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  • Giovedì 5 dicembre 2024

Un regalo di Natale al giorno: -20

Trentadue e più consigli di libri letti e apprezzati dalla redazione del Post, per quelli a cui piace donarli e riceverli anche a Natale

(REUTERS/Kai Pfaffenbach)
(REUTERS/Kai Pfaffenbach)

Anche questo dicembre, come ogni anno da qualche tempo, la redazione di Consumismi scandaglia i negozi online per trovare idee originali utili a chi vuole fare i regali di Natale o è in qualche modo costretto. Sul Post quindi pubblichiamo un regalo di Natale al giorno fino al 24 dicembre e ogni mercoledì mandiamo una newsletter con quelle e molte altre idee (ci si iscrive qui). Se poi non trovate veramente niente che faccia al caso vostro, ricordatevi che c’è sempre la mozione Flanagin.

Come lo scorso dicembre – e quello prima, e quello ancora prima e ancora ancora prima – questa è la lista di libri consigliati da redattrici e redattori del Post per chi ritiene che regalare un libro a Natale sia sempre buona cosa. Sono libri che la redazione del Post ha letto, apprezzato e pensa potrebbero essere un buon regalo per qualcuno (anche per se stessi, perché no?). Ci sono novità di cui si è parlato moltissimo, tanti romanzi, ma anche saggi e libri con le figure. Come sempre l’azzardo finale della scelta tocca a voi, ma confidiamo che le motivazioni di ciascuno la renderanno più ponderata e sentita.

Laggiù dove si muore, di Luca Fregona
Luca Fregona è caporedattore del quotidiano Alto Adige e in questo libro pieno di documenti e testimonianze racconta una storia italiana di cui non avevo mai sentito parlare prima, anzi, molte storie: quelle delle migliaia (!) di italiani che dopo la fine della Seconda guerra mondiale scelsero di arruolarsi nella Legione straniera francese. Alcuni lo fecero perché dalla guerra erano usciti sconfitti, altri furono attirati con l’inganno e la promessa di grandi guadagni, la maggior parte si arruolò per scappare dalla povertà estrema di quegli anni in molte regioni del Nord Italia. Finirono a combattere in Vietnam molto prima che arrivassero gli americani, con i francesi nella guerra dell’Indocina, dopo addestramenti terribili in Algeria. Alcuni disertarono, altri passarono col nemico, altri ancora si costruirono delle nuove vite e tantissimi, ovviamente, morirono: combattendo guerre che non erano le loro, perché altro non sapevano fare.
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Francesco Costa

Triste tigre, di Neige Sinno
In mezzo alla costernazione e all’angoscia suscitate dalle notizie legate al processo Pelicot ho trovato del buon materiale per elaborare dei pensieri leggendo il memoir Triste tigre di Neige Sinno (forse il libro più importante uscito in Italia quest’anno? azzardo questa valutazione enfatica). Da bambina e ragazza Sinno fu stuprata per anni dal suo patrigno e una volta adulta lo denunciò: lui confessò l’abuso e per questo venne condannato, cosa che non capita sempre in casi del genere. Triste tigre è un libro di valore perché senza autocensure riflette sullo stupro e sul fatto di scegliere di parlarne in modo lucido. Non è consolatorio, non empowera, ma non riduce la sua autrice e le altre persone che hanno subito violenze simili a vittime e basta: è un libro irriducibile, in particolare in un paragrafo. Dopo averlo sentito consigliare da molte persone, famose o per niente, e infine da Rachel Cusk, l’ho ascoltato nella eccellente versione audio letta da Valentina Bellè e poi comprato di carta per tornare sopra certi passaggi (è pubblicato da Neri Pozza, traduzione di Luciana Cisbani).
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Ludovica Lugli

L’arte della gioia, di Goliarda Sapienza
A volte si scopre un grande romanzo in età adulta di cui non si aveva mai sentito parlare prima: è quello che mi è capitato con L’arte della gioia, e a quanto pare non sono l’unico. Fu scritto tra il 1967 e il 1976 e non fu mai pubblicato interamente durante la vita della sua autrice, Goliarda Sapienza, che ebbe senz’altro una vita notevole (oltre che scrittrice fu attrice e insegnante di recitazione, fu staffetta partigiana, finì in manicomio e in carcere, morì improvvisamente nel 1994). L’arte della gioia divenne un caso editoriale in Francia soltanto nel 2005 e fu pubblicato in Italia da Einaudi nel 2008, dopo i rifiuti delle grandi case editrici degli anni Settanta e Ottanta. Recentemente ne è stata tratta una serie tv diretta da Valeria Golino, che fu allieva di Sapienza. L’arte della gioia è un grande romanzo in tutti i sensi: è un romanzo-fiume per la lunghezza, più di 500 pagine, ma anche per l’arco temporale che racconta, quello della quasi totalità della vita della sua protagonista, Modesta. È un grande romanzo per la qualità della scrittura e per lo stile originalissimo, per il punto di vista femminile mai stereotipato e anzi modernissimo. È Cime tempestose che incontra Il conte di Montecristo, nel Novecento, ma dove il corpo, la vitalità e la sessualità, soprattutto quella femminile, sono il motore della storia, e confesso che avrei voluto leggerlo a vent’anni.
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Alessandro Parodi

