Il gangster che è stato quasi eletto al parlamento irlandese
Gerry Hutch ha basato la campagna su video amatoriali sui social, e sulla sua reputazione, beneficiando di dinamiche politiche più grandi di lui
A Dublino non ci sono già più i manifesti di Gerard Hutch, soprannominato Gerry e meglio noto come the Monk, “il monaco”. Sui social l’hanno preso in giro perché contenevano un errore ortografico. Eppure l’uomo che la Corte speciale criminale irlandese ritiene il capo di una grossa cosca è arrivato a un soffio dal diventare deputato alle elezioni di venerdì scorso. Non ci è riuscito per poche centinaia di voti, dopo essere stato a lungo in vantaggio nel collegio dov’era candidato.
Lo scrutinio è piuttosto lento – è durato più di tre giorni – e domenica era ancora indietro. Anche per questo, nell’attesa dei risultati definitivi, i media (non solo irlandesi) si sono concentrati sul conteggio dei voti a Dublino centro, dove a sorpresa Hutch se la stava giocando. Così Hutch è stato un po’ una storia nella storia delle elezioni, e lo è rimasto anche quando i liveblog dei siti sono passati oltre. Il suo arrivo allo spazio per eventi RDS di Dublino, dove c’è stato lo spoglio, è stato probabilmente uno dei momenti più visti e raccontati delle elezioni.
Al momento Hutch, che ha 61 anni, è indagato in Spagna per riciclaggio. Per questo a ottobre era stato arrestato a Lanzarote, nelle isole Canarie, ma a inizio novembre era stato scarcerato su cauzione (di 100mila euro). Era poi tornato in Irlanda. Alcuni giorni dopo che il primo ministro uscente Simon Harris aveva convocato in anticipo le elezioni si era candidato per un seggio al Dáil Éireann, la camera bassa, come indipendente.
In Irlanda l’immunità parlamentare non avrebbe cambiato granché per Hutch – tranne beneficiare del divieto di arrestare i deputati mentre vanno, sono, o tornano dal parlamento, che venne utilizzato nel 1989 da un senatore che guidava in stato d’ebbrezza. Nel 2000 Hutch patteggiò con il fisco, la sua ultima condanna penale invece risale a 35 anni fa. La giustizia irlandese però lo ritiene ancora il capo di un’organizzazione criminale con ramificazioni all’estero che dipende dalla sua famiglia, e lo ha confermato in diverse sentenze.
L’anno scorso Hutch è stato prosciolto nel processo per l’omicidio del 2016 che fu uno degli episodi salienti di una faida con il cartello Kinahan (il principale del paese) in cui furono ammazzate 18 persone, tra cui suo fratello Eddie e tre nipoti. All’epoca fu raccontata come una guerra tra gang, e lo fu. In particolare, le indagini conclusero che erano di Hutch i tre fucili AK-47 usati nella sparatoria al Regency Airport Hotel di Dublino in cui fu ucciso un uomo: l’attacco fu poi rivendicato da Continuity IRA, l’unica formazione paramilitare repubblicana irlandese che non ha mai interrotto la lotta armata.
Durante le settimane prima del voto, e domenica stessa, i giornalisti hanno provato a fare a Hutch domande sulle sue responsabilità nella faida. Lui le ha evase tutte. In campagna elettorale è stato assai selettivo con i media. Ha partecipato a Crime World, un podcast true crime molto seguito, e l’intervista in tre parti ha fatto più di un milione di visualizzazioni solo su YouTube, senza contare le piattaforme audio. Hutch ha parlato del suo passato, insistendo sull’infanzia in povertà come motivo dei primi furti: a otto anni venne multato per aver rubato una bottiglia di limonata da un negozio.
Hutch e la sua organizzazione sono i principali sospettati di alcune delle maggiori rapine bancarie della storia irlandese, e della più grave: nel 2009 furono sottratti 7,6 milioni di euro alla Bank of Ireland in centro a Dublino. Si pensa che nel corso degli anni la sua banda abbia rubato più di 40 milioni di euro.
Hutch, che tra gli anni Settanta e il 1983 ha passato diversi periodi in carcere, ha sempre sostenuto di essersi arricchito con investimenti immobiliari. A un certo punto avviò un servizio di noleggio di limousine, di cui era anche autista, dal nome Carry Any Body: la sigla, CAB, in inglese vuol dire “taxi” ma è anche la stessa dell’agenzia governativa con cui patteggiò una multa da 2 milioni di sterline (2,25 milioni di euro) per evasione fiscale.
