È stato firmato l’accordo di libero scambio tra Unione Europea e i paesi del Mercosur

Cioè il mercato comune sudamericano: ma servirà anche l'approvazione degli Stati membri

La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen con i leader dei paesi del Mercosur (Dal profilo X di von der Leyen)
La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen con i leader dei paesi del Mercosur (Dal profilo X di von der Leyen)
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Venerdì è stata firmata l’intesa per il discusso accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e i paesi del Mercosur, il mercato comune sudamericano di cui sono membri Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Bolivia: l’accordo è il più grande di questo tipo mai fatto dall’Unione, in termini di popolazioni coinvolte e volume di scambi. Affinché entri in vigore il testo dovrà essere votato e approvato anche dal Parlamento Europeo e dal Consiglio Europeo, formato dai capi di Stato e di governo dei paesi membri.

Non è un processo del tutto scontato, di recente la Francia si era mostrata contraria, e il governo italiano ha una posizione ambigua seppur non totalmente contraria come la Francia.

Dell’accordo tra Unione Europea e Mercosur si parla da oltre vent’anni. I negoziati, iniziati nel 2000, sono stati lunghi e complessi, e hanno dovuto tenere conto delle obiezioni e dei veti sia dei paesi europei sia di quelli latinoamericani. L’obiettivo generale del trattato è favorire gli scambi commerciali tra i due mercati: uno degli aspetti più importanti dell’accordo è l’eliminazione graduale di quasi tutti i dazi doganali applicati fra i due blocchi e di parte delle differenze normative, che sono nei fatti un ostacolo al commercio alla pari dei dazi.

L’accordo favorirebbe così gli scambi in molti settori: da una parte l’Unione è interessata alla possibilità di aumentare le esportazioni di prodotti su cui finora sono stati applicati dazi elevati – come le automobili, l’abbigliamento e il vino – e di assicurarsi l’approvvigionamento di materie prime sempre più necessarie come il litio, di cui l’America Latina è ricca; dall’altra i paesi del Mercosur sperano invece di aumentare le esportazioni dei prodotti alimentari verso l’Unione. L’accordo ha anche l’obiettivo di agevolare gli investimenti delle imprese europee nel Sud America, e viceversa.

Ma al di là della dimensione commerciale, c’è poi un aspetto politico importante: l’accordo è uno strumento per rafforzare il legame diplomatico tra l’Unione Europea e l’America Latina in un momento in cui molti paesi di quell’area sono attratti più o meno direttamente dalla Cina.

L’accordo ha recentemente trovato molte resistenze tra gli agricoltori e gli allevatori. Sostengono che li danneggerebbe moltissimo perché aprirebbe il mercato europeo alle grandi aziende agricole latinoamericane, soggette a standard di produzione meno severi e che quindi si possono permettere di vendere i loro prodotti a prezzi più bassi. Dello stesso parere è anche il governo francese, che però è l’unico fra quelli dei più importanti paesi europei a opporsi palesemente. La Germania per esempio è molto favorevole, mentre altri paesi, fra cui l’Italia, hanno posizioni meno chiare.

Sebbene a livello complessivo gran parte degli studi sia concorde nel dire che a livello economico l’accordo è molto favorevole, i dubbi degli agricoltori sono in parte fondati. Per esempio, una relazione interna recentemente presentata alla Commissione Europea ha concluso che il Brasile, che è il principale esportatore di carne bovina al mondo, non potrebbe garantire che agli animali non venga somministrato l’estradiolo, un ormone della crescita vietato in Europa decenni fa ma ancora molto utilizzato in Brasile.

Dal punto di vista ambientale un’indagine commissionata dal governo francese aveva concluso che l’accordo avrebbe portato a un’accelerazione della deforestazione nei paesi del Mercosur: specialmente in Brasile le attività di deforestazione non autorizzate sono usate per creare più spazio per gli allevamenti intensivi e le coltivazioni, cosa che potrebbe aumentare dopo l’entrata in vigore dell’accordo.