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  • Giovedì 28 novembre 2024

Il secondo giorno di cessate il fuoco in Libano

L’accordo sta reggendo: l'esercito israeliano ha imposto limitazioni ai rientri dei civili, che stanno trovando le loro case distrutte

Un uomo cammina tra le macerie degli edifici distrutti a Nabatieh, nel Libano meridionale, il secondo giorno del cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah, Libano, 28 novembre
(REUTERS/Adnan Abidi)
Un uomo cammina tra le macerie degli edifici distrutti a Nabatieh, nel Libano meridionale, il secondo giorno del cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah, Libano, 28 novembre (REUTERS/Adnan Abidi)

In Libano è il secondo giorno dall’inizio del cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah, deciso per sessanta giorni con la mediazione di Stati Uniti e Francia e diventato effettivo mercoledì mattina. Al momento l’accordo sta reggendo, e una parte degli oltre 1,2 milioni di libanesi che avevano dovuto abbandonare le proprie case sta rientrando nelle aree più colpite dagli attacchi israeliani negli ultimi mesi.

I rientri verso il sud del Libano erano già cominciati mercoledì, così come quelli verso i quartieri sciiti di Beirut e della valle di Beqaa, nell’est del paese, altre due zone oggetto di intensi bombardamenti israeliani. Sono state molte le persone a tornare nelle proprie case, nonostante Israele avesse detto di aspettare.

L’esercito israeliano intanto non ha completato il proprio ritiro e ha imposto restrizioni ai movimenti dei civili nelle zone in cui è ancora presente.

Giovedì l’agenzia di stampa nazionale libanese NNA ha segnalato alcuni episodi violenti che hanno coinvolto militari israeliani e civili libanesi: a Markaba e Kfarchouba droni e carri armati israeliani hanno sparato dei colpi verso persone che erano entrate in zone “vietate”, causando almeno due feriti.

L’esercito libanese, che non è quello di Hezbollah, secondo gli accordi dovrà controllare la zona cuscinetto fra il confine con Israele e il fiume Litani (o Leonte). Ha iniziato a trasferire mezzi e uomini verso sud e opererà con i soldati della missione UNIFIL, acronimo di United Nations Interim Force In Lebanon (Forza di interposizione in Libano delle Nazioni Unite, in italiano). Lo stesso esercito libanese ha avvertito i civili di non avvicinarsi alle zone dove sono presenti mezzi israeliani, soprattutto nelle province di Tiro, Bint Jbeil e Marjayoun, le più vicine al confine.

Sono stati istituiti alcuni checkpoint in cui l’esercito libanese fornisce indicazioni alla popolazione, soprattutto riguardo alla pericolosità di bombe inesplose che potrebbero essere trovate vicino alle abitazioni.

Molti degli sfollati che sono rientrati nelle città e nei quartieri che avevano abbandonato hanno trovato una situazione drammatica, con intere zone completamente distrutte. Nonostante l’entità dei danni e le notevoli perdite fra i propri miliziani e dirigenti accumulate in questi mesi, da martedì sera Hezbollah sta descrivendo l’accordo per il cessate il fuoco come una “vittoria”, sostenendo di aver mantenuto i propri arsenali di missili, droni e razzi e le proprie capacità di “resistenza”.

La maggior parte degli analisti descrive invece Hezbollah come particolarmente debole in questo momento: la sua prima esigenza è rinsaldare o recuperare il sostegno della popolazione. Fonti citate da Reuters dicono che il movimento ha finanziato con l’equivalente di 2-300 euro al mese molte delle famiglie sfollate, ma ora dovrà sostenere le grandi spese per la ricostruzione.

Trovare i fondi necessari sarà complesso: il Libano vive una profonda crisi economica da alcuni anni, anche prima dell’inizio di quest’ultima guerra; l’Iran, finanziatore di Hezbollah, è a sua volta in un momento di difficoltà economiche; nel 2006, dopo l’ultima guerra fra Hezbollah e Israele, 5 miliardi di dollari per la ricostruzione arrivarono da Qatar, Kuwait e Arabia Saudita, un finanziamento che attualmente non sembra replicabile, pari a più di un quinto del PIL attuale del paese.

Mercoledì e giovedì nelle zone del sud del Libano in cui è rientrata la popolazione sono state esposte bandiere di Hezbollah e in alcuni casi ci sono stati anche dei festeggiamenti, con spari in aria in segno di vittoria.