Alla fine il Partito Popolare ha stravinto
Ha metà dei commissari, la presidenza della Commissione europea e del Parlamento e ha fatto approvare la nomina di Raffaele Fitto, senza rinunciare del tutto ai Verdi: bingo
Il Partito Popolare Europeo (PPE, di centrodestra) è il gruppo politico europeo che è uscito meglio dai negoziati che hanno portato alla formazione della nuova Commissione Europea, che martedì ha ricevuto l’approvazione del Parlamento Europeo ed entrerà in carica il 1° dicembre.
I 26 componenti della Commissione erano stati annunciati dalla presidente Ursula von der Leyen a metà settembre. Da quel momento, ma anche da prima in realtà, sono iniziate trattative tra tutti i partiti e i gruppi politici del Parlamento Europeo, che avrebbe dovuto approvare la Commissione a maggioranza semplice. Il PPE è il gruppo più numeroso al Parlamento (ha 188 deputati su 720), e ora si è confermato essere anche il più rilevante in termini di incarichi: esprime 13 commissari, oltre alla presidente della Commissione (von der Leyen) e alla presidente del Parlamento, Roberta Metsola.
«La mia maggioranza, se posso chiamarla così, sta diventando realtà», aveva detto martedì il leader del PPE, Manfred Weber, durante una conferenza stampa a Strasburgo. Poco prima del voto del Parlamento, Weber aveva anche pubblicato una foto di lui, Metsola e von der Leyen, per festeggiare (in anticipo) la futura entrata in carica della Commissione «guidata dal PPE».
Uno dei successi principali dei Popolari è stata la conferma della nomina a commissario e vicepresidente di Raffaele Fitto, esponente di Fratelli d’Italia e quindi del gruppo europeo di estrema destra Conservatori e Riformisti (ECR). In questo modo il PPE ha confermato di essere disposto a collaborare con il gruppo almeno in alcune occasioni nel corso della legislatura, che durerà fino al 2029.
L’approvazione della nomina di Fitto era stata tra i punti più controversi dei negoziati: il PPE era favorevole, mentre i Socialdemocratici (S&D) e i Verdi erano contrari a qualsiasi collaborazione con l’estrema destra. Allo stesso tempo, almeno una parte del PPE si era opposta alla nomina di Teresa Ribera, che fino a pochi giorni fa era ministra alla Transizione ecologica in Spagna ed era stata parecchio criticata dal Partito Popolare spagnolo (membro del PPE) per la gestione delle alluvioni a Valencia di inizio novembre.
Si era quindi creato uno stallo dovuto a veti incrociati: il PPE non voleva confermare Ribera, mentre i Socialisti e i Verdi non volevano confermare Fitto. Alla fine, entrambi hanno ceduto e la Commissione è stata approvata con la composizione inizialmente proposta.
Questo ha favorito soprattutto il PPE, che di fatto ha rotto il “cordone sanitario”, ossia l’accordo informale che impegna i partiti europeisti a non allearsi con quelli di estrema destra. Lo spostamento a destra del gruppo era comunque già iniziato nella scorsa legislatura: i Popolari avevano votato con l’estrema destra contro la Nature Restoration Law, un importante insieme di norme per la tutela dell’ambiente (che però alla fine era stato approvata). Anche qualche settimana fa hanno votato insieme ad altri gruppi di destra ed estrema destra per il rinvio di una legge sulla deforestazione.
Pur collaborando con ECR, il PPE è riuscito a garantire alla Commissione anche il sostegno di almeno parte dei Verdi. Inizialmente il gruppo si era detto contrario alla nomina di Fitto e a qualsiasi apertura a destra, ma le cose sono parzialmente cambiate negli ultimi giorni di trattative, forse anche grazie ad alcune decisioni non casuali del Partito Popolare. Tra le altre cose il 25 novembre, proprio il giorno in cui i Verdi si sono riuniti per decidere come votare la Commissione, von der Leyen ha nominato l’ex parlamentare dei Verdi Philippe Lamberts come consulente per il clima.
Il gruppo è rimasto indeciso fino all’ultimo, e alla fine si è diviso: su 52 europarlamentari dei Verdi presenti, 27 hanno votato a favore della Commissione, 19 contro e 6 si sono astenuti. Seppure con vari voti contrari da parte di tutti i gruppi, la Commissione è complessivamente stata sostenuta dal PPE, dai Socialisti e dai liberali di Renew, e da una parte dei Verdi e di ECR.
È un notevole spostamento a destra negli equilibri delle istituzioni. A luglio la nomina di von der Leyen era stata approvata dal Parlamento Europeo con 401 voti favorevoli, espressi principalmente da esponenti del PPE, di S&D, di Renew e dei Verdi. Ora i Verdi si sono divisi, ma i loro voti sono stati in parte sostituiti da quelli di ECR. Anche a causa di queste divisioni interne, la nuova Commissione è stata approvata con il 53,8 per cento dei consensi (370 su 688 presenti), la maggioranza più risicata di sempre.