2034, di Elliot Ackerman e James Stavridis
Escalation nucleare è una definizione che non ci si scorda più dopo aver letto 2034, il primo libro che mi è venuto in mente dopo la vittoria di Trump alle elezioni statunitensi 2024: gli autori Elliot Ackerman (autore di bestseller, che ha lavorato alla Casa Bianca con Barack Obama) e l’ammiraglio James Stavridis (Comandante Supremo delle forze NATO dal 2009 al 2013) raccontano l’evoluzione di uno scontro tra Cina, Iran e Stati Uniti che inizia con un incidente nel Mar Cinese Meridionale e un sabotaggio cibernetico, per poi complicarsi fino all’escalation nucleare. L’azione accelera e si espande in fretta a livello globale, determinata dalle strategie politiche e dalle tattiche militari dei tanti personaggi, buoni e cattivi. La trama è dannatamente plausibile, tra cavi sottomarini tranciati, sequestri iraniani e intrighi alla Casa Bianca, così plausibile che ci si chiede non se accadrà mai un’escalation nucleare, ma quando: dalla possibilità, alla probabilità. Perché come dice uno dei personaggi: «In guerra, il punto non è vincere. Ma come si vince. Un tempo l’America non cominciava le guerre, le finiva. Ora invece è vero il contrario: voi le guerre le cominciate, e non le finite.» Da leggere per imparare a farsi qualche domanda in più e a interessarsi di più di politica estera.
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Emanuela Marchiafava

Il gioco interiore nel tennis, di W. Timothy Gallwey
C’è quella frase che ogni tanto si dice: “è il libro che ti sceglie”, e non so se sia vera in termini assoluti, ma sicuramente lo è stata in questo caso. Ho preso questo libro 2 anni fa quando ho (ri)iniziato a giocare a tennis ed è stato sul mio comodino prima a Bologna, quando vivevo lì, poi a Milano quando mi sono trasferito. Ogni tanto mi dicevo che dovevo iniziarlo però non lo facevo mai. Poi un paio di mesi fa è successo che ho attraversato un momento di particolare scoraggiamento: giocavo male e non mi sentivo abbastanza bravo per competere. È una cosa che nel tennis si attraversa piuttosto frequentemente, ma quella volta lì è stata particolarmente intensa. A quel punto, un po’ come se il libro mi avesse chiamato, sono andato a prenderlo dal comodino e l’ho letto in 5 giorni (solitamente non sono così veloce). Questo è un libro sul tennis che parla anche di tennis, ma si concentra soprattutto sull’approccio psicologico che si può applicare a questo sport come alla vita di tutti i giorni. Quando lo si finisce non si è più bravi a giocare a tennis, ma si accetta più facilmente quel (lungo) processo che porta ad esserlo.
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Paolo Piredda

Intermezzo, di Sally Rooney
È stato un sollievo scoprire, mentre lo leggevo, che Intermezzo ha le qualità dei libri di Sally Rooney di cui avevo sentito la mancanza in Dove sei, mondo bello, il suo terzo e penultimo romanzo, che aveva quei tratti negativi sempre citati da chi Rooney non la sopporta, come lo pseudo-intellettualismo e la creazione di personaggi che non esistono nella vita reale. Intermezzo invece arriva dritto al punto e, specialmente dalla seconda parte in poi, rende molto difficile staccarsi dalla lettura. Racconta di due fratelli, Peter e Ivan, nei mesi successivi alla morte del loro padre, del loro rapporto e di quello che hanno con tre donne nella loro vita. Come in altri libri di Rooney (almeno per quanto mi riguarda) a un certo punto si piange, un po’ per i personaggi a cui ti sei affezionata, un po’ perché all’improvviso nelle pagine trovi anche una parte di te. Se queste righe non vi hanno ancora convinto, forse lo farà una delle ultime puntate di Comodino: Sally Rooney e chi la legge.
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Ginevra Falciani

