Alle elezioni islandesi hanno vinto i Socialdemocratici, e non succedeva da un po’
La coalizione che governava dal 2017 ha avuto risultati deludenti: tranne il partito dell’Indipendenza, di centrodestra
In Islanda i Socialdemocratici hanno vinto le elezioni parlamentari di sabato, alle quali sono andati molto bene anche i centristi dei Riformisti, che come loro erano all’opposizione. In generale, come era previsto dai sondaggi, i partiti al governo hanno avuto un risultato deludente, con l’eccezione del partito dell’Indipendenza, di centrodestra, che ha recuperato consensi ed è arrivato secondo.
L’Althing, il parlamento islandese, ha 63 seggi. Per la maggioranza ne occorrono 32, ed è quindi comune che si formino coalizioni piuttosto ampie. I Socialdemocratici, che hanno preso il 20,8 per cento dei voti, avranno 15 seggi. Il partito dell’Indipendenza (19,4 per cento) del primo ministro uscente Bjarni Benediktsson ne avrà 14; i Riformisti (15,8 per cento) ne avranno 11.
Benediktsson era in carica da aprile e lo scorso ottobre aveva chiesto alla presidente Halla Tómasdóttir di sciogliere il parlamento e convocare nuove elezioni, in anticipo sulla scadenza (settembre 2025), per disaccordi interni alla coalizione, nata nel 2017, tra il suo partito, la Sinistra Verde e il Partito Progressista.
Sinistra Verde – che dal 2017 aveva espresso per due mandati la prima ministra, Katrín Jakobsdóttir – non è neppure riuscita a superare la soglia di sbarramento del 5 per cento (ha preso il 2,3). Lo scorso aprile Jakobsdóttir si era poi dimessa per candidarsi alla presidenza, a giugno di quest’anno, ma aveva perso contro Tómasdóttir. Benediktsson aveva preso il suo posto. Anche i Pirati, che qualche anno fa erano molto forti, sono rimasti fuori dal parlamento (col 3 per cento).
I sondaggi, come detto, rilevavano che soltanto il 20 per cento degli islandesi approvava l’operato del governo, e quindi ci si aspettava un calo nei consensi dei partiti della coalizione. Il Partito Progressista ha perso 8 seggi (7,8 per cento) e ora ne avrà 5.
Li hanno invece aumentati due partiti che hanno puntato su una retorica nazionalista e contraria all’immigrazione: a destra il Partito di Centro dell’ex primo ministro Sigmundur Davíð Gunnlaugsson (12,1 per cento, 8 seggi) e al centro il Partito del Popolo (13,8 per cento, 10 seggi). Negli ultimi tre anni ci sono state più di 4mila richieste d’asilo all’anno, mentre prima era mediamente un migliaio (l’Islanda ha 393mila abitanti).
In quanto leader del partito più votato, la socialdemocratica Kristrún Mjöll Frostadóttir riceverà l’incarico di formare il governo. Frostadóttir è leader dei Socialdemocratici da 2 anni e in questa campagna elettorale ha basato il suo programma su proposte di welfare e su misure per contenere il costo della vita. I Socialdemocratici non vincevano le elezioni dal 2009 e probabilmente cercheranno di allearsi con i Riformisti.
I Riformisti propongono di fare un referendum per ricandidare il paese a entrare nell’Unione Europea (l’Islanda aveva fatto domanda nel 2009, ai tempi della crisi economica, ma l’aveva in seguito ritirata). Frostadóttir ci va cauta perché lo considera un tema divisivo: è probabile che sarà oggetto di trattativa. Recentemente il sostegno nei sondaggi verso un ipotetico ingresso nell’Unione ha raggiunto il 54 per cento.