Hutch deve il suo soprannome – “il monaco” – alla vita frugale che ha fama di condurre, e alla sua astinenza da alcol e droga (anche se in Spagna è accusato di riciclaggio legato al narcotraffico). Glielo diede la cronista Veronica Guerin, uccisa nel 1996 per le sue indagini sulla criminalità organizzata irlandese (la storia di Guerin è stata raccontata nel film del 2003 Il prezzo del coraggio, con Cate Blanchett).
A Dublino e non solo, Hutch è famosissimo. La sede del suo comitato è stata il Corinthians’ Boxing Club, uno dei più noti della città, che lui ha finanziato e ha contribuito a fondare, in un contesto difficile.
Durante la campagna elettorale, durata un paio di settimane, Hutch non ha fatto proposte politiche concrete. Ha puntato su filmati amatoriali su TikTok e Facebook, e ha diffuso un video in cui in poco meno di 4 minuti articolava un programma populista. I media si sono soffermati sulla proposta, inusuale per uno con la nomea di criminale di spicco, di mandare più poliziotti sulle strade per «ripulirle».
In un altro passaggio, con toni anti-sistema, si presentava come un candidato di rottura: «I politici parlano di cambiare questo, cambiare quello. Io penso che in realtà parlino solo di un cambio nelle vostre tasche».
Se Hutch ci è andato così vicino è dipeso anche dal sistema elettorale proporzionale con preferenze trasferibili. Gli elettori possono cioè mettere in ordine di preferenza i candidati del loro collegio (sono incoraggiati a farlo, ma non obbligati). Sulla base dei voti validi e dei seggi in palio, vengono calcolati i voti necessari per essere eletti. Lo scrutinio avviene poi in più round: a ciascuno i voti in eccesso dei candidati già eletti, e quelli dei candidati esclusi, vengono ridistribuiti tra quelli che rimangono, sulla base delle preferenze. Si va avanti finché non sono assegnati tutti i seggi di quel collegio (al massimo 5 nei collegi più popolosi).
Domenica Hutch è arrivato all’RDS a piedi, nonostante le minacce di morte del cartello Kinahan, e se n’è andato accennando una corsetta. Ha beneficiato dei trasferimenti delle preferenze accessorie di Mary Lou McDonald, la leader della sinistra nazionalista di Sinn Féin, che resta il principale partito dell’opposizione. Hutch se l’è giocata fino all’ultimo round, quando lo ha superato Marie Sherlock, dei Laburisti, a cui ha stretto la mano.
Sherlock ha detto che rispetta gli elettori di Hutch e ha cercato di dare una spiegazione ai consensi. «Questo paese è ricoperto di denaro eppure rimangono così tanti problemi enormi da risolvere», ha detto Sherlock alludendo a come il governo (in cui il suo partito potrebbe entrare) ha speso il sostanzioso surplus di bilancio dovuto alle tasse delle multinazionali che hanno spostato la sede in Irlanda per ragioni fiscali.
Se lo sono chiesti anche i principali media. Secondo Paul Reynolds, il giornalista della tv pubblica RTÉ che domenica ha incalzato invano Hutch, è stata «una combinazione di fedeltà personale, scontento, un voto di protesta o simpatia, la sua percezione come una figura anti-establishment, […] l’indignazione di una comunità che soffre ancora gli effetti dell’austerità e della pandemia». Altri hanno enfatizzato il ruolo di Hutch a livello locale o le attività come la palestra di boxe nei quartieri meno abbienti, della parte settentrionale di Dublino, dove tanti abitanti si sentono trascurati.
Una Mullally dell’Irish Times ha riflettuto sul ruolo dei media nell’assecondare la tattica di Hutch, che cercava la loro attenzione e l’ha ottenuta, in un contesto come l’informazione politica che è «un’attention economy». Secondo Mullally, Hutch ha avuto un precursore: l’attivista di estrema destra Malachy Steenson, che a luglio è stato eletto al Consiglio comunale di Dublino e si era candidato in parlamento nello stesso collegio di Hutch, a cui ha trasferito il 57 per cento delle preferenze. «La candidatura di Hutch non emerge direttamente dal movimento etnonazionalista e autoritario di estrema destra che è cresciuto dopo il 2018. Ma è, in parte, una manifestazione dello stesso malcontento», ha scritto Mullally.
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