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  • Giovedì 28 novembre 2024

La legge di bilancio sta diventando un problema serio per il governo francese

Per approvarla ha bisogno dei voti del Rassemblement National, il partito di Marine Le Pen, che però ha detto di avere altre intenzioni

Il primo ministro francese Michel Barnier a ottobre del 2024 (AP Photo/Thibault Camus)
Il primo ministro francese Michel Barnier a ottobre del 2024 (AP Photo/Thibault Camus)
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Nell’ultima settimana Marine Le Pen, la leader del partito di estrema destra francese Rassemblement National (RN), ha minacciato di non votare la discussa e austera legge di bilancio per il 2025 presentata dal governo di minoranza guidato dal primo ministro Michel Barnier, membro dei Repubblicani, partito di centrodestra. Senza i voti di RN, il governo non ha i numeri in parlamento per approvare la legge. Le Pen ha detto peraltro di prendere in considerazione la possibilità di votare una mozione di sfiducia, prospettando quindi la caduta del governo dopo pochi mesi dal suo insediamento.

Quello della legge di bilancio è diventato un serio problema per il governo di Barnier, sia politico che economico. L’assenza di un bilancio approvato per il 2025 costringerebbe il governo francese a entrare in esercizio provvisorio, una situazione simile a quello che prevede anche la legge italiana: il prossimo anno la spesa pubblica sarebbe cioè sottoposta a una sorta di tetto, che non consentirebbe sicuramente di coprire tutte le esigenze dello stato, dal pagamento degli stipendi dei dipendenti pubblici all’erogazione dei servizi e delle pensioni.

Il guaio politico ed economico sta diventando anche finanziario. Da settimane i titoli di stato francesi – cioè quegli strumenti finanziari con cui lo stato si fa prestare i soldi dagli investitori – hanno mostrato tassi di interesse che non si vedevano da anni: il tasso di interesse è una buona misura di quanto gli investitori giudichino rischioso un debitore, e per quelli che considerano più a rischio viene chiesto un tasso più alto. Si vede bene anche dallo “spread”, cioè la differenza tra i tassi dei titoli di stato francesi e quelli dei titoli tedeschi (considerati a rischio nullo, e per questo usati come paragone): mercoledì ha superato gli 80 punti, raggiungendo il livello più alto dal 2012, quando però era in corso la grave crisi dell’euro e dei debiti sovrani.

– Leggi anche: Ripassiamo: cos’era quindi lo spread?

Lo spread era comunque in aumento già dall’estate, a causa di una situazione abbastanza critica dei conti pubblici francesi, motivo per cui il governo ha proposto una legge di bilancio di risanamento e che trova grandi resistenze politiche. Oggi la Francia è il paese europeo con la spesa pubblica più elevata in relazione al PIL, anche a causa della pandemia e della crisi energetica. I grossi aumenti di spesa degli ultimi anni non sono stati bilanciati da un aumento delle entrate fiscali e questo ha portato a un notevole aumento del debito pubblico francese: all’inizio del 2020 era del 98 per cento del PIL, mentre secondo le previsioni nel 2025 dovrebbe essere del 114 per cento.

Quest’anno le regole europee sui conti pubblici – che erano state sospese durante la pandemia – sono tornate in vigore e la Commissione Europea ha (nuovamente) raccomandato l’apertura di una procedura per deficit eccessivo contro la Francia.

Il limite imposto dalle regole dell’Unione Europea prevede che il deficit, cioè la differenza tra entrate e spese dello Stato che contribuisce ad aumentare il debito pubblico, rimanga sotto la soglia del 3 per cento del PIL. Barnier ha già detto che alla fine di quest’anno il deficit sarà del 6,1 per cento e che la legge di bilancio prevede di farlo scendere al 5 nel 2025. Per riuscirci il governo ha preparato una legge che prevede di risparmiare 40 miliardi di euro attraverso dei tagli alla spesa pubblica e aumenti delle tasse.