Paradiso, di Michele Masneri
Il “Paradiso”, diciamolo subito, è un eremo somewhere in Italy. Il protagonista del romanzo – Federico Desideri – ha queste generalità da personaggio dannunziano, e forse ci si ritroverebbe pure, se non fosse milanese. Desideri viene mandato da un magazine, posh nelle ambizioni ma non nell’inquadramento contrattuale, sulle tracce di un celebre regista per un’intervista concordata che non lo era. Finisce per farsi risucchiare nella piccola società che gravita attorno a Barry Volpicelli, che è stato un grande corrispondente negli Stati Uniti (e altre cose) ma preferisce che non glielo ricordino. Nel Paradiso vige una sindrome di Stoccolma, una Stoccolma sul litorale romano. I suoi abitanti danno vibes da Scott Fitzgerald, ma sono ormai quasi nei loro roaring eighties, tipo le foto di Joe Biden in spiaggia in Delaware. Sono personaggi dalle strampalate piccolezze, e proprio per questo autentici. Il loro buen retiro racconta, per riflesso, qualcosa della società che sta al di fuori, del “paese reale”, e forse di noi che ne facciamo parte ma vorremmo tanto un invito a pranzo lì. Il libro ha un umorismo sornione, la prosa di Masneri e pure un po’ di mistero. E poi cosa c’è di meglio che consolarsi leggendo di un’estate torrida e chimerica, mentre sbirciamo il termostato nel gelo della nostra “infinita Tuscolana, ma tenuta bene”.
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Matteo Castellucci

Abbiamo sempre vissuto nel castello, di Shirley Jackson
Per anni, all’università, ho fatto fatica a leggere romanzi e sentivo disperatamente la mancanza della sensazione di quando sei bambino e i genitori ti dicono che è ora di andare a dormire perché il giorno dopo c’è scuola, ma tu vuoi assolutamente sapere come va a finire la storia e quindi tiri fuori una torcia strategicamente nascosta e continui a leggere in modo clandestino sotto le coperte, facendo le ore piccole. Da allora, per fortuna, io e i romanzi abbiamo fatto pace e ci amiamo di nuovo moltissimo, ma trovare un libro che faccia quell’effetto non è comunque facile, e quando mi succede vorrei parlarne a tutti. Ecco, mi è successo quest’estate con Abbiamo sempre vissuto nel castello. Il mio non è un consiglio originale – è senza grandi dubbi la storia più celebre di Jackson, insieme a La lotteria e L’incubo di Hill House – ma è un consiglio spassionato, di quelli che dici «fidati». Anche per questo non vi dico nemmeno vagamente di cosa parla, ma fidatevi che è un buon regalo: un’ottima macchina di tempi più semplici, anche quando non c’è più nessuno che ci dice a che ora dovremmo andare a dormire.
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Viola Stefanello

Scrivere di musica. Una guida pratica e intima, di Rossano Lo Mele
È un saggio di qualche anno fa in cui Rossano Lo Mele, direttore della rivista Rumore e batterista del gruppo rock Perturbazione, racconta l’attività che occupa la maggior parte delle sue giornate da una trentina d’anni a questa parte: scrivere di musica, per l’appunto. Una «pratica intima» di cui Lo Mele approfondisce ogni aspetto, dai formati giornalistici che può assumere (notizia, reportage, longform, intervista, e ovviamente la classica recensione con punteggio da zero a dieci) alla storia delle prime riviste musicali italiane che, negli anni Settanta, cominciarono a interessarsi alle novità che arrivavano dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti, diventando un’occasione di formazione per centinaia di adolescenti che fantasticavano sui dischi del momento nelle loro camerette. E poi, ovviamente, ci sono tutti i consigli da addetti ai lavori: come inviare una proposta a un giornale senza sembrare troppo imbranati, come fare le giuste domande senza rischiare di irritare troppo la band di turno, cosa portare con sé per un live reporting come si deve. Scrivere di musica è anche un libro di formazione: Lo Mele dedica pagine molto intense a tutti gli sforzi che lui e suo padre, che lo aiuta nelle spedizioni e nel disbrigo delle scartoffie, devono compiere per tenere in piedi una rivista di nicchia e molto specializzata come Rumore in un periodo in cui l’interesse verso queste pubblicazioni è ai minimi storici.
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Giuseppe Luca Scaffidi

Mi limitavo ad amare te, di Rosella Postorino
Nel 1992 a Sarajevo c’è la guerra. Nada, Omar, Danilo e Sen vengono messi su un pullman e portati in Italia, in diversi orfanotrofi tra Monza e Rimini. Tra loro si creano rapporti di amore e amicizia che dureranno per tutta la vita, spaziando per la Bosnia Erzegovina e l’Italia: è una storia nella quale è difficile immedesimarsi, ma che comunque si capisce al volo. Parla di guerre vicine, di legami e di cambiamenti, di madri rimaste indietro e figli che possono solo andare avanti, anche se a volte non vorrebbero, di come un’adozione cambia la vita. Si legge rapidamente.
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Laura Loguercio

Dall’orto al mondo. Piccolo manuale di resistenza ecologica, di Barbara Bernardini
Il libro perfetto per noi millennial che, a giorni alterni, sogniamo una vita di campagna pur senza averla mai sperimentata. L’autrice annota in un diario le sue avventure nella cura dell’orto, tra la frustrazione per i vari fallimenti e il desiderio di continuare a provarci. È un racconto che comunica in modo molto intimo e umano la sensazione di meraviglia che si prova quando un seme si trasforma in una verdura da mangiare a cena: una sensazione che, dopo aver letto questo libro, ho sempre più voglia di provare pure io! C’è in più in sottofondo, ma nemmeno troppo, il confronto tra un piccolo orto e il nostro odierno sistema produttivo, quello dell’agricoltura intensiva, che contribuisce a rendere Dall’orto al mondo anche un piccolo manuale di resistenza ecologica.
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Gianluca Cedolin

