L’atletica leggera tra un’Olimpiade e l’altra
Generalmente ce la si dimentica ed è poco seguita, ma alcuni nuovi eventi con premi milionari vogliono provare a cambiare le cose
di Gabriele Gargantini
Così come parecchi altri sport, anche l’atletica leggera ha il grande problema di riuscire a farsi seguire tra un’Olimpiade e l’altra: la necessità di presentarsi come uno sport – o meglio: un variegato insieme di discipline sportive – da tifare e da seguire stagione dopo stagione, anche quando non si sta gareggiando per medaglie olimpiche o mondiali.
Se per certi sport oggettivamente minori e astrusi è implausibile pensare che questo possa succedere, per l’atletica leggera non è così. È uno sport basato su gesti atavici e con origini antichissime, uno sport essenziale: bisogna correre, saltare o lanciare, e vince chi finisce prima o arriva più in alto o più lontano. I record sono facili da misurare, sono spesso assoluti, e per certi versi tengono davvero il passo di qualche pezzo di evoluzione umana (oltre che scientifica e tecnologica).
È per questo che c’è chi fa riferimento all’atletica leggera definendola “lo sport più sottovalutato al mondo”, economicamente s’intende. Ed è per questo che da più parti stanno nascendo progetti di eventi che vogliono renderla più attraente anche in anni senza Olimpiadi o senza Mondiali (che si svolgono ogni due anni negli anni dispari). I principali sono tre: uno ha dietro World Athletics, l’organizzazione mondiale dell’atletica leggera; un altro lo sta portando avanti l’ex velocista statunitense Michael Johnson, da tempo molto critico verso la gestione di World Athletics; un altro ancora – promosso dall’ex tennista Serena Williams e da suo marito Alexis Kerry Ohanian, co-fondatore di Reddit – prevede gare solo femminili. Il primo evento si chiama Ultimate Championship e debutterà nel 2026; il secondo, quello di Michael Johnson, si chiama Grand Slam Track e inizierà nel 2025; il terzo si chiama Athlos (dalla parola greca che è radice di “atletica”) e una sua prima versione c’è già stata a settembre del 2024.
Ognuno di questi tre progetti concorrenti punta a creare uno spazio – sportivo, commerciale, televisivo – che oggi non esiste. E ognuno punta a farlo rendendo più moderna e intrigante l’atletica leggera, che secondo molti sfrutta poco e male il suo potenziale. Durante le Olimpiadi il Financial Times aveva scritto: «Rispetto ad altri sport principalmente individuali e con abbondanti risorse, come il tennis e il golf, l’atletica leggera è rimasta piuttosto in disparte. La sua infrastruttura commerciale sembra rimasta bloccata nel passato, con finanziamenti limitati per gli eventi, premi in denaro relativamente bassi e una carenza di copertura mediatica accessibile».
Oltre che tra loro, questi eventi dovranno vedersela con il principale circuito internazionale di gare di atletica leggera: la Diamond League. Arrivata alla sua quindicesima edizione e organizzata da World Athletics, la Diamond League ha cadenza annuale e prevede 14 eventi – che nell’atletica si chiamano “meeting” – in cui atleti e atlete si confrontano in tutte le principali discipline dell’atletica leggera.
La tappa italiana è il Golden Gala Pietro Mennea, allo stadio Olimpico di Roma, e quest’anno la tappa conclusiva – la finale – è stata a metà settembre a Bruxelles, in Belgio. C’erano, tra gli altri, alcuni dei più forti e famosi atleti al mondo: il mezzofondista norvegese Jakob Ingebrigtsen, l’astista svedese Armand “Mondo” Duplantis, la mezzofondista keniana Beatrice Chebet, l’ostacolista e velocista olandese Femke Bol e gli italiani Larissa Iapichino e Gianmarco Tamberi, entrambi vincenti nelle loro gare di salto (in lungo e in alto, rispettivamente). Se non vi siete accorti di queste gare, è anche per questo che ci sono tre progetti per proporre qualcosa di diverso e alternativo.
