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  • Giovedì 28 novembre 2024

La lentissima statale 106

Ci si mette tantissimo a muoversi sulla costa ionica della Calabria, ci si mette tantissimo a migliorare la vecchia strada

di Francesco Gaeta

Il tratto della statale 106 sul ponte Allaro, nei pressi di Caulonia Marina (Reggio Calabria), in un'immagine di Google Street View
(Ansa/Google Street View)
Il tratto della statale 106 sul ponte Allaro, nei pressi di Caulonia Marina (Reggio Calabria), in un'immagine di Google Street View (Ansa/Google Street View)
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Ogni giorno c’è la popolazione di una città grande quanto Milano che si mette in movimento su una strada che attraversa 85 paesi ed è lunga 491 km. È la statale 106 jonica, che collega Reggio Calabria a Taranto e secondo una stima dell’Anas (Azienda Nazionale Autonoma delle Strade Statali) serve una comunità di circa 1 milione e 300mila persone. Scende dapprima da Reggio fino alla “punta dello Stivale” e poi risale tutta la costa calabrese del mar Jonio passando da Catanzaro, da Crotone e raggiungendo poi Basilicata e Puglia. È stata progettata in era fascista: l’atto di nascita è datato 17 maggio 1928 e da allora è rimasta immutata nel tracciato, salvo poche varianti e innumerevoli progetti di ristrutturazione. La ferrovia che corre accanto a questa strada dal lato del mare non è mai stata elettrificata ed è ancora a binario unico, come quando fu costruita nella seconda metà dell’Ottocento. Quanto alla 106, secondo Google Maps servono 7 ore e mezza per andare in auto da Reggio a Rocca Imperiale, ultimo comune calabrese. Significa una velocità media inferiore ai 60 chilometri all’ora. Ma è una stima invernale: in estate le code dei vacanzieri sulle spiagge possono allungare molto i tempi.

Il percorso da Reggio a Rocca Imperiale, da Google Maps (la percorrenza è variabile, ma generalmente è tra le 7 e le 7 ore e mezza)

La statale 106 è una strada che vale la pena di raccontare per molti motivi.
È una infrastruttura su cui negli anni si sono costruite carriere politiche, ha alimentato clientele e ha garantito fortune economiche a chi si è aggiudicato gli appalti o ha effettuato in subappalto i lavori di ristrutturazione e manutenzione. A volte sono stati lavori fatti male, con materiali non adeguati o con procedure non regolari, realizzati spesso da aziende vicine alle cosche della ’ndrangheta, come è emerso nel 2022 da una sentenza di primo grado del tribunale di Reggio Calabria che ha condannato quattro persone tra cui un imprenditore per il crollo della galleria Sant’Antonino di Palizzi, avvenuta nel 2007. Infine, la statale 106 è anche una strada che attraversa uno dei patrimoni archeologici più importanti d’Italia, fattore che insieme ad altri deve avere spinto Ryanair a rafforzare la sua presenza nell’aeroporto di Reggio Calabria, dove oggi ha 80 voli settimanali da e verso 13 aeroporti, tra cui Londra, Parigi e Francoforte.

La 106 fatica però a sopportare il carico dei turisti estivi. Anzi, per le condizioni in cui si trova è una delle strade più pericolose d’Italia. I giornali calabresi, con poca fantasia, la definiscono «strada della morte», ma le statistiche danno loro ragione: prendendo i dati Aci e facendo qualche calcolo, si ricava che un terzo degli incidenti stradali registrati nel 2022 nella regione è avvenuto su questa statale, e anche il 43% delle morti per incidente. Dal 1996 al 2020 i morti sono stati 610, ma potrebbe essere una cifra sottostimata, perché negli anni iniziali si teneva conto soltanto di chi moriva sul colpo e non nei giorni successivi agli incidenti.