Dove c’è più luce, di Sualzo
È una storia a fumetti scritta benissimo e con grande sensibilità, pubblicata nel 2023 dall’autore italiano Antonio Vincenti, in arte Sualzo. Parla di un cinico e malinconico collezionista di libri, impegnato a preservare insieme ai libri tracce di una sua vita passata che però non conserva tracce di lui. Dice forse un mucchio di cose diverse a persone diverse, come tutti i bei libri, ma pure come le belle canzoni. E, come tutti i bei graphic novel, a volte le dice anche senza dirle: attraverso le onomatopee di una sedia trascinata sul pavimento o dell’interruttore di una lampada da scrivania accesa di notte. Lo consiglio adesso, sotto Natale, anche perché è a una gran storia classica di Natale che ho pensato, finendo di leggerlo: quella che parla di redenzioni inattese, sì, e di sentimenti umani sovrapposti alle ricchezze materiali.
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Antonio Russo

Muoio dalla voglia di conoscerti, di Aidan Chambers
Karl è un giovane apprendista idraulico di diciotto anni, introverso e taciturno, che un giorno bussa alla porta di un vecchio scrittore per chiedergli aiuto. La sua ragazza, Fiorella, fan dello scrittore, ama leggere e scrivere, vuole fare la scrittrice, e dice di non poter stare con qualcuno che sta sempre in silenzio, non parla mai di sé e non sa esprimersi con proprietà di linguaggio: stufa della sua reticenza, gli ha chiesto di rispondere a una lista di domande su di sé per iscritto. Il vecchio scrittore, che è la voce narrante, è incuriosito da Karl e decide di aiutarlo: «Tirargli fuori qualcosa era come spremere del succo da una pietra», dice. Il loro dialogo parte a fatica, poi delicatamente decolla, a voce e per iscritto, esplorando tutti gli anfratti e gli abissi del rapporto con la nostra esistenza: l’amore, la spiritualità, il corpo, il sesso, la depressione e anche la morte. Dying to Know You (titolo originale) è un romanzo “young adult” (quelli che hanno per protagonisti degli adolescenti e si rivolgono agli e alle adolescenti e giovani ventenni): è una specie di Cyrano de Bergerac per persone molto giovani. Mi era stato consigliato molto tempo fa da una persona a cui tengo molto, a cui non avevo dato retta perché il mio comodino era già pieno di libri: era arrivato il momento di leggerlo.
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Alessandra Pellegrini De Luca

Piantare patate su Marte, di Stefania De Pascale
Se senti parlare di agricoltura spaziale viene subito in mente Mark Watney, il personaggio interpretato da Matt Damon nel film The Martian, che coltiva patate su Marte. Eppure, al di là degli aspetti da film e romanzi di fantascienza, facciamo esperimenti con le piante nello Spazio da decenni e non solo per produrre sistemi che rendano possibili missioni di lunga durata sulla Luna (e chissà, forse un giorno veramente su Marte), ma anche per capire meglio come coltivare le piante qui sulla Terra. De Pascale si occupa da oltre 25 anni di queste cose, e ne sa raccontare le opportunità e i limiti in modo chiaro e conciso, per capire se davvero un giorno pianteremo patate marziane.
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Emanuele Menietti

Atlas Obscura. Guida alle meraviglie nascoste del mondo
Se fossi una persona religiosa uno dei testi a cui ricorrerei per trovare conforto e ispirazione sarebbe la Guida alle meraviglie nascoste del mondo di Atlas Obscura, che mi sono regalata un paio d’anni fa nella seconda edizione in inglese dopo aver visto a casa di amici la prima (entrambe sono state pubblicate in italiano da Mondadori). Se avete sentito parlare del progetto, sapete che Atlas Obscura raccoglie storie di cose, posti e fatti inconsueti, che a volte hanno ispirato certi miei articoli, altre sono diventate mete dei miei viaggi e altre ancora fanno parte della mia bucket list, la categoria di gran lunga più nutrita. Più che un libro è una specie di manuale che consiglio molto a chi, come me, accetta il fatto di non poter vedere tutto, ma apprezza comunque la possibilità di fantasticarci su.
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Susanna Baggio

Verso la foce di Gianni Celati
Ogni tanto mi dico che dovrei camminare di più senza pensare a niente, da solo, senza la musica o i podcast, semplicemente osservando quello che c’è intorno. Quest’anno le poche volte che sono riuscito a farlo sono state letteralmente memorabili, nel senso che mi ricordo quasi tutto, anche i dettagli all’apparenza insignificanti, come se avessi scattato delle fotografie nella mente. Gianni Celati ha fatto la stessa cosa con questo libro che racconta quattro viaggi nella pianura padana verso la foce del Po, «l’attraversamento di una specie di deserto di solitudine», per usare le sue parole. Ci sono il fiume, i canali, la campagna e i suoi contorni indefiniti. Ci sono anche le zone industriali, i cartelli pubblicitari, i rifiuti, e soprattutto ci sono le persone che Celati racconta con il suo stile malinconico e naif, mai banale.
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Isaia Invernizzi

