Apple cerca un pubblico per le sue serie tv
Nonostante grandi investimenti i contenuti della piattaforma di streaming Apple TV+ sono poco visti
Il primo programma televisivo prodotto da Apple fu Planet of the Apps, un reality show in cui i concorrenti proponevano prodotti digitali a una giuria di esperti. La serie, uscita nel 2016, fu cancellata dopo una sola stagione: da allora, però, Apple ha continuato a investire in contenuti televisivi originali, una spesa che si è intensificata a partire dal 2019, quando fu presentato il servizio di streaming dell’azienda, Apple TV+.
Da allora Apple ha speso in tutto venti miliardi di dollari per la produzione di contenuti originali, creando un catalogo di serie e film che quest’anno hanno ottenuto in totale 72 candidature agli Emmy, i principali premi della televisione americana. Nonostante il successo di critica, però, secondo i dati raccolti a giugno dall’azienda di misurazione statistica Nielsen, Apple TV+ rappresenta solo lo 0,3 per cento del pubblico televisivo statunitense. Per quanto riguarda il mercato italiano, secondo i dati dell’osservatorio Ott di EY per il primo semestre del 2024, Apple TV+ avrebbe circa 300mila abbonati, contro i 5,1 milioni di Netflix, un numero inferiore anche a TimVision (1 milione e 800mila), Infinity (un milione) e Now (900mila). I numeri legati a Apple TV+ in Italia sono talmente piccoli da essere stati inclusi nella sezione “Altro” nel grafico a torta del settore realizzato da JustWatch, servizio di guida allo streaming.
Per questo motivo, come ha rivelato Bloomberg, Apple comincerà a offrire in licenza i suoi contenuti anche a «servizi e store stranieri dove gli spettatori possono acquistare o affittare» film o serie tv, nella speranza di aumentare il pubblico totale dei propri prodotti. Finora però un accordo di licenza con servizi di streaming concorrenti non è stato ufficializzato.
Da tempo si discute degli enormi costi di produzione dei contenuti di Apple. A fine ottobre è stato pubblicato il trailer della seconda stagione di Severance, serie co-diretta da Ben Stiller, la cui uscita è prevista per il 2025 (a circa tre anni di distanza dalla prima). Con 14 candidature agli Emmy, Severance è considerato uno dei prodotti più riusciti del catalogo di Apple TV+. La sua attesa seconda stagione è stata però rallentata dallo sciopero degli sceneggiatori del 2023 ed è finita per costare 200 milioni di dollari (per un totale di dieci episodi).
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Un dato che ha reso Severance, una serie ambientata perlopiù in uffici e altri ambienti chiusi, più costosa della prima stagione di One Piece (l’adattamento live action di Netflix dell’omonimo manga, una storia molto movimentata, ambientata in un oceano infestato da pirati). Secondo il sito Screen Rant, oltre che per i ritardi accumulati, Severance è costata tanto soprattutto a causa del suo cast, che comprende attori di rilievo come Adam Scott, John Turturro e Christopher Walken (oltre al citato Stiller alla regia). Un altro fattore sono state le scenografie: a dispetto delle apparenze, infatti, la serie ne utilizza di molto grandi, che vengono usate solo per una scena.
A distanza di cinque anni dal suo lancio ufficiale, Apple TV+ rimane un prodotto di scarso successo, specie per gli standard e le potenzialità di Apple. Lo scorso luglio Bloomberg ha scritto che il servizio «registra in un mese meno visualizzazioni di quelle che Netflix ottiene in un solo giorno». Apple non fornisce dati ufficiali ma secondo alcune stime Apple TV+ avrebbe circa 25 milioni di iscritti nel mondo, contro i 283 milioni di Netflix e i 200 milioni di Prime Video; sono anche meno di Peacock (servizio della rete televisiva NBC, con 28 milioni di utenti) e Paramount+ (circa 72 milioni).
L’insuccesso di Apple TV+ si potrebbe spiegare con il suo scarso catalogo di circa 260 show e film, contro i circa 18mila titoli di Netflix. Finora, infatti, Apple TV+ ha investito su pochi contenuti, di qualità, con una preferenza per il genere fantascientifico e puntando soprattutto sui grandi nomi, come Reese Witherspoon, Leonardo DiCaprio e Martin Scorsese. Anche gli investimenti pubblicitari per promuovere il servizio non sono mai stati all’altezza. Già nel 2019, all’epoca del lancio di Apple TV+, il New York Times scrisse che «lo show business sarà pure il suo ultimo esperimento digitale, ma non è la sua più grande priorità», e notava che l’azienda aveva speso meno di 20 milioni di dollari per promuovere Apple TV+ nel mese di ottobre, contro i 38 milioni spesi per iPhone.
Anche per questo Apple ha scelto di utilizzare strategie più tipicamente “televisive” per rilanciare il servizio: oltre ad aver iniziato a trattare la concessione in licenza dei suoi contenuti, si è anche aperta ai cosiddetti pacchetti di servizi (bundle), delle offerte speciali con cui ci si può abbonare a Apple e altri servizi attraverso la società Comcast. Gli utenti potranno anche abbonarsi e vedere contenuti Apple TV+ attraverso il servizio concorrente di Amazon, Prime Video.
Quest’ultimo accordo è interessante perché, come riportato lo scorso ottobre da Ars Technica, «Apple ha avuto per molto tempo l’ambizione di fare esattamente quello che Amazon sta facendo in questo caso: affermarsi come catalogo e hub per pagamenti, ricerca e visione di contenuti per diversi servizi ad abbonamento». Prima ancora di Apple TV+, infatti, la società aveva provato a conquistare il mercato televisivo con la piattaforma Apple TV e il pacchetto di servizi a essa collegati, cercando la collaborazione con gli altri servizi di streaming. Nonostante i molti tentativi, però, non ci è mai riuscita soprattutto perché Netflix, la principale e più influente realtà del settore, ha sempre rifiutato di partecipare al progetto.