nicola Grauso a 5 anni, e la vicepresidente del gruppo Sara Cipollini a 4 anni: ci sono state anche altre condanne nei confronti di altre persone coinvolte in ruoli diversi. Il giudice ha stabilito anche che i giornalisti che si sono costituiti parte civile nel procedimento hanno diritto a un risarcimento, ma l’importo non è ancora stato stabilito.
Fondato nel 2004 da Grauso, il gruppo Epolis al suo apice pubblicava e distribuiva in varie città italiane 19 giornali free press (ovvero gratuiti e finanziati principalmente dalla pubblicità) e stipendiava 136 giornalisti. Dati gli scarsi risultati commerciali, dopo aver cercato di rendere a pagamento i suoi giornali, Grauso decise di cedere il gruppo a Rigotti, che sospese le attività nel 2010 e dichiarò fallimento nel 2011, senza pagare i debiti di vari milioni di euro nei confronti di dipendenti, collaboratori e fornitori. Secondo gli investigatori, la gestione aveva lo scopo di «favorire, senza alcun giustificato motivo, alcuni creditori in danno di altri», e arrivò anche a prelevare grosse somme di denaro dai conti di Publiepolis, società gemella di Epolis, in un momento in cui le pubblicazioni erano già ferme da mesi, per pagare i creditori.