Perché Gautam Adani può diventare un problema fra Stati Uniti e India
Il tribunale di New York ha accusato di corruzione uno degli imprenditori più vicini al primo ministro Narendra Modi, mettendo in difficoltà le relazioni fra i due paesi
L’imprenditore indiano Gautam Adani, secondo uomo più ricco dell’Asia e uno dei più ricchi del mondo, mercoledì 20 novembre è stato accusato dal procuratore federale del distretto est di New York di essere al centro di un giro di corruzione da 265 milioni di dollari.
Adani è a capo di uno dei più grandi gruppi industriali e finanziari del paese ed è molto vicino al primo ministro nazionalista Narendra Modi. L’accusa di corruzione potrebbe quindi avere ripercussioni non solo sui molti progetti di sviluppo dell’economia indiana, ma anche sui rapporti fra Stati Uniti e India.
La questione al centro delle indagini del tribunale statunitense è la gara d’appalto per sviluppare il parco fotovoltaico più grande dell’India, vinta nel giugno del 2020 dalla Adani Green Energy. Per lo sviluppo del progetto l’azienda aveva raccolto fondi anche da investitori internazionali, alcuni di questi statunitensi: da qui il motivo dell’indagine negli Stati Uniti. Secondo l’accusa per vincere l’appalto Adani e alcuni importanti dirigenti delle sue aziende, tra cui suo nipote Sagar Adani, avrebbero corrotto dal 2020 a oggi funzionari di vari stati indiani (l’India è uno stato federale). Oltre alla vittoria dell’appalto per la costruzione del parco, Adani Green si sarebbe assicurata contratti favorevoli per fornire energia elettrica agli stati ricavando 2 miliardi di dollari nel giro di vent’anni.
Secondo l’accusa, Adani e la sua azienda avrebbero danneggiato gli investitori americani coinvolgendoli in un progetto nato da pratiche di corruzione, e di conseguenza avrebbero violato il Foreign Corrupt Practices Act. È una legge federale statunitense contro la corruzione: si applica anche a persone straniere e a tangenti pagate all’estero, se sono coinvolti investitori negli Stati Uniti.
Adani non è un imprenditore qualsiasi: dagli anni Ottanta ha costruito un gruppo industriale enorme, nel campo delle infrastrutture, della logistica e dell’energia. Il gruppo Adani possiede tredici porti (tra cui quello di Mundra, il più grande porto commerciale del paese), gestisce otto aeroporti e diverse linee ferroviarie.
È anche il principale gestore privato di miniere di carbone al mondo e il principale estrattore, ma recentemente si è impegnato a dedicare l’80% dei suoi investimenti al settore delle energie rinnovabili. Nel 2015 era stata fondata la Adani Green Energy, il cui obiettivo dichiarato è di diventare entro il 2025 la più grande azienda produttrice di energia solare al mondo. Questo impegno non ha impedito al gruppo di continuare a espandere le sue operazioni nel settore del carbone: nel 2022 ha iniziato a estrarlo anche in Australia e ha costruito in India una nuova centrale a carbone da 2 miliardi di dollari, per fornire energia al Bangladesh.
L’ascesa economica di Adani è andata quasi di pari passo con quella politica del primo ministro Modi. Sono entrambi originari del Gujarat, stato costiero dell’India nord-occidentale, e i loro rapporti sono iniziati quando Modi nel 2001 divenne primo ministro dello stato. Il Gujarat in quegli anni si presentò come uno stato moderno, pronto ad accogliere investimenti e in grande ascesa economica. Quando Modi si candidò alla presidenza dell’India fece valere quei successi e promise uguale sviluppo per tutto il paese. In questo fu affiancato dalle aziende di Adani, in una relazione stretta e di reciproco beneficio. Secondo il New York Times in India è ormai chiaro che «la relazione con Modi consente ad Adani di concludere qualsiasi affare desideri», con ampi vantaggi rispetto alla concorrenza.
Da quando è primo ministro Modi ha puntato molto sull’espansione delle infrastrutture del paese: negli ultimi dieci anni sono stati costruiti porti, aeroporti, ferrovie e strade, ma solo poche aziende hanno vinto i ricchi appalti statali per costruirli. Adani ha tratto i maggiori vantaggi dagli investimenti pubblici, tanto da venir chiamato «l’oligarca di Modi» da coloro che criticano le modalità opache con cui le sue aziende si sono assicurate gli appalti.
Le accuse contro Adani si inseriscono in un momento delicato e nel contesto di una crisi diplomatica tra India e Stati Uniti. Lo scorso novembre il governo statunitense ha detto di aver sventato l’assassinio di un leader del movimento indipendentista sikh da parte di un ex-agente dell’intelligence indiana. Il governo di Modi ha smentito di essere coinvolto.
Il caso Adani potrebbe peggiorare la situazione, e complicare le relazioni complessive fra i due paesi, fin qui buone soprattutto perché gli Stati Uniti negli ultimi anni hanno considerato l’India un partner fondamentale anche a livello politico, per bilanciare la crescente influenza della Cina nella regione.
In questo contesto andranno considerati gli effetti del ritorno alla presidenza di Donald Trump, che negli anni ha stretto un rapporto cordiale con il primo ministro indiano Modi. E Adani stesso dopo la sua vittoria alle elezioni si è congratulato con un post su X promettendo investimenti dal valore di 10 miliardi di dollari negli Stati Uniti.
Le indagini su Adani stanno già avendo conseguenze sugli investimenti del gruppo all’estero, che spesso sono uno strumento anche politico per il governo di Modi. Giovedì scorso il presidente del Kenya William Ruto ha annullato due accordi firmati col gruppo Adani dal valore complessivo di quasi 2,6 miliardi di dollari, relativi all’ampliamento dell’aeroporto di Nairobi e allo sviluppo della rete elettrica del paese.
In India l’opposizione ha chiesto chiarimenti sulla posizione del governo: Rahul Gandhi, uno dei leader del Congresso nazionale indiano (INC, il principale partito dell’opposizione), ha accusato Modi di connivenza con le iniziative corruttive dell’imprenditore, visto che nessuna indagine è stata aperta dalla magistratura indiana.
Non è la prima volta che le aziende del gruppo si trovano in mezzo a una controversia legale. Già nel 2023 Adani era stato accusato di pratiche commerciali scorrette da parte della società di ricerca finanziaria e trading Hindenburg. Dopo la pubblicazione dell’inchiesta il valore delle azioni delle aziende del gruppo era crollato di decine di miliardi di dollari e Adani aveva perso la sua posizione di uomo più ricco dell’India e dell’Asia. Anche in questa occasione il valore del gruppo in borsa è sceso notevolmente.