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  • Sabato 30 novembre 2024

In Islanda i partiti di governo non arrivano bene alle elezioni

I sondaggi li danno tutti e tre in calo: si vota oggi, sono elezioni anticipate e i favoriti sono i Socialdemocratici

Un seggio a Reykjavik, la capitale dell'Islanda, 25 settembre 2021 (AP Photo/Brynjar Gunnarsson)
Un seggio a Reykjavik, la capitale dell'Islanda, 25 settembre 2021 (AP Photo/Brynjar Gunnarsson)
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Sabato 30 novembre si vota per rinnovare il parlamento in Islanda. I seggi aprono alle 9 del mattino e dovrebbero chiudere alle 22, ma è possibile che in alcune zone del paese si potrà votare oltre l’orario stabilito: sono infatti previste tempeste, venti e nevicate, che potrebbero rendere complicata la consegna delle schede elettorali, ma anche gli spostamenti di elettori ed elettrici. Per questo la Commissione elettorale ha detto che valuterà se tenere aperti i seggi un po’ di più. È la prima volta dal 1979 che si tengono elezioni in questo periodo dell’anno.

Il dato politico più interessante mostrato finora dai sondaggi è che soltanto il 20 per cento degli islandesi approva l’operato del governo, e anche i singoli partiti che compongono la coalizione – che governa dal 2017 ed è molto ampia per orientamenti politici – sono calati nei sondaggi. È successo al Partito dell’Indipendenza, di centrodestra, che nell’ultimo governo ha espresso anche il primo ministro Bjarni Benediktsson; al Partito Progressista, di centro; e alla Sinistra Verde.

I favoriti sono invece Socialdemocratici, dati al 20 per cento, seguiti dai Riformisti, partito liberale di centro dato al 19 per cento: due risultati che raddoppierebbero i loro consensi rispetto alle elezioni del 2021.

In generale però è difficile che in Islanda un partito riesca a formare un governo da solo, e dovrebbe essere così anche questa volta. È anche difficile che un governo riesca a governare per tutto il tempo della legislatura. Anche l’ultimo governo era caduto prima del tempo a causa di divisioni interne e quelle di oggi sono elezioni anticipate.

In Islanda funziona più o meno come in Italia: dopo il voto, la presidente Halla Tomasdottir incaricherà il leader del partito più votato di provare a formare un governo, il quale dovrà poi ottenere la fiducia nell’Althing, il parlamento islandese, cioè ricevere almeno 32 voti favorevoli su 63 totali (in Islanda il presidente, anche se viene eletto in modo diretto, ricopre principalmente un ruolo di rappresentanza).

L’ex prima ministra Katrin Jakobsdottir (AP Photo/Geert Vanden Wijngaert)

Il partito che in termini di consensi sembra stia pagando di più la scarsa popolarità dell’attuale governo è la Sinistra Verde: nel 2017 aveva ottenuto quasi il 17 per cento dei voti e la sua leader, Katrin Jakobsdottir, era stata nominata prima ministra (si era poi dimessa da quel ruolo per candidarsi alla presidenza, a giugno di quest’anno, ma aveva perso). Oggi invece Sinistra Verde potrebbe non entrare in parlamento: la legge islandese prevede una soglia di sbarramento del 5 per cento, e i sondaggi la danno di poco sotto il 4 per cento. Ha perso consensi anche il Partito Progressista, che è passato dal 17 per cento del 2021 a circa l’8 per cento nei sondaggi.

Anche il partito dell’Indipendenza, uno storico partito islandese che esiste dal 1929 e che ha sempre ottenuto percentuali alte, potrebbe andare male. Era già calato alle ultime elezioni e in queste i sondaggi lo danno attorno al 14,5 per cento. Nel suo caso hanno pesato anche alcuni scandali per corruzione in cui sono stati coinvolti i suoi esponenti più noti. Tra questi Benediktsson, l’attuale primo ministro, il cui nome era comparso per esempio nel 2016 nella lista dei politici con conti o società nei paradisi fiscali (i cosiddetti Panama Papers).

A causa delle divisioni nella coalizione di governo lo scorso 13 ottobre Benediktsson aveva chiesto alla presidente Tomasdottir di sciogliere il parlamento e convocare nuove elezioni. Tra i temi su cui c’era maggiore disaccordo l’immigrazione, la politica energetica e la politica estera.

Proprio l’immigrazione è stato uno dei temi che hanno caratterizzato questa campagna elettorale, una cosa nuova per l’Islanda. Per anni il numero di stranieri nel paese era rimasto molto basso, soprattutto da quando la crisi economica del 2008 causò il crollo del valore della corona islandese e una grave recessione. L’Islanda era però riuscita a uscire da quella crisi e a diventare nel tempo più attrattiva anche per lavoratori e lavoratrici dall’estero: oggi il 20 per cento delle persone che ci vivono ha la cittadinanza di un altro paese.

Tra i partiti che hanno puntato di più sull’immigrazione c’è il Partito di Centro, fondato nel 2017 dall’ex primo ministro Sigmundur Davíð Gunnlaugsson, uscito dal partito Progressista. Gunnlaugsson era stato primo ministro tra il 2013 e il 2016, quando si dimise perché anche lui fu coinvolto nei Panama Papers. Il suo è un partito conservatore e nazionalista, molto contrario all’accoglienza. Anche il Partito del Popolo ha puntato molto su una retorica xenofoba e nazionalista. Sono dati rispettivamente al 12 e all’11 per cento.