Tirrenica contro Jonica
Se si prende una mappa della Calabria si vedono due strade che partendo da Reggio Calabria percorrono da sud a nord la regione. Sul Tirreno, l’autostrada A2 Salerno-Reggio Calabria, che nel tratto calabrese è lunga 442 chilometri. Sullo Jonio, la statale 106 che prima di arrivare in Basilicata e poi in Puglia percorre la Calabria per 415 chilometri ed è per estensione la seconda della regione. Il tracciato della statale 106 è ben più accidentato di quello della A2: segue la linea della costa con pochi rettilinei e molte curve, attraversa parecchi paesi diventandone a volte il corso principale, viene interrotto da innumerevoli innesti privati quasi sempre abusivi, si restringe nei tratti a strapiombo sul mare, si fa più difficoltoso per i bar e i negozi che sorgono ai lati e addirittura per le auto in sosta su una delle due corsie. Chi percorre questa strada sa che spesso l’illuminazione notturna è insufficiente e che in certi tratti manca la corsia di emergenza. Lapidi con mazzi di fiori sono sparse un po’ ovunque sul tracciato a ricordare gli incidenti del passato, e nel racconto di chi la percorre ogni giorno, per studio o lavoro, ci sono tratti unanimemente riconosciuti come fortemente a rischio: il ponte Molinella a Cariati, nel cosentino; gli svincoli di Cutro e Le Castella, nel crotonese; o l’innesto di Melito Porto Salvo nel Reggino.

Se la A2 è un’arteria veloce, la 106 è una vena ingolfata da un traffico sovradimensionato e da ciclici lavori di manutenzione, e il cui asfalto non garantisce aderenza in caso di pioggia intensa. E solo una minima parte del tratto calabrese (82 km su 415) è a due corsie per ogni senso di marcia. Per tutti questi motivi la statale 106 è una strada così impegnativa e rischiosa che per arrivare sulla costa jonica gli abitanti di Reggio Calabria preferiscono passare per la tirrenica, cioè arrivare a Rosarno con la A2 e da lì prendere un’altra statale, la 682 Jonio-Tirreno, che attraversa l’Aspromonte e arriva a Gioiosa Jonica. Si fanno più chilometri ma si impiega meno tempo.

Non è un caso che tra la A2 e la statale 106 ce ne siano altre cinque, di queste strade di raccordo. Sono, da sud a nord: la 182 “Trasversale delle Serre”; la 280 “Dei due mari”; la 107 “Silana Crotonese”; la 283 “delle Terme Luigiane”; la 534 “Firmo-Sibari”. È come se nell’aggiornare la mappa stradale della regione nel corso degli anni si fosse preferito appoggiarsi sulla “Autostrada” e investire sui corridoi interni piuttosto che rendere più fluido il traffico sulla “Statale”.

Mappa delle dorsali e delle trasversali (dal sito dell’Anas)

I lavori ultimati
Naturalmente qualcosa per la 106 si è fatto, se non altro per ragioni di consenso politico. Negli ultimi 20 anni l’ampliamento della carreggiata da due a quattro corsie è andato avanti, partendo da nord. Sono oggi a quattro corsie i tratti pugliesi (39 chilometri da Taranto a Ginosa) e lucani (37 chilometri tra Bernalda e Nova Siri). In Calabria è stato “ammodernato” – è questo il termine che si usa nei documenti tecnici dell’Anas – un tratto di 12 chilometri in provincia di Cosenza, tra Rocca Imperiale e Roseto Capo Spulico. Da qui in poi nel tratto calabrese si è proseguito a spezzoni, con ristrutturazione di tratti brevi: nella provincia di Crotone è avvenuto nella zona di Gabella Grande (5 chilometri); nella provincia di Catanzaro tra Simeri Crichi e Squillace (20 chilometri); in quella di Reggio tra Roccella Jonica (25 chilometri) e Locri e ancora tra Bova Marina e Condofuri (20 chilometri).

