I combattenti ostili ad Assad controllano buona parte di Aleppo
Dopo una rapida e inaspettata offensiva che ha smosso il fronte di una guerra civile sostanzialmente ferma da quattro anni
I combattenti dei gruppi armati ostili al presidente siriano Bashar al Assad controllano ormai buona parte di Aleppo, dopo l’offensiva sorprendente con cui sono entrati nella seconda città della Siria, incontrando pochissima resistenza da parte delle forze governative e stravolgendo una situazione che era sostanzialmente ferma da quattro anni. Da lì, nella giornata di sabato, l’operazione militare si è allargata ulteriormente con una rapidità che non ha precedenti nei tredici anni di guerra civile in Siria.
I gruppi, riuniti in una lega che si fa chiamare “al Fatah al Mubin”, “la Grande Conquista”, sono arrivati da ovest, hanno preso il controllo di Aleppo, spingendosi fino alla cittadella e abbattendo i simboli del regime, e conquistando decine di piccoli centri abitati intorno alla città. Hanno poi oltrepassato Aleppo in direzione est e hanno conquistato alcune basi militari usate di solito dai militari russi e dalle milizie filoiraniane a Safira.
Altri battaglioni hanno puntato in direzione sud e sono arrivati nelle strade di Hama, la prima grande città che s’incontra scendendo da nord, quasi a metà strada tra Aleppo e la capitale Damasco. Lì hanno preso anche l’aeroporto, che come spesso succede in Siria è una grande base militare e ospitava una guarnigione, svolgendo un’importante funzione strategica per il regime nella Siria centrale. Arrivano video di scontri anche da Daraa, una città al confine con la Giordania dove la resistenza contro Assad è stata sempre attiva e dove una parte della popolazione si sta unendo alla rivolta.
L’offensiva è guidata dal gruppo Hayat Tahrir al Sham, (Hts), “l’organizzazione per la liberazione del Levante”, che in passato aderiva ad al Qaida ma oggi ci tiene a sembrare davanti al mondo l’esercito legittimo del governo di quella regione. Ai primi scontri le forze governative siriane sono fuggite dalle proprie postazioni nella regione di Idlib, in quella di Aleppo e poi anche nella parte nord di Hama. I tentativi di creare delle linee di resistenza per fermare l’avanzata dei gruppi armati sono durati poco e anche i reparti che ci hanno provato sono scappati. In molti casi i miliziani non combattono più, ma si limitano a occupare luoghi già lasciati deserti dai soldati siriani. Per gli assadisti è un tracollo.
Il governo di Assad ha ammesso l’avanzata dei gruppi nemici annunciando una «ridistribuzione» dei propri soldati e promettendo una risposta per espellere quelli che definisce «terroristi» (come fa con i gruppi ribelli fin dall’inizio della guerra civile, nel 2011) e ristabilire il controllo statale. Sabato gli aerei dell’esercito siriano e di quello russo, alleato del regime di Assad, hanno risposto con dei bombardamenti in alcuni quartieri periferici della città, in particolare su una piazza in cui si trova la statua di Basil al Assad, fratello del presidente morto nel 1994. Secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani ci sono stati 16 morti civili, ma dal punto di vista militare i bombardamenti sono stati prevalentemente simbolici.
Non è interamente chiara la situazione all’aeroporto di Aleppo, nella periferia est della città, da cui si erano ritirate le forze siriane: vi si erano inizialmente insediate le forze curde, sostenute dagli Stati Uniti e avversarie dei gruppi armati che stanno prendendo Aleppo, e che in seguito hanno a loro volta rivendicato il controllo della struttura.
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L’offensiva è stata definita nei comunicati ufficiali di Hts una campagna per ristabilire la capacità di deterrenza dei gruppi armati contro il regime, una risposta alle manovre aggressive delle forze di Assad, che da un mese e mezzo avevano intensificato gli attacchi su un fronte che non si muoveva da quattro anni.
È possibile che le forze di Assad avessero intensificato i loro attacchi come manovra preventiva per mascherare la loro debolezza in questo periodo, conseguenza delle difficoltà dei suoi principali alleati: il gruppo libanese Hezbollah, che ha appena accettato un cessate il fuoco con Israele dopo i devastanti bombardamenti subiti e l’uccisione dei suoi primi due leader in linea di successione; l’Iran, per la prima volta coinvolto in una sfida diretta contro Israele; e la Russia impegnata da quasi tre anni nell’invasione in Ucraina.
Assad controlla la maggior parte del territorio siriano e le città vicino alla costa, la cosiddetta «Siria utile», ma deve ancora far fronte ai movimenti armati che lo vogliono rovesciare, soprattutto a nord-ovest e talvolta anche a sud.