Scalare i palazzi è illegale, pericoloso, e sui social si chiama “rooftopping”

Non è una pratica nuova, ma Instagram l'ha resa famosa tra i ragazzi: a Milano ci sono diversi edifici che si prestano

Un "rooftopper" in cima allo stadio San Siro (Michael Raimondo)
Un "rooftopper" in cima allo stadio San Siro (Michael Raimondo)
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L’11 agosto del 2023 due ragazzi francesi furono fermati dalla polizia mentre cercavano di arrampicarsi sul Duomo di Milano, uno dei due aveva 20 anni, l’altro 18. Volevano raggiungere la famosa statua della Madonnina in cima alla guglia maggiore della chiesa, secondo i giornali con lo scopo di documentare sui social la loro iniziativa. La settimana precedente era successa una cosa simile: durante la notte un gruppo di ragazzi si era arrampicato in cima alla galleria Vittorio Emanuele, uno dei monumenti più riconoscibili di Milano, disegnando dei graffiti e testimoniando il tutto sui social.

Casi del genere sono sempre più comuni, in particolare a Milano, tant’è che negli ultimi anni alcuni ragazzi molto giovani si sono costruiti una certa fama arrampicandosi in cima agli edifici più alti della città e pubblicando sui social foto e video per mostrare le proprie gesta. Vengono definiti “climbers”, arrampicatori, e l’attività che fanno si chiama “rooftopping”, arrivare in cima ai tetti: è molto pericolosa e quasi sempre viene fatta entrando illegalmente negli edifici e cercando di raggiungere il punto più alto di nascosto, senza l’utilizzo di corde e imbracature.

Quest’anno se ne è di nuovo parlato anche fuori dai social dopo che un ragazzo di 17 anni si era arrampicato in cima allo stadio San Siro di Milano durante un concerto del trapper Sfera Ebbasta, e quando successivamente era riuscito ad arrampicarsi in cima al Duomo. Anche lui ha pubblicato delle foto sui social per mostrare a chi lo segue dove fosse riuscito ad arrivare: su Instagram ha più di 200mila follower, ed è grazie a queste foto che la polizia è riuscita a identificarlo e a denunciarlo per i reati di invasione di edifici e danneggiamento.

Quella del rooftopping è una pratica talvolta estrema e che all’interno di alcune nicchie viene praticata da molto tempo. Nell’ultimo decennio e in particolare dalla diffusione dei social network la popolarità di questo fenomeno ha raggiunto però una dimensione senza precedenti. È un’attività che incorpora alcuni aspetti dell’arrampicata free solo, cioè senza corde e altri tipi di protezione, e dell’esplorazione urbana di edifici e strutture artificiali – in particolare quelli in stato di abbandono. Tendenzialmente viene fatta in modi molto diversi, più o meno pericolosi: gli edifici su cui salire possono essere più o meno impervi, visto che si va dalla vera arrampicata a casi in cui si può salire in cima anche solo utilizzando una scala di servizio.

Il moderno rooftopping proviene probabilmente da un’altra attività chiamata buildering, un tipo di arrampicata urbana nata all’inizio del Novecento tra gli studenti dei college inglesi che si divertivano a scalare gli edifici delle loro università, anche in questo caso senza utilizzare corde o protezioni. I primi a praticare il buildering in modo sistematico furono Geoffrey Winthrop Young e Harry Gardiner. Young era uno studente di Cambridge e tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento scrisse e pubblicò delle guide su come arrampicarsi sugli edifici. Gardiner fu invece il primo a praticare quest’attività in modo sistematico e a sperimentarla in giro per il mondo: iniziò nel 1905 e negli anni scalò con successo più di 700 palazzi in giro per l’Europa e il Nord America.

La prima pagina del numero dell’11 gennaio 1915 dell’Evening Ledger presa da Wikimedia Commons

Il buildering ha continuato a essere praticato per tutto il secolo scorso, mentre negli ultimi decenni il rooftopping si è diffuso come una versione meno estrema, anche se comunque molto pericolosa e spesso altrettanto illegale. Il rooftopping non prevede che la struttura venga scalata dall’esterno: quello che conta è arrivare in cima, e a volte il tetto dell’edificio può essere facilmente raggiunto dall’interno. Nel caso di monumenti o di edifici un po’ più complicati, però, anche il rooftopping prevede dei passaggi molto pericolosi e potenzialmente mortali, come l’attraversamento di cornicioni e strapiombi.