Se si eccettua la zona di Catanzaro, in cui la superstrada ha quasi la funzione di una circonvallazione cittadina intorno al capoluogo, non è chiaro quale sia stato il criterio per scegliere di ammodernare queste tratte e non altre. Si tratta per la gran parte di deviazioni dal tratto originario: la strada passa spesso in mezzo a luoghi abitati o densamente popolati e i costi di una ristrutturazione del vecchio tracciato sarebbero stati superiori. Secondo una stima del ministero delle Infrastrutture e dell’Anas, che è stata richiesta dall’attuale giunta regionale calabrese, la cifra necessaria a una ristrutturazione complessiva dei 415 chilometri della 106 in territorio calabrese è di circa 14 miliardi di euro. Qualcosa in meno di quanto si prevede di spendere per l’eventuale e assai discusso ponte sullo Stretto di Messina, il cui investimento è stimato a oggi in 14,7 miliardi (con tutte le variabili di costi per un progetto così innovativo e unico).

– Leggi anche: Cosa c’entrano gli struzzi con la storia dei sequestri in Calabria

Il megalotto 3
L’Anas, l’ente che ha in gestione la statale 106, censisce 12 interventi in corso (nella mappa in basso). Il principale cantiere aperto è quello avviato nel 2020 per la realizzazione di un tratto a quattro corsie di 38 km tra Roseto Capo Spulico e Sibari, nel cosentino. Si tratta della prosecuzione dell’ammodernamento avviato da nord a sud. Il cantiere viene presentato sulla stampa locale come “terzo megalotto” ed è affidato alla società Webuild, che dovrebbe consegnare l’opera nel 2026. Come si legge sul sito dell’azienda, il progetto prevede la costruzione di «11 gallerie e 14 viadotti, con piloni alti fino a 100 metri in un territorio complesso dal punto [di vista, ndr] morfologico». Molto complessa è stata anche la gestazione dell’intervento, come ha raccontato in un libro (Ecco chi è Stato!, Editoo) Fabio Pugliese, già presidente dell’associazione “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106”.

La mappa dei dodici lavori in corso (dall’Anas)

Avviato nel 2003, il progetto del terzo megalotto è stato aggiudicato nel 2010 a un costo stimato di circa 26,7 milioni per chilometro. In seguito ad aggiornamenti tecnici sulla natura del terreno, i costi del progetto definitivo sono saliti a 32 milioni di euro a chilometro. Questa cifra è però aumentata dopo la Via (Valutazione di impatto ambientale) e la Vas (Valutazione ambientale strategica), le verifiche che la legge italiana impone all’ente interessato – in questo caso il ministero dell’Ambiente – per verificare l’impatto che un’opera pubblica ha sugli ecosistemi locali e anche per accogliere le osservazioni di organizzazioni e cittadini interessati. «Dopo la pubblicazione del progetto sul sito del ministero avvenuto nel febbraio del 2014 – racconta Pugliese – sono arrivate 245 osservazioni di privati. C’erano però alcune stranezze. Molte osservazioni provenivano da residenti in Emilia-Romagna, in particolare dalla provincia di Ferrara, che si dichiaravano “turisti abituali”, e per questo interessati alla tutela del territorio calabrese. In alcuni casi, le osservazioni – formulate anche da persone molto anziane – avanzavano proposte tecniche raffinate, come il raddoppio del tracciato o la costruzione di gallerie naturali, che avrebbero ulteriormente incrementato i costi».

Dopo le integrazioni effettuate dall’Anas sulla base di queste osservazioni, il progetto è stato ripresentato per eventuali nuove osservazioni. «Il 34,5% delle 373 nuove osservazioni proveniva ancora dall’Emilia-Romagna». E anche in questo caso i firmatari di queste osservazioni «avanzavano proposte alternative». Il progetto definitivo ha infine comportato un costo finale di 38,5 milioni di euro a chilometro. «A questo aumento di costi è stato dato poco risalto sulla stampa locale. E sugli strani turisti di Ferrara, così competenti e ferrati, non è stata avviata alcuna inchiesta giudiziaria». Il dubbio dell’Associazione “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106” è che questi “turisti abituali” fossero dei prestanome che hanno agito per conto di persone del posto. I terreni agricoli interessati alle modifiche di tracciato, e sottoposti a esproprio dietro indennizzo, sarebbero stati infatti sopravvalutati rispetto ai reali valori di mercato, consentendo ai proprietari un notevole guadagno.

