Negli alloggi turistici non si potrà più fare il check-in a distanza
Il ministero dell'Interno ha stabilito che per ragioni di sicurezza è obbligatorio verificare in presenza l'identità delle persone, rendendo tra l'altro inutili le criticate “key box”
Negli alloggi turistici non si potrà più fare il check-in da remoto: lo ha ordinato una circolare del dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno inviata a tutte le prefetture d’Italia. Il provvedimento riguarda tutti i tipi di strutture ricettive, ma quelle messe a disposizione per gli affitti brevi saranno verosimilmente le più coinvolte, perché sono quelle in cui capita più spesso che il check-in degli ospiti venga fatto a distanza, con l’invio dei documenti d’identità per messaggio. L’accesso agli alloggi viene poi generalmente garantito con codici automatizzati o lasciando le chiavi in spazi appositi (spesso nelle cassettine chiamate key box).
La circolare è del 18 novembre, ma i prefetti hanno comunicato la nuova regola alle categorie del settore solo negli ultimi giorni. La circolare dovrà essere applicata fin da subito, dicono dal ministero dell’Interno.
Nel testo il capo della polizia Vittorio Pisani spiega che il provvedimento è dovuto a ragioni di sicurezza, visti i numerosi eventi internazionali in programma nei prossimi mesi in Italia a partire dal Giubileo, l’anno santo della Chiesa cattolica che il Papa convoca periodicamente dal 1300 e che inizierà il 24 dicembre. In sintesi, la circolare contesta il fatto che le varie procedure di identificazione degli ospiti da remoto non soddisfino i requisiti già previsti dalla legge, e chiede che da ora vengano applicati in modo rigoroso.
Secondo l’articolo 109 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, infatti, chi gestisce una struttura ricettiva può accogliere soltanto chi si presenta con un documento di identità valido; il documento deve corrispondere alla persona che lo fornisce e il proprietario dell’alloggio deve verificare la corrispondenza «de visu», cioè di persona; entro le 24 ore successive all’arrivo (o entro 6 ore se il soggiorno dura fino a 24 ore), il gestore dell’alloggio deve comunicare le generalità dell’ospite alla questura usando il portale “Servizio Alloggiati” sul sito della Polizia di Stato. Questa norma, confermata dalla Corte costituzionale, si applica anche a chi affitta un immobile per meno di 30 giorni.
Nel caso degli affitti brevi è molto frequente l’uso del check-in da remoto: i documenti di identità vengono inviati all’affittuario tramite WhatsApp o altre applicazioni di messaggistica e poi gli ospiti accedono agli appartamenti digitando dei codici per aprire le porte o recuperando le chiavi dalle key box, le cassette che i proprietari di appartamenti per turisti attaccano sui muri o ai cancelli fuori dai portoni delle case: per molti sono diventate un po’ il simbolo del turismo di massa e per questo anche oggetto di contestazioni. Proprio per questa ragione alcune città hanno iniziato a opporvisi: Firenze le ha vietate dal 2025.
Questo tipo di procedure, sottolinea la circolare del ministero, non soddisfa le richieste della normativa. Dal momento che le chiavi non vengono consegnate a mano dal proprietario, non si può escludere che nell’appartamento entri una persona diversa – o addirittura più persone – da quella identificata dai documenti inviati per messaggio. Pertanto, dice la circolare, la questura non può sapere chi effettivamente c’è nell’appartamento e questo è un rischio potenziale per la sicurezza collettiva.
Pisani non vieta esplicitamente le key box, ma di fatto la circolare le rende inutili, ribadendo l’obbligo di «verificare l’identità degli ospiti» in presenza. Per rendere effettive le disposizioni del dipartimento, la circolare invita i prefetti a parlarne alla prima riunione utile dei comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza e a informare i sindaci dei propri comuni di competenza. I questori sono infine incaricati di verificare che le procedure di check-in indicate dalla circolare vengano rispettate.