Una ricerca di Yale ha confermato parte delle accuse sulla deportazione di bambini ucraini alla base del mandato di arresto per Putin

Vladimir Putin e la Commissaria per l'infanzia della Russia, Marija Alekseevna L'vova-Belova (Alexander Kazakov, Sputnik, Kremlin Pool Photo via AP)
Vladimir Putin e la Commissaria per l'infanzia della Russia, Marija Alekseevna L'vova-Belova (Alexander Kazakov, Sputnik, Kremlin Pool Photo via AP)

Secondo una ricerca dell’Università di Yale, una delle più prestigiose degli Stati Uniti, il presidente russo Vladimir Putin e alcuni suoi stretti collaboratori avrebbero autorizzato direttamente e intenzionalmente un programma di adozioni di bambini ucraini che dopo l’invasione dell’Ucraina sono stati obbligati a trasferirsi in Russia. Per queste accuse, qualificate come crimini di guerra, nel 2023 la Corte penale internazionale aveva emesso un mandato di arresto internazionale contro Putin e Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria presidenziale russa per i diritti dell’infanzia.

Lo studio è stato condotto dal Laboratorio per la ricerca umanitaria di Yale, che fa parte dell’Osservatorio sui conflitti, un programma sostenuto dal dipartimento di Stato degli Stati Uniti (equivalente al loro ministero degli Esteri). I ricercatori hanno analizzato dei documenti russi trapelati che dimostrerebbero come le autorità russe avrebbero collaborato con quelle di alcune province ucraine occupate per trasferire in Russia i bambini: i documenti analizzati parlano di circa 300 bambini.

L’arresto di Putin e un eventuale processo da parte della Corte penale internazionale sono comunque ipotesi molto remote: la Russia non ha mai ratificato lo Statuto di Roma, il trattato che istituì la Corte, e le istituzioni del paese non sono tenute a collaborare con il tribunale.

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