I due progetti bandiera
Oltre al “terzo megalotto” esistono poi due progetti di ammodernamento su cui il governo nazionale ha deciso di investire nei prossimi anni, stanziando 3 miliardi di euro nella legge di bilancio 2022. Il primo riguarda i 51 chilometri tra Crotone e Catanzaro, il secondo i 30 chilometri tra Sibari e Corigliano-Rossano. La consegna di questi tratti è prevista nel 2037. C’è però un problema tecnico. Nel marzo del 2023, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici – l’organo tecnico che fornisce pareri sulla pianificazione, progettazione e realizzazione delle opere pubbliche – ha rilevato gravi carenze progettuali nello Studio di fattibilità tecnico economico del tratto Sibari-Corigliano-Rossano, che riguardano soprattutto la sicurezza delle gallerie previste. Gli approfondimenti progettuali richiesti potrebbero dunque far aumentare i costi e fare slittare la conclusione dei lavori.

L’altra strada
Non ci sono però solo cantieri lungo il tracciato di questa strada. La 106 costeggia o in certi punti si sovrappone ad antichi insediamenti greci. Al chilometro 95 la statale jonica passa letteralmente davanti al parco archeologico di Locri Epizefiri, il sito greco più importante della costa, circa 300 ettari che comprendono templi, teatri, necropoli e abitazioni databili a partire dal VII secolo avanti Cristo. Al chilometro 141, nel comune di Monasterace, costeggia il tempio dorico di Kaulon, del IV secolo avanti Cristo, che è visibile dalla strada dopo una serie di curve. Al chilometro 365 attraversa l’area del parco archeologico di Sibari, uno dei più importanti al Sud.

Per mitigare l’impatto che gli interventi di costruzione o di ampliamento della strada possono determinare su queste aree, soprattutto se di interesse culturale, lo Stato concede “fondi compensativi” ai comuni della zona. In parallelo all’aggiudicazione del “terzo megalotto” Roseto Capo Spulico-Sibari, sono stati assegnati 18,7 milioni di euro destinati all’area archeologica di Sibari. Questi soldi dovrebbero finanziare nuove campagne di scavi, allestimenti anche digitali nei musei di Sibari e Amendolara, percorsi di visita attrezzati nelle aree archeologiche.

Negli ultimi decenni, scavando per ampliare il tracciato della 106, si sono scoperti insediamenti non solo greci. Nel 1983 a Bova Marina, al chilometro 43 della statale jonica, i lavori per una variante in contrada Deri hanno permesso di scoprire i resti di una sinagoga databile tra il IV e il VI secolo dopo Cristo. Gli esperti la considerano tra le più grandi d’Europa per estensione. L’edificio era luogo di culto di una comunità ebraica e includeva un’aula di preghiera, decorata con un pavimento al cui centro c’era un candelabro a sette bracci. La pavimentazione e gli oggetti di corredo sono oggi custoditi nel Parco Archeologico Archeoderi.

Un’altra scoperta è avvenuta al chilometro 82, nel comune di Casignana. Qui nel 1963 è stato trovato un insediamento romano, oggi considerato uno dei più importanti dell’Italia meridionale. Un sito ancora da scoprire fino in fondo, perché dei 15 ettari di estensione stimata è stata scavata solo una parte, quella che riguarda una villa patrizia del I secolo dopo Cristo che oggi si estende a monte e a valle della statale, che in quel punto è sopraelevata rispetto agli scavi. La villa include ambienti termali con un sistema idraulico di riscaldamento e raffreddamento delle acque ancora ben visibile, e mosaici di straordinaria bellezza raffiguranti motivi geometrici, animali e scene mitologiche. La presenza di una falda di acqua marina che si estende sotto l’insediamento opacizza i mosaici della pavimentazione. Ma basta che il custode ci spruzzi sopra dell’acqua dolce per riportare la vivacità dei colori originari: il rosso pompeiano, l’azzurro e il bianco lucido delle tessere.