Questo è un alfabeto?

Se così fosse sarebbe il più antico che conosciamo, inciso su dei pezzetti di argilla del 2400 a.C. ritrovati in Siria

Un'immagine di uno dei reperti (Glenn Schwartz, Università John Hopkins)
Un'immagine di uno dei reperti (Glenn Schwartz, Università John Hopkins)
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Esattamente vent’anni fa, nel sito archeologico di Umm el-Marra, a circa 50 chilometri dalla città siriana di Aleppo, un gruppo di archeologi scoprì una tomba. Al suo interno c’erano sei scheletri, alcuni utensili da cucina, gioielli, una punta di lancia, dei contenitori e alcuni oggetti apparentemente meno pregiati: quattro pezzetti di argilla, più o meno della dimensione di un dito.

Su questi, però, erano incisi dei simboli che secondo quanto sostengono oggi quei ricercatori potrebbero appartenere al primo alfabeto della storia a noi noto, di molto precedente a quello che fino a oggi abbiamo ritenuto tale. Se la scoperta fosse confermata, cambierebbe quello che sappiamo su come si è diffuso questo sistema di scrittura, oggi tra i più usati al mondo, e sul luogo in cui è nato.

Il passaggio al sistema alfabetico fu uno dei momenti più importanti nella storia della scrittura: se i sistemi geroglifico o cuneiforme utilizzavano simboli per rappresentare sillabe, parole o interi concetti, quelli alfabetici li usavano per rappresentare i fonemi, cioè i suoni. Questo permise di semplificare molto il metodo di scrittura perché ridusse il numero di simboli necessari: diventò più facile memorizzarli e quindi imparare a scrivere. Oggi la maggior parte dei sistemi alfabetici ha tra i 20 e i 40 simboli, mentre per esempio il sistema geroglifico ne aveva all’incirca 700.

Utilizzando la tecnica della datazione al radiocarbonio, che permette di collocare un reperto nel tempo, gli scienziati hanno stabilito che i reperti trovati nel 2004 a Umm el-Marra risalgano al 2400 a.C., cioè circa 500 anni prima rispetto a quello che finora abbiamo ritenuto il primo sistema di scrittura alfabetico, quello proto-sinaitico. Quest’ultimo si ritiene sia stato inventato all’incirca nel 1900 a.C. nella penisola del Sinai, oggi una regione dell’Egitto che confina a est con Israele. Il proto-sinaitico utilizzava gli stessi simboli dell’alfabeto geroglifico, ma sotto forma di lettere.

Un’immagine di uno dei reperti (Glenn Schwartz, Università John Hopkins)

Anche se la scoperta dei reperti è del 2004, è solo in questi giorni che l’archeologo Glenn Schwartz, che ha seguito lo studio da allora e ha già pubblicato due ricerche al riguardo, ha presentato le sue conclusioni a un importante evento di archeologia a Boston, negli Stati Uniti. In questa occasione Schwartz ha descritto quelle che secondo lui sono le prove che quelle ritrovate sui pezzetti di argilla a Umm el-Marra siano proprio lettere di un sistema alfabetico, e solo ora è riuscito a convincere i colleghi della solidità della sua ipotesi.

I reperti sono spessi più o meno un centimetro e lungi circa 5. Su di essi sono incisi 11 simboli in totale, alcuni dei quali sono ripetuti più volte; due di questi hanno la stessa sequenza e finiscono con lo stesso simbolo: sono queste le principali caratteristiche che secondo Schwartz fanno pensare proprio a un alfabeto. Finora si riteneva che i primi utilizzatori del sistema alfabetico vivessero nell’antico Egitto, mentre la scoperta di questi reperti nell’attuale Siria suggerisce che anche altre popolazioni potessero utilizzarlo nello stesso periodo, e forse anche in precedenza. È comunque noto che le popolazioni di quelle regioni avessero forti legami commerciali, e si ritiene che anche in Medio Oriente conoscessero la scrittura geroglifica da cui derivano le prime forme alfabetiche.

La teoria dei ricercatori di Baltimora e Amsterdam è che i pezzetti di argilla fossero usati come targhette, perché su di essi sono stati trovati dei fori probabilmente usati per appenderle. Potevano indicare il contenuto dei vasi in terracotta, la loro provenienza oppure il proprietario. Dal momento che i simboli non appartengono a nessuna lingua nota, e che ne sono stati ritrovati solo 11, decifrarli con certezza non è possibile.

Tuttavia Schwartz li ha messi a confronto con i caratteri utilizzati dalle popolazioni che parlavano le lingue semitiche occidentali (cioè le antiche forme di aramaico, ebraico e arabo) e ha ipotizzato che le lettere rappresentate possano corrispondere alle nostre a, i, k, l, n, s e y. Sulla base di questa codificazione su una delle targhette potrebbe esserci scritto un nome proprio (“Sillunu” nel nostro alfabeto) che era già stato ritrovato in un antico testo siriano e che deriva dalla parola roccia.