• Mondo
  • Lunedì 2 dicembre 2024

Belgrado si sta sbarazzando dei suoi splavovi

Cioè le zattere che per molto tempo hanno ospitato discoteche e locali, e che sono diventate uno dei simboli della città

Lo splav Zappa Barca, a Belgrado
Lo splav Zappa Barka, a Belgrado (foto tratta da Facebook)
Caricamento player

L’amministrazione di Belgrado, la capitale della Serbia, sta gradualmente chiudendo o spostando decine di quelli che in lingua serba sono comunemente chiamati splavovi — e cioè, in sostanza, grosse zattere («splav», in serbo, significa per l’appunto zattera) che in molti casi ospitavano locali notturni o caffè, e che a lungo sono state considerate luoghi iconici della vita notturna della città.

La decisione è stata presa dal governo locale guidato dal sindaco Aleksandar Šapić, che fa parte del Partito Progressista Serbo (lo stesso del presidente Aleksandar Vučić), come parte di un piano di rinnovamento urbano della città. Già durante la propria campagna elettorale del 2022, prima di essere eletto per la prima volta, Šapić aveva detto che se avesse vinto avrebbe eliminato gli splavovi che stazionavano lungo la riva della Sava nel centro di Belgrado.

Gli splavovi sono considerati da decenni una delle caratteristiche tipiche di Belgrado: lungo il corso della Sava e del Danubio ne sono stati costruiti moltissimi a partire dagli anni Sessanta.

Il famoso autore serbo Momo Kapor, che scrisse diversi libri proprio per raccontare la Serbia e Belgrado, descrisse Belgrado come una «città galleggiante» e gli splavovi come una componente importante dello spirito della città: «Nessuno sa veramente chi costruì la prima casa galleggiante… ma il loro numero ha raggiunto diverse migliaia. Il pescatore che per primo si costruì un piccolo rifugio per ripararsi dalla tempesta non avrebbe mai potuto immaginare che innumerevoli ristoranti, discoteche e caffè avrebbero seguito il suo esempio».

Alcuni splavovi in una vecchia foto di Belgrado negli anni Ottanta

All’inizio gli splavovi erano soprattutto piccole costruzioni private, che molti belgradesi imbastirono per avere una specie di seconda casa sul fiume e poter trascorrere dei periodi in un luogo più fresco e piacevole, soprattutto durante l’estate.

«Non trascorse molto tempo», ha scritto il giornalista Bane Gajić, «prima che qualcuno iniziasse a cucinare un po’ di zuppa di pesce, o a preparare una grigliata per gli amici oppure per i passanti. Quello fu l’embrione di ciò che poi è diventata la “cultura” per la quale Belgrado forse è più conosciuta tra i numerosi turisti che vi giungono quotidianamente».

Con il tempo, infatti, gli splavovi iniziarono a ospitare locali notturni, ristoranti e caffè. A partire dai primi anni Duemila, Belgrado iniziò a essere frequentata da un numero crescenti di turisti, attirati anche da una vita notturna molto attiva dopo la fine di un decennio di isolamento dovuto alle guerre jugoslave degli anni Novanta e alle sanzioni internazionali approvate per il ruolo serbo nel conflitto.

Una serata in allo splav 20/44 di Belgrado, nel 2022

Un DJ set in uno splav di Belgrado, il 20/44, nell’estate del 2022 (foto tratta dalla pagina Facebook del club 20/44)

«Sulle rive del Danubio e della Sava, serpentine di splavovi dai quali esce musica a tutto volume galleggiano nella notte», scriveva per esempio il New York Times nel 2005: «folle di nottambuli aspettano in fila, per ascoltare in ordine sparso band zigane, musica elettronica, rock and roll e un genere musicale smaccatamente serbo, la turbofolk».

In quegli anni Belgrado stava vivendo un momento di apertura. Era caduto il regime di Slobodan Milošević, che era stato il presidente della Repubblica federale di Jugoslavia e aveva governato in modo autoritario fino al 2000, e in Serbia era iniziato un periodo di riforme e di ripresa economica (anche se l’influenza del crimine organizzato e la corruzione continuavano a essere problemi molto diffusi).