A quattro zampe di Miranda July
La protagonista di A quattro zampe è un’artista semifamosa: è madre, è sposata, vive a Los Angeles, ha 45 anni (non ha nome ed è quasi impossibile non vederci la stessa Miranda July). Deve andare a New York: su consiglio del marito e dopo una conversazione piena di strati decide di andarci in auto, per fare l’esperienza del viaggio e avere del tempo per sé. Dopo mezz’ora dalla partenza però esce dall’autostrada e i suoi programmi e la sua vita cambiano radicalmente. Non è un personaggio simpatico: si muove in una bolla di un certo privilegio ed è spesso irritante. Però è facile solidarizzare con lei, una donna sottilmente disperata, seduta scomoda nella propria relazione (c’è un passo molto toccante in cui si parla di coppie che sanno amarsi al meglio solo nelle emergenze), una donna a cui il mondo continua a ricordare con brutalità che sta perdendo la valuta della giovinezza. A quattro zampe è un libro che parla di corpi che cambiano, di desiderio, di sesso (ce n’è tanto: quello che non si ha voglia di fare e quello che si ha voglia di fare moltissimo), della fatica che esiste anche nelle relazioni con ottimi partner, del laborioso e sorprendente processo di costruzione della propria felicità. Alcune pagine le leggi coprendoti gli occhi dall’imbarazzo per procura, ma il finale è potente e ottimista, e ti toglie la paura di invecchiare.
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Giulia Balducci

I ferri del mestiere. Manuale involontario di scrittura con esercizi svolti, di Fruttero e Lucentini
È uno dei migliori manuali di scrittura in circolazione. Fruttero e Lucentini sono stati una coppia di autori di successo, ma prima ancora erano stati i curatori sconosciuti della collana di fantascienza Urania e per decenni hanno fatto un lavoro editoriale ingrato: correggere traduzioni venute male, aggiustare pagine scritte peggio, mettere mano a materiale sgangherato e salvare storie al limite del salvabile. Da questa fatica è uscita questa raccolta di articoli che spiega come evitare le sciatterie e scrivere un testo bello e chiaro. Un po’ si ride per gli errori che commettono gli altri, un po’ si arrossisce quando si riconoscono le brutture che commettiamo noi.
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Daniele Raineri

Gender is over, di Isa Borrelli e Pomodori rosso sangue, di Diletta Bellotti
Due libri che possono aiutarci a trovare un orientamento e che mostrano come fare altrimenti sia possibile, soprattutto di questi tempi mentre vengono approvate mozioni anti-gender e mentre con i decreti sicurezza si vogliono neutralizzare lotte, dissensi e proteste. Entrambi hanno a che fare con la visibilità e la repressione, anche se in modi differenti. Gender is over di Isa Borrelli spiega bene il binarismo come sistema che esercita un controllo sui corpi creando gerarchie, normando desideri e inclinazioni. E fa una proposta a partire da una prospettiva trans e militante. Pomodori rosso sangue di Diletta Bellotti è invece la testimonianza di quanto accaduto qualche estate fa quando l’autrice ha creato una campagna di informazione e sensibilizzazione per far luce sul fenomeno del caporalato. L’ha fatto portando in piazza il proprio corpo con una pratica che riuscisse a mettere in scacco l’invisibilizzazione di chi lavora la terra: invisibilizzazione che è qualcosa di differente dall’invisibilità poiché rimanda, innanzitutto, a un processo attivo e ben consapevole attraverso il quale si crea o si rafforza la non-esistenza di qualcuno.
(Gender is over: AmazonIBSBookdealer)
(Pomodori rosso sangue: AmazonIBSBookdealer)
Giulia Siviero

Apeirogon, di Colum McCann
Apeirogon è un romanzo sul conflitto israelo-palestinese che non è stato scritto né da un israeliano né da un palestinese, ma da un irlandese: già capite che si rischia di partire male. Inoltre Apeirogon ha due caratteristiche pericolosissime, soprattutto se applicate alla Palestina: è benintenzionato e ambizioso. Quando uscì, nel 2020, i critici si divisero abbastanza tra chi parlava di una grande operazione letteraria e chi sosteneva fosse pretenzioso e ingenuo. Dopo che mi è stato consigliato molte volte in questi mesi (anche dagli ospiti di Globo), io l’ho trovato eccezionale. Apeirogon è la storia di Bassam, un uomo palestinese la cui figlia è stata uccisa da un soldato israeliano, e Rami, un uomo israeliano la cui figlia è stata uccisa da palestinesi. I due esistono davvero, e sono amici e attivisti. Apeirogon prende la loro storia e la frantuma in un migliaio di ricordi, immagini, flashback, divagazioni, invenzioni, momenti di distrazione e di concentrazione dolorosa. A me hanno dato l’idea di come ci si sente, a volte, a provare a capire il conflitto più difficile del mondo.
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Eugenio Cau

