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  • Venerdì 29 novembre 2024

Si vota in Irlanda, e da un pezzo al primo ministro va tutto storto

Simon Harris, di centrodestra, aveva convocato elezioni anticipate in una fase positiva per il suo partito: ora la situazione è cambiata

Simon Harris su una pista di go-kart per un evento della campagna elettorale a Navan, il 21 novembre
Simon Harris su una pista di go-kart per un evento della campagna elettorale a Navan, il 21 novembre (REUTERS/Clodagh Kilcoyne)
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Oggi, venerdì 29 novembre, si vota in Irlanda. Il primo ministro uscente, Simon Harris, aveva convocato le elezioni in anticipo sulla data prevista (febbraio) perché un mese fa il suo partito di centrodestra Fine Gael era in una fase particolarmente buona nei consensi. Al contrario Sinn Féin, il partito nazionalista di sinistra che è il più forte dell’opposizione, era indebolito da diversi scandali. La campagna elettorale non è andata come sperava Harris, principalmente per responsabilità sua, e Fine Gael ha dissipato il vantaggio che aveva nei sondaggi.

Negli ultimi, diffusi prima del voto, è stato superato sia da Sinn Féin (20 per cento) sia da Fianna Fáil (21 per cento), il partito centrista insieme a cui governa. Fine Gael è al 19 per cento. Il distacco comunque è inferiore al margine d’errore. Prima che le elezioni venissero convocate, lo scorso 9 novembre, Fine Gael era però dato al 27 per cento.

Harris ha passato gran parte dell’ultima settimana a provare a limitare i danni di un episodio che l’ha riguardato.

Venerdì scorso Harris si è comportato in modo scortese con Charlotte Fallon, una dipendente di una fondazione che assiste le persone con disabilità che lo aveva fermato per dirgli che i lavoratori e le lavoratrici del settore si sentivano trascurate dal governo. Harris ha risposto piuttosto freddamente che non era vero e che la cosa gli stava a cuore. Le ha stretto la mano ed è passato oltre, poi è tornato indietro per pochi secondi, aggiungendo che non era il caso di agitarsi. Fallon si era infatti commossa nel raccontargli i problemi.

Harris si trovava a Kanturk per un evento ed era quindi seguito dai giornalisti, che hanno filmato l’incontro. Il video è diventato virale e sabato Harris ha telefonato a Fallon per scusarsi, cosa che ha fatto anche pubblicamente, ammettendo di avere sbagliato. Harris ha chiesto di non essere giudicato solo per «i 40 secondi», cioè la durata del video, ma il danno ormai era fatto.

L’episodio ha dato un’immagine opposta a quella, affabile e alla mano, che lui aveva cercato di costruirsi negli anni, ma non solo: ha riguardato quello che era da sempre un punto di forza di Harris, che è stato ministro della Sanità e fin dall’inizio della sua carriera ha raccontato di essersi impegnato in politica per provare a migliorare la situazione del fratello autistico.

In generale Harris ha puntato molto sul fatto di essere il più giovane primo ministro nella storia dell’Irlanda (è entrato in carica a 37 anni e ora ne ha 38) ed è soprannominato TikTok Taoiseach, cioè “il primo ministro di TikTok”, per l’assiduità con cui utilizza la piattaforma.

Il tipico video di Harris su TikTok, con la musica

Fine Gael ha legato molto la sua comunicazione alla figura di Harris, con manifesti elettorali con la sua foto e lo slogan A new energy (“Una nuova energia”). A posteriori, questo potrebbe rivelarsi un problema.

Manifesti elettorali a Dublino, il 26 novembre

Manifesti elettorali a Dublino, il 26 novembre (AP Photo/Peter Morrison)

Il caso di Kanturk, infatti, è stato il più grave e il più recente, ma non è stato l’unico episodio problematico per Harris. A un comizio del partito l’amministratore delegato della compagnia aerea Ryanair, Michael O’Leary, ha sostenuto che in parlamento ci siano troppi insegnanti e che «li adoro, ma in generale non assumerei un sacco di insegnanti se volessi portare a termine le cose». Le sue dichiarazioni sono state contestate da tutti i partiti, incluso Fine Gael.

La leader di Sinn Féin, Mary Lou McDonald, ha usato questi episodi per ribadire che considera il governo distaccato dalla realtà e dai problemi delle persone. Lo ha fatto anche nel dibattito televisivo di martedì, chiamando Harris e il leader di Fianna Fáil, Micheál Martin, «Tweedledum e Tweedledee», come i personaggi di una filastrocca per bambini in lingua inglese ripresa da Lewis Carroll nel seguito di Alice nel paese delle meraviglie.

