I gruppi armati siriani nemici di Assad sono ad Aleppo
Sono penetrati nella città con una velocità sorprendente, dopo quattro anni in cui la situazione era rimasta praticamente immobile
Venerdì l’alleanza di gruppi armati siriani della regione di Idlib che aveva avviato un’offensiva in direzione di Aleppo ha preso il controllo di alcuni quartieri della città, con una velocità sorprendente considerato che dopo quattro anni di immobilità ha spostato la linea del fronte di 17 chilometri in due giorni. Le immagini diffuse dai combattenti li mostrano sventolare una bandiera dell’Esercito siriano libero, coalizione di gruppi armati nemici del presidente Bashar al Assad, all’interno della cittadella nel centro storico.
L’analista esperto di Siria Gregory Waters dice che non è ancora chiaro che porzione di Aleppo sia ora sotto il controllo dei gruppi armati nemici di Assad, ma le immagini e le informazioni a disposizione suggeriscono che l’esercito regolare dispiegato in città abbia avuto la peggio rapidamente, e sia ora in una situazione di caos. La posizione dei gruppi armati sembra consolidata soprattutto nei quartieri meridionali della città.
I combattenti siriani si sono avvicinati ad Aleppo da ovest, divisi in due grandi raggruppamenti. Prima di spostarsi verso il centro erano già arrivati a “Nuova Aleppo”, un quartiere residenziale fatto di palazzoni appena costruiti poco fuori dalla città. I piccoli centri abitati appena fuori da Aleppo e passati dal controllo del regime a quello dei gruppi armati da mercoledì sono quasi un centinaio, e circolano video che ormai sono diventati quasi un rito: un combattente che abbatte un’immagine a grandezza naturale di Assad, un altro che abbraccia il padre che non rivedeva da quando quella zona era finita sotto il controllo del regime.
Ora ci si chiede cosa succederà alla seconda città della Siria, con due milioni di abitanti, che all’inizio della rivoluzione siriana nel 2011 tentò di mantenersi neutrale ma poi fu risucchiata nella guerra.
Un’ipotesi è che succederà come a Mosul nel giugno 2014, quando poche centinaia di miliziani dello Stato Islamico conquistarono la seconda città dell’Iraq nel giro di pochi giorni perché decine di migliaia di soldati iracheni gettarono le armi e nel panico abbandonarono le loro posizioni.
Un’altra ipotesi è che sia l’inizio di una battaglia urbana dalla lentezza penosa, combattuta casa per casa e quartiere per quartiere. Accadde così tra il 2012 e il 2016, a parti invertite, quando il regime strappò Aleppo al controllo dei gruppi armati in quattro anni di scontri grazie all’aiuto dei bombardieri mandati dalla Russia. Il New Yorker descrisse la città del nord come “la Stalingrado siriana”, per le sofferenze e la devastazione.
La risposta sta nella capacità di tenuta dei soldati di Assad e dell’assortimento di milizie loro alleate finanziate dall’Iran (che i soldati siriani chiamano con un nome generico: “i nostri amici”) dentro Aleppo. Per adesso da quello che si vede la capacità di tenuta è scarsa.
Molti reparti militari di Assad, nota Waters, sono indeboliti da una pratica che in arabo si chiama tafyish e consiste nel corrompere i comandanti per prendersi lunghi periodi di assenza. A Mosul l’esercito iracheno si dissolse davanti all’avanzata dei miliziani per una pratica corruttiva speculare: i comandanti dichiaravano di avere nelle loro unità molti soldati in più, i cosiddetti “soldati fantasma”, per intascare le loro paghe. Quando venne il momento di combattere sul serio fu un grosso problema.
La forza militare che sta attaccando Aleppo è una lega di gruppi armati siriani che si fa chiamare “al Fatah al Mubin”, “la Grande Conquista”. Include la fazione islamista dominante nel nord della Siria, Hayat Tahrir al Sham (Hts), “l’organizzazione per la liberazione del Levante”, che in passato aderiva ad al Qaida ma oggi ci tiene a sembrare davanti al mondo esterno l’esercito legittimo del governo di quella regione.
Durante il primo giorno di combattimenti l’avanzata verso la base del 46esimo reggimento, una guarnigione chiave da occupare nella marcia verso Aleppo, è stata aperta dall’esplosione di un’autobomba guidata da un combattente suicida. Anche oggi l’assalto verso la città è stato preceduto da due attacchi con autobomba. Questo vuol dire che in quel misto di combattenti e accanto a Hts, che ha dichiarato di essersi ormai allontanata da queste tattiche, ci sono anche piccoli gruppi di volontari stranieri e fanatici.
Hts sta tentando di rassicurare tutti. Un funzionario legato all’organizzazione, Bashir al Ali, che ha il ruolo di capo del direttorato per gli affari delle minoranze, ha detto che i cristiani nelle zone appena liberate «dal regime criminale» non devono temere perché «tutte le minoranze, inclusi i cristiani, devono sapere che le loro vite, proprietà, luoghi di culto e libertà saranno protette come già succede a Idlib».
La Russia, che è alleata di Assad, per ora non annuncia una reazione forte all’offensiva. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha dichiarato venerdì che Mosca considera l’offensiva una violazione della sovranità della Siria e si aspetta che il governo di Assad ristabilisca l’ordine il prima possibile. È suonata come una dichiarazione distaccata. Peskov non ha confermato la visita del presidente siriano a Mosca, una notizia che era stata data giovedì da alcuni canali Telegram russi che si occupano di notizie. L’attività dei bombardieri russi nella zona di Aleppo è inferiore al passato, secondo testimoni locali. All’apice delle operazioni della Russia in Siria c’erano circa sessanta velivoli da combattimento russi, oggi sono un decimo e bombardano meno.
Anche Hezbollah, il gruppo armato libanese storico alleato di Assad, non sembra impegnato nella difesa di Aleppo. Di solito annuncia in modo tempestivo la morte dei propri combattenti, ma per ora è rimasto in silenzio.
Una seconda offensiva dei gruppi armati, questa in direzione sud, procede a buon ritmo ed è arrivata al centro abitato di Saraqib, dove passa l’autostrada M5. È un’arteria cruciale nella Siria dove le grandi strade scarseggiano, perché collega Aleppo nel nord alla capitale Damasco nel sud.