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  • Martedì 3 dicembre 2024

Segnalare in forma anonima le violazioni del “diritto alla salute” dei detenuti

Tramite una piattaforma che si chiama Freedomleaks, pensata per chi lavora in carcere e vuole denunciare senza subire ripercussioni

Un poliziotto penitenziario guarda un gabbiano che vola sul carcere Marassi, a Genova
Un poliziotto penitenziario guarda un gabbiano che vola sul carcere Marassi, a Genova (ANSA/LUCA ZENNARO)
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Da questa settimana è attiva Freedomleaks, una piattaforma per segnalare in maniera anonima e sicura le violazioni del “diritto alla salute” nelle carceri italiane. È rivolta soprattutto a poliziotti penitenziari e altri operatori e operatrici che frequentano le carceri, per permettere loro di segnalare eventuali violenze e soprusi senza esporsi in prima persona, ed evitare così conseguenze sul posto di lavoro. La piattaforma è gestita dall’associazione Soccorso Civile, fondata nel 2015 per coordinare azioni di disobbedienza civile. Era già attiva dal 2022 per segnalazioni sul diritto all’interruzione di gravidanza: ora è stata estesa anche al diritto alla salute in carcere.

Freedomleaks è gestita da GlobaLeaks, un software di whistleblowing (il termine inglese con cui è nota la pratica di segnalare azioni illegali in forma anonima) molto utilizzato in vari ambiti, per esempio il giornalismo investigativo, la tutela dei diritti umani e le attività di contrasto alla corruzione.

La piattaforma permette di inviare una segnalazione in maniera totalmente anonima accedendo al sito e cliccando su “Invia una segnalazione”: non bisogna inserire dettagli anagrafici, né informazioni sui propri contatti o indirizzi di riferimento. Per massimizzare l’anonimato, sulla piattaforma è consigliato di inviare la segnalazione dopo aver scaricato un browser come Tor, di quelli cioè pensati per garantire la privacy di chi li usa. Se chi segnala lavora in carcere o in una struttura legata al carcere, è consigliabile inoltre non utilizzare la connessione Wi-Fi del posto di lavoro.

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In carcere il “diritto alla salute” significa molte cose: non si parla solo di assistenza o visite mediche, ma più in generale delle condizioni di vivibilità delle carceri. Le aziende sanitarie locali svolgono periodicamente visite nelle carceri della loro area di competenza, e dovrebbero segnalare situazioni critiche dal punto di vista igienico e sanitario.

Nei fatti spesso non succede. Andrea Andreoli si è occupato di diritti dei detenuti prima coi Radicali, poi come osservatore dell’associazione Antigone. Ora gestisce la piattaforma insieme a Marco Perduca, ex senatore radicale. «Ho visto una quantità innumerevole di situazioni di cui le aziende sanitarie locali avrebbero dovuto occuparsi», dice. Cita impianti sanitari inutilizzabili, docce che non funzionano, livelli molto alti di umidità nelle strutture che portano regolarmente a infiltrazioni, e nelle sezioni ai piani bassi anche ad allagamenti. Ma anche presenza di scarafaggi e topi.

Un altro problema, descritto da Andreoli come «cronico», riguarda i materassi: quelli in dotazione dei detenuti sono per la maggior parte strati di gommapiuma che hanno una scadenza. «Sono regolarmente scaduti da anni, oppure sono sporchi, magari di urina di detenuti precedenti: mi è capitato in più di un’occasione di sollevare un materasso e trovarlo in condizioni igieniche orribili», dice.

Andreoli dice di aver visto detenuti che dormivano su materassi in queste condizioni senza lenzuola, non fornite dal personale per evitare che venissero utilizzate per suicidarsi: in casi di questo tipo l’amministrazione penitenziaria può dare al detenuto delle lenzuola di carta, che se tiri si rompono.

Altre volte non c’è sufficiente disponibilità dei letti: nelle carceri più sovraffollate capita spesso di trovare celle singole dentro cui vengono inseriti letti pieghevoli per farci stare più detenuti, senza lo spazio per camminare. In generale, le strutture penitenziarie italiane sono sovraffollate, e in moltissimi casi fatiscenti. Secondo i dati del 2023 di Antigone, nel 45,4 per cento degli istituti ci sono celle senza acqua calda e nel 56,7 per cento senza doccia.

Secondo la legge i detenuti hanno diritto alla stessa assistenza sanitaria dei cittadini in stato di libertà, ma lo stato della sanità penitenziaria è disastroso. Fino al 2010 l’assistenza sanitaria dei detenuti era gestita dal ministero della Giustizia: poi queste competenze sono state trasferite al Servizio sanitario nazionale, quindi alle regioni e alle ASL.

In teoria la riforma doveva assicurare un’effettiva parità nel diritto alla salute tra persone detenute e libere: nei fatti ciò non è mai avvenuto. «Succede spesso che le ASL non inseriscano nelle loro relazioni finali situazioni critiche viste dai loro operatori, e quindi che non vengano adottate soluzioni per migliorare le condizioni delle carceri», dice Marco Perduca.

Questo genere di omissioni ha ragioni accomunate da un generale disinteresse per le condizioni delle carceri, in cui solo quest’anno si sono già suicidate 83 persone. In quelle più periferiche, più lontane dai centri cittadini e meno frequentate da volontari e volontarie, è ancora più difficile che situazioni di abbandono e scarsa igiene vengano fuori: la piattaforma Freedomleaks potrebbe essere una parziale soluzione a questo problema.

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Una volta collegati al sito e avviata la procedura per inviare una segnalazione, la piattaforma chiede dettagli sul tipo di segnalazione, l’indicazione sull’istituto di riferimento e se si è già comunicato il problema ad autorità o media.

Proprio perché la segnalazione è anonima non si può venire ricontattati dai gestori della piattaforma: per controllare se la comunicazione è stata ricevuta, oppure se sono stati chiesti chiarimenti o documentazioni aggiuntive, bisogna accedere nuovamente alla piattaforma e inserire in una specifica casella un numero di 16 cifre che si riceve a segnalazione inoltrata.

Un esempio di come può funzionare una segnalazione anonima (Freedomleaks)

Una volta ricevute le segnalazioni, i gestori della piattaforma dovranno verificarle. Marco Perduca dice che prevedono di confrontare la documentazione ricevuta con la relazione inviata al ministero della Giustizia dall’ASL che ha visitato quella struttura, individuando eventuali discrepanze. Intendono ottenere le relazioni delle ASL con una richiesta di accesso pubblico agli atti, come già fatto in passato attraverso l’attività svolta da Antigone.

Non c’è ancora un piano preciso su cosa fare una volta individuate e verificate eventuali violazioni del diritto alla salute dei detenuti, e il modo in cui evolverà la piattaforma dipende anche dalla quantità di segnalazioni ricevute.

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