Nelle intenzioni di World Athletics l’Ultimate Championship dovrà essere un grande evento di chiusura della stagione all’aperto nelle stagioni senza i Mondiali (i prossimi saranno nel 2025 e nel 2027, a Tokyo e Pechino) e – una volta su due – in quelle senza Olimpiadi (le prossime saranno nel 2028). Resta insomma libero il 2026, ed è proprio in quell’anno che – dall’11 al 13 settembre, a Budapest, in Ungheria – è stata fissata la prima edizione dell’Ultimate Championship.
World Athletics aveva annunciato l’evento a giugno e il 22 novembre ne ha spiegato meglio format e dinamiche. Il mezzo principale per convincere atleti e atlete a parteciparvi è il montepremi totale, che sarà di 10 milioni di dollari: se si considerano eventi singoli, è il più ricco nella storia dell’atletica leggera. Di fatto i vincitori e le vincitrici delle singole gare si porteranno a casa 150mila dollari a testa.
Soldi a parte, le novità non saranno moltissime: le gare saranno in tre serate successive, ognuna lunga meno di tre ore, con quasi 400 partecipanti suddivisi in squadre nazionali. Ci saranno eventi di corsa, comprese le staffette, così come eventi di pedana (e quindi salti, lanci e getti). Gare come i 100 metri avranno semifinali e finali, ma nella maggior parte delle discipline ci sarà soltanto la finale. Una piccola novità sarà rappresentata dalla staffetta mista 4×100, con due maschi e due femmine a passarsi il testimone.
A fine novembre World Athletics ha annunciato i partner televisivi dell’evento, delegando all’azienda di marketing sportivo Infront l’individuazione di partner internazionali per la distribuzione “free to air”, cioè in chiaro, per raggiungere il più vasto pubblico possibile (anziché uno più limitato, disposto però a pagare per vedere l’evento).
La principale peculiarità dell’altro evento che punta a innovare l’atletica leggera sta già nel nome: Grand Slam Track. “Grand Slam” perché, in un richiamo al tennis, ci saranno quattro eventi: a Kingston, in Giamaica, e poi negli Stati Uniti a Miami, Philadelphia e Los Angeles. “Track” perché ci saranno solo le gare su pista, di corsa.
In inglese l’atletica leggera è nota anche come “track and field”, dove “track” identifica le gare su pista e “field” quelle su pedana. Per ora i dettagli sulle gare sono minimi. Si sa solo che 6 gruppi di atleti e 6 gruppi di atlete si confronteranno in 6 prove per evento, che potranno cambiare: per esempio, a volte ci saranno i 200 e altre i 400 metri. La distanza massima saranno i 5000 metri e ogni atleta dovrà gareggiare in due diverse gare per ogni evento.
Le quattro tappe del Grand Slam Track saranno da aprile a settembre e la serie di eventi partirà già dal 2025. Ci saranno 48 partecipanti ricorrenti e 48 che parteciperanno solo occasionalmente, su invito. Ci sarà un sistema di punteggi basato sulla posizione in ogni gara e una classifica finale con campioni e campionesse annuali. Essere primo in classifica alla fine di ognuna delle quattro tappe frutterà 100mila dollari, per un montepremi complessivo – sul totale dei quattro eventi – di 12,6 milioni di dollari.
Di Grand Slam Track si era iniziato a parlare prima delle Olimpiadi di Parigi e il progetto è fortemente identificato con Michael Johnson, vincitore di quattro ori olimpici e da anni parecchio attivo, soprattutto su X, nel commentare l’atletica leggera, senza risparmiare critiche a chi la gestisce.
E poi c’è stato (e forse ci sarà) Athlos, il cui primo evento – una sorta di evento zero, quasi di prova – è già avvenuto a New York lo scorso settembre. La competizione ha solo gare di “track” e nessuna di “field”: solo corse e non concorsi, che è il nome con cui si fa riferimento alle gare su pedana come il getto del peso, i lanci o salti. Nell’evento di settembre il premio per il primo posto in una delle sei gare (100 metri e 100 metri ostacoli, e poi 200, 400, 800 e 1500 metri) era di 60mila dollari. La grande peculiarità di Athlos è di essere un evento solo femminile, che può avvalersi della disponibilità economica, della fama e del capitale di relazioni di Alexis Kerry Ohanian e Serena Williams. Non ci sono tuttavia molte informazioni sul futuro di Athlos.