L’anno della lepre, di Arto Paasilinna
La casa editrice Iperborea – cara a noi del Post – lo pubblicò nel 1994 e diventò subito uno dei suoi libri con più successo. Pur conoscendolo non l’avevo mai letto, fino a quando Emilia Lodigiani, la fondatrice di Iperborea, mi ha raccontato di quando portò il libro, appena stampato, a una piccola fiera editoriale: le copie si vendevano una dopo l’altra e nessuno capiva perché, se fosse stato il titolo, l’illustrazione in copertina o la trama. Secondo lei era, forse, merito dell’Opinione dell’editore stampata sulla sovracopertina, in cui spiegava perché lo aveva scelto: affronta la crisi dei 40 anni, di quando ci si chiede perché si è rimasti «impigliati» in qualcosa «in cui non ci riconosciamo», e così ha convinto anche me. Il protagonista è un giornalista finlandese che investe una lepre e anziché ignorarla e tornare a casa, ferma l’auto, la cura e inizia una nuova vita insieme a lei, tra pescatori solitari e complottisti, incendi, cacce all’orso, boscaioli alcolizzati, corvi famelici e palline di sterco lasciate rotolare dalla lepre nei momenti più inopportuni.
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Arianna Cavallo

Il capitale nell’Antropocene, di Saito Kohei
Per qualche motivo, nemmeno di fronte a una prospettiva apocalittica come quella della crisi climatica si è disposti a prendere in considerazione idee e soluzioni davvero radicali. Anche quando la fiducia nella transizione energetica e nell’ingegno umano diventa sostanzialmente pensiero magico, e porta a ipotizzare un futuro in cui tutto sommato ce la caveremo, in netto contrasto con quello previsto dai modelli climatici, a passare per balzane e utopistiche sono altre teorie. Come quelle di Saito Kohei, filosofo giapponese di 37 anni che nel suo libro più famoso, un caso editoriale internazionale appena tradotto in italiano, illustra una teoria della decrescita all’interno di una prospettiva marxista. Non è un’operazione da poco, perché si è sempre supposto che il Capitale contemplasse unicamente la possibilità di espandere l’economia e la tecnologia: secondo Saito, Marx in realtà si era accorto negli ultimi anni di vita delle contraddizioni di uno sviluppo inesorabile come quello che aveva auspicato in precedenza. Il capitale nell’Antropocene non è forse un saggio che possa aiutarci a capire quello che accadrà, ma sicuramente può arricchire la nostra consapevolezza di cosa sarebbe giusto succedesse. Anche e soprattutto le idee più radicali, con i loro limiti, sono armi al servizio della nostra immaginazione, fondamentale per progettare un inevitabile adattamento alle conseguenze calamitose del nostro stile di vita.
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Stefano Vizio

Perché le nazioni falliscono, di Daron Acemoglu e James A. Robinson
Quest’anno è una buona occasione per leggere Perché le nazioni falliscono, uno dei saggi più famosi di Daron Acemoglu, tra i vincitori del Premio Nobel per l’Economia nel 2024 e una sorta di pop star tra gli economisti. Lo ha scritto nel 2012 insieme a James A. Robinson, che ha peraltro vinto il Nobel con lui. Acemoglu e Robinson cercano di rispondere a una domanda ontologica per chi studia economia: perché alcuni stati sono ricchi e altri no? Per primi dimostrarono e raccontarono al grande pubblico che la differenza la fanno la qualità e il funzionamento delle istituzioni, molto di più di cose che per decenni gli economisti hanno dato per certe, come la posizione geografica o la presenza di risorse naturali. Il saggio rimase per mesi nelle classifiche dei libri più letti e fu per certi versi quasi profetico per quello che stava accadendo in quel momento, cioè la crisi dell’euro e dei debiti sovrani: erano anni in cui si parlava concretamente della possibilità che il progetto della moneta unica fallisse, e che fallissero alcuni paesi particolarmente a rischio, come Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda e Italia. Sebbene Perché le nazioni falliscono parli quasi esclusivamente della debolezza di Stati lontani e che siamo abituati a ritenere a rischio di default, in quegli anni ci si rese conto quanto contasse avere istituzioni forti e una politica rispettabile per evitare un tracollo finanziario.
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Mariasole Lisciandro