Le misure proposte dal governo sono molto impopolari e non piacciono né alla sinistra del Nuovo Fronte Popolare né all’estrema destra del Rassemblement National. Per questo motivo Barnier rischia di non riuscire a ottenere i voti necessari per approvare la legge all’Assemblea nazionale, la camera bassa del parlamento francese: l’attuale governo è sostenuto da una coalizione di minoranza composta dal partito di Emmanuel Macron, Renaissance, e dal partito dei Repubblicani, di cui fa parte lo stesso Barnier.

Visto che la sinistra non è mai stata disponibile a collaborare con Barnier, era chiaro sin dall’inizio che per far passare in parlamento la legge di bilancio il governo avrebbe avuto bisogno del sostegno del RN.

Ora che Le Pen ha minacciato di non votare la legge, Barnier ha detto che il bilancio per l’anno prossimo sarà probabilmente approvato tramite il ricorso al comma 3 dell’articolo 49 della Costituzione, che consente al primo ministro di approvare un testo di legge in materia finanziaria senza passare da una votazione parlamentare.

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Lunedì Le Pen ha incontrato Barnier per provare a convincerlo a modificare alcune delle misure contenute nella legge di bilancio – come per esempio l’aumento della tassa sull’elettricità – che sono considerate impopolari tra l’elettorato di RN. Ha poi cercato anche di spostare i tagli previsti nel nuovo bilancio, proponendo ad esempio di eliminare i servizi sanitari per gli immigrati irregolari. Durante il colloquio Barnier non avrebbe accolto queste proposte, e a quel punto Le Pen ha detto di non essere intenzionata a votare a favore della legge di bilancio, definendo la questione sull’aumento della tassa sull’elettricità come una “linea rossa” per il suo partito.

Anche il Rassemblement National si trova in una situazione abbastanza complicata: la possibilità di continuare a sostenere il governo di minoranza senza farne parte permetterebbe a Le Pen di avere una notevole influenza su Barnier, spingendolo a promuovere misure apprezzate dal suo partito e in generale dai suoi elettori. Al contrario, se i deputati di RN votassero una mozione di sfiducia si priverebbero della possibilità di far passare le loro proposte in parlamento.

Per riuscire a sfiduciare il governo, poi, RN dovrebbe allearsi momentaneamente con la coalizione di sinistra. Un voto combinato della sinistra e dell’estrema destra per far cadere un governo sarebbe un evento piuttosto inedito nella politica francese: non è scontato che Le Pen sia realmente disposta a farlo, a maggior ragione in questo specifico caso, in cui il voto di sfiducia porterebbe alla caduta del governo più di destra dell’ultimo decennio.

Marine Le Pen a ottobre 2024 (AP Photo/Thibault Camus)

Nel frattempo il Nuovo Fronte Popolare ha già detto che presenterà una mozione di sfiducia. In particolare, i partiti che lo compongono sembrano intenzionati a votare la sfiducia in modo compatto nel caso in cui Barnier ricorresse effettivamente all’articolo 49 per approvare la legge di bilancio.

Il successo o meno della mozione dipende però dalle tempistiche con cui verrà presentata: una mozione presentata prima dell’approvazione della legge di bilancio rischia di ricevere meno sostegno. Al contrario, se Barnier passasse la legge di bilancio senza coinvolgere il parlamento la mozione di sfiducia avrebbe più probabilità di essere approvata e di far cadere il governo.

In questo momento non è chiaro se Marine Le Pen faccia sul serio o se le sue dichiarazioni siano soltanto un modo per ricattare il governo e convincerlo a ritrattare alcune misure della legge di bilancio. In ogni caso sembra che la sua strategia stia in parte funzionando, visto che giovedì mattina Barnier ha dichiarato che la legge di bilancio non porterà a un aumento della tassa sull’elettricità.

La circostanza più preoccupante si presenterebbe nel caso in cui i partiti all’opposizione sfiduciassero il governo prima che sia riuscito a passare la legge di bilancio. In questo caso la Francia rimarrebbe senza un governo in grado di approvare un piano finanziario per il 2025. L’ipotesi peggiore, sollevata anche dallo stesso Barnier, è che ciò inneschi una crisi del debito sovrano francese, che avrebbe a sua volta delle gravi conseguenze sui mercati finanziari e sugli altri paesi dell’Eurozona.

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