Athlos, Grand Slam Track e Ultimate Championship sono eventi pensati per poter esistere insieme in un calendario comune, senza che atleti e atlete debbano per forza di cose fare scelte esclusive verso l’uno o l’altro. Se un atleta come Mondo Duplantis – maschio e astista – potrebbe partecipare solo a Ultimate Championship (e infatti ne ha parlato con entusiasmo), c’è anche chi, come la velocista statunitense Gabby Thomas, vincitrice di tre ori alle Olimpiadi di Parigi, rientra nei canoni di tutti e tre gli eventi.
Addirittura, Thomas:
• ha partecipato al primo evento di Athlos;
• è citata nel comunicato di presentazione di Ultimate Championship;
• ha da poco firmato come atleta “fissa” di Grand Slam Track.
Le questioni principali sono due: da un lato Thomas guadagnerà quasi di certo più soldi; dall’altro dovrà gareggiare di più, probabilmente rinunciando a qualche meeting, compresi quelli della Diamond League.
Allargando la faccenda da Thomas all’intero movimento dell’atletica mondiale, le questioni restano le stesse: da una parte è fuori di dubbio che nei prossimi anni ci saranno più soldi in palio (anche la Diamond League ha di recente alzato molto il suo montepremi), dall’altra c’è da capire se e come il calendario che si verrà a creare sarà sostenibile per gli atleti e sufficientemente profittevole per tutte le parti in causa. La prima questione è semplice ed evidente: «Arrivano i soldi nella grande atletica», ha titolato di recente Runner’s World. La seconda questione è più ostica, anche perché dipende anzitutto da come e quanto World Athletics accetterà l’affermarsi di circuiti di cui non ha direttamente il controllo.
Di fatto, ognuno di questi nuovi eventi si propone come innovativo, fresco, capace di allargare e svecchiare il suo pubblico, con tempi più adatti alla fruizione contemporanea. Fatta la tara su certe specificità di uno o dell’altro progetto o evento, i comunicati di presentazione sono accompagnati da frasi che sono pressoché intercambiabili tra loro.
Un problema comune, che difficilmente questa frammentazione contribuirà a risolvere, è che l’atletica leggera fatica ad andare oltre la medaglia o il record di una sera. Ha descritto efficacemente questo meccanismo Nikhil Jha in un recente articolo sull’Ultimo Uomo:
L’atletica resta uno sport in cui contano due cose: vincere una medaglia per il proprio paese, oppure stampare la misura migliore possibile. L’atleta deve pianificare come distribuire i propri picchi di forma per arrivare al meglio agli appuntamenti più importanti, e nel frattempo raggiungere il massimo risultato in termini numerici – che, a cascata, sono il criterio di qualificazione ai grandi eventi. In questo scenario, a nessuno importa quante tappe di Diamond League hai vinto alla fine dell’anno.
Jha parla anche dell’atletica come di uno sport «che contiene al suo interno moltissimi altri sport, e atleti che non sembrano appartenere allo stesso pianeta». È parte del suo fascino, parte della bellezza di vedere corpi e gesti perfezionati per una disciplina specifica, ma anche un’incredibile complicazione. Perché se è vero che Duplantis è probabilmente il personaggio più noto dell’atletica contemporanea, e che gare come il salto in lungo e il salto in alto hanno la loro spettacolarità, al contempo è impossibile mettere il lancio del giavellotto sullo stesso livello dei 100 metri. E infatti ci saranno gare in cui il lancio del giavellotto non farà parte del pacchetto, cosa che contribuirà a rendere più povera e ancor meno visibile (se non alle Olimpiadi) una disciplina già povera.