Di recente molti rooftoppers hanno cominciato a pubblicare video e foto che li ritraggono nelle loro arrampicate, lanciando una moda e contribuendo a rendere il rooftopping un fenomeno diffuso in tutto il mondo, in particolare tra i ragazzi e le ragazze molto giovani. Il fenomeno si è dapprima diffuso in Asia, in particolare in Russia e in Cina, dove tra il 2010 e il 2020 alcuni iniziarono a filmare le proprie arrampicate, a volte cercando di renderle più spettacolari con delle acrobazie e dei passaggi pericolosi. Nel 2014 due ragazzi russi pubblicarono un video su YouTube in cui entravano illegalmente nel cantiere della Shanghai Tower, uno dei grattacieli più alti del mondo, arrampicandosi fino alla cima dell’edificio e facendo decine di milioni di visualizzazioni. Wu Yongning, un rooftopper cinese, divenne molto famoso e raggiunse più di un milione di follower su Weibo – l’equivalente di Twitter in Cina – prima di morire nel 2017, cadendo dal sessantaduesimo piano di un grattacielo mentre preparava uno dei suoi video.

Proprio come Wu, altri rooftopper sono diventati degli influencer, in certi casi trovando anche degli sponsor che finanziano le loro scalate nonostante l’illegalità di questa pratica e l’alta probabilità che si verifichino incidenti mortali. Oltre a Wu, infatti, esistono altri casi di rooftopper che sono morti cadendo mentre si arrampicavano o eseguivano le loro acrobazie. Ciononostante la spettacolarizzazione di questa attività e il suo notevole successo ottenuto sui social network ha portato sempre più persone a imitare questo tipo di comportamenti con l’obiettivo di pubblicare contenuti simili sui loro profili social. Secondo uno studio del 2018 condiviso da BBC, tra il 2011 e il 2017 259 persone sono morte cercando di scattarsi una foto in situazioni pericolose in prossimità di un precipizio, inclusi palazzi molto alti ed edifici abbandonati.

In Europa e in Nord America il rooftopping è diventato molto popolare soprattutto su Instagram. Negli Stati Uniti è un fenomeno largamente diffuso, alcuni influencer hanno centinaia di migliaia di follower e spesso presentano le loro arrampicate come dei gesti di coraggio e trasgressione, e in alcuni casi, come quello di Angela Nikolau, dicono di interpretare il rooftopping come forma di performance artistica.

In Italia le persone che praticano rooftopping ottenendo un certo seguito si ispirano direttamente agli influencer più conosciuti degli Stati Uniti. Il diciassettenne che a marzo di quest’anno si è arrampicato a San Siro durante un concerto, ad esempio, mostra le proprie scalate in mezzo ad altre celebrazioni dei suoi comportamenti trasgressivi, nel tentativo di costruire un’identità sui social basata su un’estetica ribelle e antisistema, in ostilità con la polizia.

Un altro rooftopper che è riuscito ad avere un discreto seguito arrampicandosi sui tetti degli edifici più alti di Milano si chiama Michael Raimondo. Anche lui è molto giovane, ha 22 anni, e su Instagram pubblica dei contenuti che si concentrano sull’aspetto visivo, privilegiando foto e video con un maggiore impatto estetico. Ha iniziato a fare rooftopping esplorando fabbriche ed edifici abbandonati in Sicilia, ma sostiene che quello che fa lui c’entra poco con il buildering «non mi arrampico sui palazzi esternamente, non ne sarei capace ed è troppo pericoloso, non mi importa neanche che sia illegale, salirei volentieri in cima al grattacielo dell’Unicredit con l’imbracatura e ottenendo il permesso dei gestori dell’edificio», spiega.

Secondo Raimondo, a Milano il rooftopping «è diventato ormai una moda»: «alcune persone tendono a vandalizzare i posti in cui sono saliti, magari facendo delle tag [delle scritte con le bombolette spray] oppure rompono qualcosa. Il mio criterio è quello di lasciare il posto in cui sono stato così come l’ho trovato, senza lasciare traccia e senza rovinare nulla», dice.

Quello che lo preoccupa di più invece sono le persone molto giovani che cercano di imitarlo: «spesso sono minorenni che provano a emulare quello che faccio per mostrarsi sui social e per attirare l’attenzione: non si rendono conto di quanto possa essere pericoloso. Soprattutto non hanno nessuna esperienza e a volte non prendono le dovute precauzioni, magari prima di fare un passaggio particolarmente delicato durante la salita», dice Raimondo. «Tantissime persone mi scrivono e mi chiedono di portarli con me, ovviamente non ho intenzione di farlo e continuerò a chiedere alle persone di non imitarmi».