È un modo per prenderli in giro, paragonandoli ai due gemelli goffi che nella fiaba si contraddicono tra di loro. Serve anche a dire che non ci sono grandi differenze tra i leader dei partiti eredi di quelli che hanno sempre governato l’Irlanda dall’indipendenza dal Regno Unito del 1922.

La leader di Sinn Féin, Mary Lou McDonald, in un impianto di riciclo a Dublino, il 26 novembre

La leader di Sinn Féin, Mary Lou McDonald, in un impianto di riciclaggio a Dublino, il 26 novembre (AP Photo/Peter Morrison)

Questa critica non è del tutto infondata. Sul lato delle proposte politiche, infatti, tra Fianna Fáil e Fine Gael non ci sono grossissime differenze. La cosa dipende anche dal surplus di bilancio dovuto alle tasse delle multinazionali che hanno spostato la sede in Irlanda per via del regime fiscale vantaggioso. Per il 2024 è previsto valga 8,6 miliardi di euro – parecchi per un paese con un PIL da circa 500 miliardi di euro.

Insomma, l’economia va molto bene, il tasso di disoccupazione è del 4,2 per cento (molto vicino alla piena occupazione, in Italia siamo sopra al 6 per cento) e i governi hanno soldi da investire. Nonostante ciò, McDonald accusa i partiti centristi di essere fautori dell’austerità economica. Sinn Féin promette di aumentare la spesa pubblica, anche con un piano da 39 miliardi di euro in cinque anni per costruire nuove case da vendere a prezzo calmierato (sulla cui fattibilità ci sono dubbi).

Dal punto di vista dei diritti, invece, Fianna Fáil ha posizioni più conservatrici di Fine Gael: per esempio la maggioranza dei suoi deputati era contraria alla legalizzazione dell’aborto decisa col referendum del 2018. Fine Gael invece era a favore e il suo leader precedente, Leo Varadkar, è stato il primo primo ministro gay del paese. I due partiti sono stati rivali fino al 2020, quando si sono alleati dopo la vittoria nel voto popolare di Sinn Féin (che non aveva i numeri in parlamento per governare) con un accordo che prevedeva di far ruotare tra loro l’incarico di primo ministro.

Anche quest’anno, Fianna Fáil e Fine Gael hanno escluso qualsiasi collaborazione con Sinn Féin, che al momento non ha alleati. Secondo i media, lo scenario più probabile è che continuino a governare, magari formando una coalizione diversa da quella della scorsa legislatura, che includeva i Verdi, cercando sostegno tra i partiti minori. Harris ha detto però che non dev’essere troppo larga, altrimenti non sarebbe funzionale.

Sia Fianna Fáil sia Fine Gael hanno promesso misure più dure sull’immigrazione, che è un tema particolarmente sentito dagli elettori (ma meno del costo della vita) e viene percepito come connesso alla crisi abitativa. Fine Gael propone di ridurre la libertà di movimento dei richiedenti asilo mentre viene esaminata la loro richiesta, Fianna Fáil di rimpatriare quelli a cui viene negato l’asilo. Anche Sinn Féin ha cambiato posizione, principalmente per ragioni di consenso dopo il risultato deludente alle elezioni europee e locali: nel suo programma chiede espulsioni più efficaci. Sono cose nuove per uno dei paesi più tolleranti d’Europa.

Potrebbero avere un ruolo decisivo i deputati indipendenti, come spesso avvenuto in passato. La loro presenza è agevolata dal sistema elettorale, un meccanismo proporzionale con preferenze trasferibili: gli elettori possono cioè mettere in ordine di preferenza i candidati del loro collegio (ma non sono obbligati a farlo). Se il primo non viene eletto, il voto viene “trasferito” al secondo che hanno indicato e così via. C’è inoltre un limite a quanto i candidati possono spendere in campagna elettorale, che nei collegi più grandi è di poco superiore a 58mila euro.

Nella storia irlandese, circa il 40 per cento dei governi è stato di minoranza, e si è appoggiato agli indipendenti – che nella scorsa Dáil Éireann, la camera bassa, erano 20 su 160 seggi totali (dalla prossima legislatura saliranno a 174).

Tra i 171 candidati indipendenti ci sono esponenti esterni ai partiti, ma anche attivisti di estrema destra o personaggi improbabili, come il boss criminale Gerry Hutch, noto come “il monaco”. Si presenta nel collegio di Dublino centro contro McDonald e il ministro delle Finanze, e attuale presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe di Fine Gael. Hutch era stato arrestato a Lanzarote con l’accusa di riciclaggio, ma era stato scarcerato su cauzione (di 100mila euro). L’anno scorso era stato prosciolto nel processo per un omicidio del 2016 che diede inizio a una faida con il cartello Kinahan, la principale organizzazione criminale irlandese.

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