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  • Martedì 3 dicembre 2024

Il ritorno del partito centrista che aveva dominato per un secolo la politica irlandese

A scrutinio concluso Fianna Fáil ha ottenuto il numero più alto di seggi per la prima volta dal 2007

In primo piano, sulla destra, un poster elettorale di Fiánna Fail con il volto del suo leader Micheál Martin (AP Photo/Peter Morrison)
In primo piano, sulla destra, un poster elettorale di Fiánna Fail con il volto del suo leader Micheál Martin (AP Photo/Peter Morrison)
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Fianna Fáil (FF), il partito centrista che fa parte del governo uscente, è stato il più votato alle elezioni irlandesi: con quasi il 22 per cento delle preferenze ha ottenuto il numero di seggi più alto, 48. È un risultato notevole per un partito che aveva dominato per circa un secolo la politica irlandese, ma che da una decina d’anni sembrava in crisi. Era dalle elezioni del 2007 che Fianna Fáil – si legge “fianna fol” – non prendeva più voti degli altri partiti ed eleggeva più di 45 parlamentari. Il risultato è ancora più sorprendente se si considera che Fianna Fáil sosteneva il governo uscente, dato che negli ultimi anni in Occidente i partiti di governo vanno sempre piuttosto male alle elezioni parlamentari.

A meno di sorprese FF formerà un nuovo governo con Fine Gael (FG), di centrodestra e parte della maggioranza uscente, che di seggi ne ha ottenuti 38. Per poter governare da soli, senza allearsi con altri, i due partiti avrebbero dovuto raggiungere gli 88 seggi, ma si sono fermati a 86: non dovrebbero comunque esserci particolari problemi, dato che si parla già di una possibile coalizione con il Partito Social Democratico o con quello Laburista, entrambi di centrosinistra.

Fianna Fáil era stato fondato quasi 100 anni fa. Dal Secondo dopoguerra aveva ottenuto sempre percentuali molto alte, intorno o superiori al 40 per cento, ed è stato quasi sempre al governo dagli anni Trenta. Recentemente però aveva attraversato una crisi di consensi iniziata con le elezioni del 2011, quando aveva quasi dimezzato i suoi voti, passando da 78 a 20 seggi al Dáil Éireann, la camera bassa irlandese. All’epoca la sconfitta fu attribuita principalmente alla presenza al governo di FF durante gli anni in cui l’Irlanda aderì al programma di aiuti europei (il cosiddetto bailout) in seguito alla crisi del debito del 2007/2008, cosa che comportò ingenti riduzioni della spesa pubblica e un aumento delle tasse.

Oggi Fianna Fáil e Fine Gael hanno posizioni simili, per stessa ammissione dei loro leader, ma ultimamente Fianna Fáil sta promuovendo politiche un filo più progressiste – nell’ultima campagna elettorale ha proposto fra le altre cose la depenalizzazione del possesso di marijuana e mezzi pubblici gratis fino ai 15 anni di età – mentre Fine Gael è rimasta nel centrodestra.

In queste ore i commentatori stanno attribuendo il successo elettorale anche al leader del partito, Micheál Martin, che gode di un buon consenso personale. Secondo un sondaggio condotto il giorno del voto, il 35 per cento degli e delle irlandesi lo ha considerato il candidato migliore a ricoprire il ruolo di taoiseach, cioè il primo ministro: l’8 per cento in più rispetto a Simon Harris, il primo ministro uscente e leader di Fine Gael (FG), l’altro principale partito della coalizione.

Per questi motivi è probabile che Martin sia scelto come primo ministro, ma non è ancora detto: durante l’ultimo governo, per esempio, FF e FG si erano accordati per una rotazione: Martin aveva ricoperto il ruolo tra il 2020 e il 2022 e poi aveva lasciato il posto a Leo Varadkar, di FG (che aveva poi dato le dimissioni quest’anno per essere sostituito da Harris). Nel caso si venga a formare un altro governo dall’assetto simile (quindi una coalizione tra FF, FG e un altro partito), potrebbe essere riproposto lo stesso schema.

Il primo ministro uscente Simon Harris, leader di Fine Gael (AP Photo/Ben Curtis)

In seguito alle ultime elezioni FF e FG erano entrati in coalizione con i Verdi, che però sono usciti decisamente sconfitti dal voto di venerdì: avevano 12 seggi e gli ne è rimasto soltanto uno. Nella prossima legislatura il loro ruolo sarà quindi di secondo piano. Molti stanno attribuendo la sconfitta dei Verdi proprio alla loro partecipazione al governo di coalizione con due partiti molto più grandi e più a destra. «Siamo stati visti come i capri espiatori» ha spiegato al Guardian Ciarán Cuffe, un ex parlamentare e membro dei Verdi da 40 anni. «Eravamo criticati da due fronti: dai nostri sostenitori, secondo cui non stavamo facendo abbastanza, e da qualche voce all’interno di FF e FG, secondo cui stavamo distruggendo il paese».

A sinistra il partito più grande è Sinn Féin (SF), il principale partito che promuove l’unificazione dell’Irlanda. Ha ottenuto 39 seggi con circa il 19 per cento dei voti, e sarà anche il secondo partito più grande in parlamento. Tuttavia, sia FG che FF hanno escluso di voler formare una coalizione con loro. Prima dei risultati ufficiali la leader di SF, Mary Lou McDonald, aveva detto di voler provare a costruire una maggioranza alternativa di sinistra, ma non ha davvero i numeri per farlo. Nonostante questo Eoin Ó Broin, un parlamentare di SF, ha ribadito a BBC News che ha intenzione di dialogare con altri «partiti progressisti».

A sinistra ci sono anche i Laburisti e i Socialdemocratici, che hanno ottenuto ciascuno 11 seggi in parlamento. I due partiti per ora hanno mantenuto una posizione molto cauta: non sarebbe la prima volta che in Irlanda si forma un governo di coalizione ampio, con partiti di destra e di sinistra, e né socialdemocratici né laburisti hanno escluso la possibilità. Tuttavia diversi parlamentari si sono detti dubbiosi: il centrodestra da solo è già molto vicino alla maggioranza, e il ruolo di un terzo partito non avrebbe un grande peso in un governo di coalizione a tre.

Alle estremità del parlamento ci sono poi due partiti più piccoli: Irlanda indipendente, un partito di estrema destra che ha ottenuto 4 seggi, e People Before Profit, di sinistra radicale, con 3 seggi.

Per la formazione di un nuovo governo potrebbero ricoprire un ruolo decisivo anche i deputati indipendenti, cioè quelli che non si sono presentati con nessun partito: ne sono entrati in parlamento 16. Nemmeno questa sarebbe una cosa nuova: nella storia irlandese circa il 40 per cento dei governi è stato un governo di minoranza, che si appoggiava al voto degli indipendenti sulle singole riforme.

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