Sotto diversi punti di vista, il grande successo degli splavovi, lo stile edonista dei giovani di Belgrado dell’epoca, e la popolarità del genere musicale della turbofolk (un genere, per l’appunto, tipicamente serbo che mischia tratti di pop occidentale con strutture e suoni più orientali, e che solitamente ha frequenti richiami al nazionalismo e anche al crimine organizzato) rappresentavano anche una certa cultura urbana e un periodo ben preciso della storia della città.

«Gli splavovi sono famosi per essere di proprietà di, e frequentati da, personaggi piuttosto ambigui e “uomini d’affari” che guidano macchine costose, escono con ragazze che sembrano modelle, ma non hanno particolari abilità o vocazioni. Se uno di questi gruppi vi offre da bere, o vi chiede di unirvi a loro, non rifiutate – è parte dell’esperienza», scriveva Balkan Insight, recensendo i migliori splavovi di Belgrado nel 2009.

Una delle più famose interpreti di turbofolk serbo, Jelena Karleuša, si esibisce in uno splav nel 2022

La grande popolarità degli splavovi negli anni Novanta e nei primi anni Duemila, secondo Gajić, aveva comunque diversi aspetti negativi: molti di questi locali erano stati aperti in modo poco trasparente, senza rispettare le misure di sicurezza, in un periodo della storia della Serbia e di Belgrado piuttosto turbolento, che aveva visto la transizione dal socialismo jugoslavo all’economia di mercato e il bombardamento della NATO nel 1999.

Chi viveva vicino a uno splav spesso si lamentava del disordine e di una vita notturna che, nella pratica, andava avanti senza regolamentazioni. Di frequente all’interno dei locali c’erano sparatorie e incidenti. Negli ultimi quindici anni almeno dieci locali sono affondati a Belgrado, spesso a causa del numero eccessivo di visitatori e clienti.

Alcune associazioni di residenti si sono spesso lamentate negli anni della presenza degli splavovi, di come di fatto avessero finito per occupare uno spazio eccessivo lungo le rive della Sava e del Danubio, e anche di come producessero molti rifiuti e inquinamento nei fiumi della città.

La chiusura di molti splavovi era iniziata già a partire dall’anno scorso. Oggi la gran parte di splavovi che si trovava lungo la Sava nel centro di Belgrado è stata spostata.

In un video dove ha difeso la demolizione degli splavovi, il sindaco di Belgrado Aleksandar Šapić ha detto che la questione era un «tema tabù» da trent’anni

La decisione dell’amministrazione cittadina è stata presa nel contesto di un ampio piano di rinnovamento e di sviluppo edilizio di Belgrado, iniziato da più di dieci anni, e che ha compreso finora anche iniziative piuttosto controverse, tra cui la distruzione di un intero quartiere, quello di Savamala, e più recentemente di strutture come l’hotel Jugoslavia o del Brankov most (ponte di Branko), che secondo diversi abitanti avevano un importante valore storico per la città. In passato il piano, fortemente voluto dal partito del presidente Vučić, aveva anche generato grosse proteste da parte degli abitanti di Belgrado.

Alcuni degli splavovi che hanno dovuto spostarsi dal centro hanno riaperto un po’ più a monte del corso della Sava. Molti però si sono dovuti un po’ arrangiare, per esempio ricorrendo a generatori per potersi procurare l’elettricità. Non è chiaro cosa succederà in futuro: molto probabilmente tra qualche tempo saranno costretti a chiudere o a spostarsi nuovamente, secondo le dichiarazioni del comune.

Per molti versi, gli abitanti di Belgrado non hanno protestato particolarmente per la decisione di rimuovere gli splavovi, riconoscendo che la loro presenza causava effettivamente molti problemi. Al tempo stesso però alcuni, intervistati dal Guardian, riconoscono che in certi casi questi locali servivano anche da punti di ritrovo e di aggregazione per gli abitanti, e che il progetto di rinnovamento urbano di Belgrado è qualcosa di cui beneficeranno soprattutto gli abitanti più ricchi della città: «quello a cui stiamo assistendo è l’avanzare della commercializzazione della città, con pochissima trasparenza e ancora meno consultazione con gli abitanti», ha detto una residente, Maja Djurić.