Trilogia della città di K. di Agota Kristof
Qualcuno lo considera un classico, qualcuno mi aveva detto che mi sarebbe piaciuto, era da tanto che volevo leggerlo e ci ho messo poco a finirlo. È appunto una trilogia, composta da libri usciti a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta: Il grande quaderno, La prova e La terza menzogna. L’autrice era ungherese, viveva in Svizzera e scriveva in francese. Leggendo il primo libro, i cui capitoli raramente superano le due o tre pagine, mi sono chiesto se fosse la brevità quasi da post sui social a impedire di staccarmene, come se stessi scrollando un feed pensato per tenermi incollato. Proseguendo col secondo e il terzo, che sono meno telegrafici, mi sono reso conto che è invece la forza della storia, e il mistero che la circonda, e i protagonisti così umani e allo stesso tempo senza scrupoli, ad aver fatto sì che, almeno per un po’, delle pagine di carta abbiano sostituito lo schermo nelle pause rubate e prima di addormentarmi. L’ambientazione è quella di una guerra non meglio specificata, i protagonisti due gemelli che, all’inizio del racconto, vengono affidati a una nonna cattiva in una piccola città per sfuggire ai bombardamenti nella grande città. Da lì parte una storia appassionante, raccontata in prima persona plurale (il “noi” dei gemelli), poi in terza persona, poi in prima persona singolare, prospettive che illuminano da vari angoli una verità che non si vuole far scoprire.
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Iacopo Russo

Felici i felici, di Yasmina Reza
Felici i felici è un libro che piacerà a chi apprezza la capacità di dire le cose con un linguaggio scarnificato e preciso. Scarnificato, sì, ma non disadorno: è il risultato di una volontà specifica di togliere ciò che è superfluo, scegliendo con cura ogni parola. Yasmina Reza racconta amori finiti, nuovi amori, tradimenti, il fallimento, aspettative disattese, legami familiari e desideri – insomma, le fatiche e le gioie di vivere – tenendo solo l’essenziale. Ne esce una serie di racconti intrecciati tra loro con la sapienza di una drammaturga e scritti con la precisione di un coltello, per rubare un’immagine cara a una che puntava alla perfezione (Cristina Campo). Anche se i loro caratteri sono appena tratteggiati, il giornalista frustrato, l’attrice delusa da relazioni tossiche, il ragazzo che crede di essere Céline Dion e il vecchio abitato dalla morte hanno comunque qualcosa di simile da dire. E cioè che la felicità è un talento, e può manifestarsi in modi inaspettati anche a chi la ricerca da sempre.
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Laura Fasani

Pressure. Sotto pressione, di Geir Jordet
Ero stato tentato di consigliare un libro pubblicato da Altrecose, ma non sarebbe stata la prima volta e comincerebbe a suonare imbarazzante, capisco: e poi il pubblicarli è già un consiglio di per sé. Solo che ormai leggo quasi solo libri per decidere se tradurli e pubblicarli con Altrecose, e quindi rimarrebbero quelli che abbiamo scelto di non pubblicare, che non sarebbe un gran consiglio. C’è una terza possibilità, però: quelli che non siamo riusciti a pubblicare, perché qualcuno è stato più bravo e rapido di noi a comprarne i diritti italiani. E quindi capovolgerò la frustrazione da “editore” in un auspicio da lettore, ovvero che i curiosi di calcio tra voi leggano l’edizione italiana di questo avvincente libro su psicologia e strategia dei calci di rigore, scritto da uno dei maggiori esperti europei, consulente di squadre di club e di nazionali. Pieno di storie, aneddoti e considerazioni che smontano la tesi della “lotteria dei calci di rigore”.
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Luca Sofri

Il cacciatore, di Tana French
Tana French è un’autrice americana di origini irlandesi, ha vissuto a lungo in Italia, da tempo abita a Dublino. Scrive romanzi noir piuttosto originali e diversi da tanti altri di genere. L’ultimo libro è Il cacciatore ed è il secondo che ha come protagonista un poliziotto americano, Cal Hooper, che si è trasferito in un borgo rurale irlandese, Ardnakelty (il libro precedente è Il segugio). C’è un delitto, un crimine, ma c’è soprattutto la descrizione dei personaggi e delle loro reazioni di fronte a ciò che è avvenuto. Lo stesso borgo di Ardnakelty è protagonista, con la sua comunità che segue leggi non scritte e antiche, con una concezione di giustizia distante da quella ufficiale, con la sua ostilità verso tutto ciò che è esterno, e quindi straniero. Una comunità chiusa, con le sue regole e le sue cose dette mai direttamente ma sempre attraverso allusioni. Il cacciatore, come gli altri libri di Tana French, non è solo un noir o un giallo psicologico ma è un libro che racconta della complessità delle relazioni umane soprattutto quando avvengono eventi inaspettati e distruttivi che sconvolgono gli equilibri esistenti.
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Stefano Nazzi

