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  • Giovedì 5 dicembre 2024

Che opzioni ha ora Macron

Dopo la caduta del governo di Michel Barnier, il presidente francese può prendere cinque strade: o meglio, quattro, perché ha già escluso di dimettersi

Emmanuel Macron dentro alla cattedrale di Notre-Dame, il 29 novembre 2024 (Stephane de Sakutin, Pool via AP)
Emmanuel Macron dentro alla cattedrale di Notre-Dame, il 29 novembre 2024 (Stephane de Sakutin, Pool via AP)
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Mercoledì in Francia il governo di minoranza guidato da Michel Barnier è caduto per via di una mozione di sfiducia approvata dai parlamentari dell’alleanza di sinistra del Nuovo Fronte Popolare e dell’estrema destra del Rassemblement National, il partito di Marine Le Pen. Giovedì Barnier ha presentato le sue dimissioni al presidente francese Emmanuel Macron, che l’aveva nominato solo tre mesi fa (è obbligato a farlo, lo prevede la Costituzione francese). Macron terrà poi un discorso alla nazione alle 20.

Macron ha chiesto al governo di Barnier di rimanere in carica per gestire gli affari correnti fino alla nomina di un nuovo primo ministro. La ricerca del successore di Barnier presenta per Macron diversi problemi e opzioni limitate. Oltre alla mancanza di un governo con pieni poteri, la legge di bilancio non è ancora stata approvata ed è ormai molto difficile che avvenga prima della fine dell’anno.

Per prima cosa Macron non può sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni. La Costituzione dice che l’Assemblea Nazionale, la camera bassa del parlamento, può essere sciolta solo dopo 12 mesi dall’ultimo scioglimento, quindi nuove elezioni non potrebbero tenersi prima di luglio del 2025. Fino a quel momento Macron dovrà fare i conti con l’attuale composizione dell’Assemblea, che è divisa in tre blocchi politici che hanno un numero di seggi simile e che finora non si sono mostrati intenzionati a collaborare fra loro: l’alleanza centrista vicina al presidente, il Rassemblement National (RN) di estrema destra, e la coalizione della sinistra.

Le opzioni che rimangono a Macron sono quindi quattro, considerando che la quinta – le sue dimissioni – l’ha esclusa lui stesso.

Prima: nominare un nuovo primo ministro che guidi una maggioranza simile più spostata a destra, nella speranza che il RN lo sostenga con più convinzione rispetto a quanto ha fatto con Barnier.

Seconda: chiedere i voti al blocco di sinistra, che però non sembra per nulla intenzionato a garantirglieli, anche perché, nonostante la sua vittoria alle legislative di luglio, la sinistra era stata esclusa da Macron dai negoziati sulla nomina del primo ministro.

Terza: formare un governo tecnico, con figure totalmente sganciate dai partiti e sostenuto da maggioranze diverse su ogni voto.

Quarta: lasciare il governo di Barnier come governo ad interim a lungo termine, ossia che continui a occuparsi degli affari correnti per i prossimi mesi ed eccezionalmente che provi a far passare la legge di bilancio, ma senza poter prendere decisioni di natura politica più incisive. Questa sembra l’opzione più improbabile, dato che finora non è riuscito a far approvare la legge di bilancio.

Secondo i maggiori quotidiani francesi, Macron sembra intenzionato a nominare rapidamente un nuovo primo ministro, anche se scegliere qualcuno capace di ottenere un largo sostegno all’Assemblea Nazionale non è facile. Nominare qualcuno vicino alla sua alleanza di centro porterebbe alla creazione di un altro governo di minoranza, che potrebbe però essere facilmente sfiduciato come è successo a quello di Barnier.

Macron dovrebbe quindi scegliere qualcuno che possa ottenere il sostegno sia dei centristi che di uno degli altri due blocchi dell’Assemblea, ossia la sinistra o l’estrema destra. È possibile che scelga di nominare una figura simile a Barnier ma più vicina al Rassemblement National, come l’attuale ministro della Difesa Sébastien Lecornu. Una figura del genere potrebbe mantenere in piedi il governo riuscendo anche a far approvare la legge di bilancio, che a quel punto potrebbe contenere alcune delle misure proposte dalla leader del RN, Marine Le Pen, a cui Barnier si era opposto.

Rimane da capire se Macron vorrà avviare questo ulteriore avvicinamento all’estrema destra, che potrebbe anche ritorcerglisi contro: aprirsi così tanto al Rassemblement National rafforzerebbe ulteriormente Le Pen in vista delle presidenziali che si terranno nel 2027, alla scadenza del mandato di Macron.

Anche per questi motivi, secondo quanto scritto da Le Monde, mercoledì sera nella riunione che ha seguito il voto di sfiducia, i deputati del partito di Macron, Renaissance, sono stati quasi unanimi nel chiedere di allargarsi verso la sinistra del Partito Socialista, per allentare il potere del Rassemblement National. Il problema qui è però che il Partito Socialista fa parte dell’alleanza del Nuovo Fronte Popolare con il partito di Jean-Luc Melenchon, La France Insoumise, che non vuole collaborare con il centro, e viceversa.

In passato il Partito Socialista si era detto contrario alla possibilità di staccarsi dai partiti del Nuovo Fronte Popolare per collaborare con il blocco centrista.

L’ultima possibilità per Macron sarebbe quella di nominare un governo tecnico, composto da ministri che non appartengano a partiti per gestire gli affari correnti e attuare alcune riforme con il sostegno dei vari blocchi politici dell’Assemblea caso per caso. Questo governo idealmente servirebbe solo a far approvare la legge di bilancio e arrivare fino alla prima data utile per indire nuove elezioni.

In ogni caso sembra difficile che la situazione politica attuale permetta l’approvazione di un bilancio per il 2025 che comprenda i grossi tagli alla spesa pubblica per ridurre il debito pubblico francese previsti nel disegno di legge di Michel Barnier.

– Leggi anche: La legge di bilancio sta diventando un problema serio per il governo francese