Pleasure activism. La politica dello stare bene, di Adrienne Maree Brown
L’aspetto più interessante di questo libro è il modo in cui riesce a far dialogare fra loro un piano molto intimo e personale con un altro decisamente più politico e collettivo. Certo che il personale è politico, i movimenti femministi lo dicono dagli anni Sessanta, ma con questo libro Adrienne Maree Brown e le autrici che include nella sua raccolta portano il concetto di personale su un piano più corporeo, istintivo e primitivo, quello del piacere inteso in senso ampio: la musica che ci piace, le arti in genere, il lavoro che appassiona, il sesso e tutto quello che ci fa stare bene. La teoria al centro di Pleasure activism è che rivendicare il piacere, con noi stesse e con la società, possa essere un punto di partenza per l’attivismo politico e portarci infine verso un miglioramento collettivo. Consiglio di prendere questo libro come una riflessione sulla società, ma anche come uno spunto di riflessione sulla propria vita e sul ruolo che, in questa, diamo al nostro piacere.
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Antonella Serrecchia

L’Italiano, di Shukri al-Mabkhout
Ormai da un paio di anni sui giornali si parla di Tunisia soltanto in relazione agli arrivi di migranti via mare e alle misure sempre più stringenti approvate dal governo autoritario di Kais Saied. Prima ancora, la Tunisia si era fatta notare come l’unico paese emerso dalle cosiddette primavere arabe con un governo democratico, dopo una dittatura durata quasi 25 anni. Qualunque osservatore, anche uno superficiale, intravede in questa successione una storia stratificata ed eterogenea, riflesso di un paese in cui effettivamente negli ultimi decenni sono cambiate una marea di cose. Per capirle meglio, chi se ne intende consiglia di partire dal romanzo L’Italiano dello scrittore tunisino Shukri al-Mabkhout, che uscì nel 2015 e ottenne diversi riconoscimenti in giro per il mondo (in Italia è stato tradotto da Barbara Teresi per E/O). Al-Mabkhout ha scrittura limpida e immaginifica, e nel suo libro una affascinante vicenda famigliare ambientata negli anni Ottanta fa da sfondo alla prima tessera dell’effetto domino che generò gli eventi di cui sopra. O forse, il contrario.
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Luca Misculin

Guida il tuo carro sulle ossa dei morti di Olga Tokarczuk
Qualche giorno fa stavo camminando nella neve e guardando le piccole impronte lasciate da qualche animale selvatico mi è venuto in mente un libro a cui penso spesso, Guida il tuo carro sulle ossa dei morti di Olga Tokarczuk.
In un piccolo villaggio quasi disabitato di un altopiano polacco vive Janina, una donna più anziana che giovane, a cui non piace il suo nome e che chiama le altre persone in un suo modo personale e motivato, profondamente contraria e addolorata dalla caccia e traduttrice dilettante, convinta compilatrice di carte astrali e sensibilissima alle ingiustizie, tanto da non sottrarsi mai a un confronto; in alcuni casi giustamente un’attaccabrighe.
In questo luogo un po’ remoto e difficile da raggiungere iniziano a susseguirsi degli omicidi su cui Janina ha fin da subito un’opinione molto precisa: che inizialmente sembra non solo bizzarra ma anche inverosimile, ma a cui dopo un po’ si comincia a credere, in uno slancio di fiducia verso le sue convinzioni fantastiche: “A volte possiamo non comprendere qualcosa ma percepirlo benissimo”.
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Valentina Lovato

Il Maestro e Margherita, di Michail Bulgakov
Il Maestro e Margherita è uno di quei libri che prima o poi tutti quanti sentono consigliare. I suoi personaggi hanno sempre una grande umanità (anche quello che è un gatto gigantesco: vale la pena leggerlo solo per lui), e questo rende le vicende del romanzo molto toccanti senza che risultino mai affettate. Probabilmente sottoscrivo tutto quello di buono che avete sentito o che sentirete sul conto di questo libro, e mi permetto di aggiungere: a me sono piaciute molto le finestrelle che apre sulla vita a Mosca negli anni Trenta. Ma anche il ballo organizzato da Satana con gli spiriti dei dannati è molto bello.
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Andrea Da Lio

L’amico fedele, di Sigrid Nunez
Mi sono imbattuta in questo libro per un motivo che potrebbe bastare da sé come consiglio: era nella lista del New York Times dei migliori libri del 21esimo secolo, e prima ancora aveva vinto nel 2018 il National Book Award, uno dei premi letterari più famosi e importanti del mondo. Sapevo che si parlava di lutto e che c’era un cane al centro del romanzo (la protagonista è una scrittrice che adotta l’alano di un suo amico e mentore, suicidatosi da poco), e mi aspettavo quindi di piangere moltissimo. Alla fine le lacrime sono state poche, ma ci ho trovato tante altre cose: moltissime citazioni e rimandi ad altri libri da segnarmi di leggere; riflessioni sul lutto e sulle relazioni; considerazioni su scrittori e scrittura; una definizione dell’amore di Rainer Maria Rilke a cui ho pensato per giorni (“in questo consiste, che due solitudini si custodiscano, delimitino e salutino a vicenda”); e un racconto del rapporto che instauriamo con i nostri animali, dello spazio che occupano e di come ci mettano alla prova, onesto e per nulla scontato. Bonus: ne hanno da poco fatto anche un film, The Friend, con Naomi Watts e Bill Murray.
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Alessia Mutti

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