Drake vuole portare in tribunale il suo bisticcio con Kendrick Lamar

Ha accusato Spotify e Universal di aver gonfiato gli ascolti di una canzone che il rapper americano aveva pubblicato per insultarlo, ma con argomentazioni deboli

(Amy Sussman/Getty Images)
(Amy Sussman/Getty Images)
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Lunedì Frozen Moments, una società di proprietà del rapper canadese Drake, ha accusato l’etichetta discografica Universal e la piattaforma di streaming Spotify di aver collaborato per gonfiare gli ascolti di “Not Like Us”, una canzone che il collega Kendrick Lamar aveva pubblicato lo scorso maggio nell’ambito di un beef (una rivalità tra rapper), attirando estesissime attenzioni. Non si tratta di un vero e proprio procedimento legale, ma di una petizione, ossia un atto con cui una parte informa l’altra di possedere abbastanza elementi per presentare una causa formale.

Lo stesso giorno, Drake ha depositato a suo nome un’altra petizione nei confronti di Universal in un tribunale del Texas in cui, tra le altre cose, ha accusato l’etichetta di aver contribuito a diffamarlo attraverso la pubblicazione di “Not Like Us”, dato che in un verso della canzone il rapper canadese viene definito un «pedofilo certificato». Le accuse di Drake sono arrivate tre giorni dopo l’uscita di GNX, l’ultimo disco di Lamar, pubblicato a sorpresa lo scorso 22 novembre.

In particolare, secondo Drake, Universal avrebbe ridotto del 30 per cento le pretese sulle royalties (i pagamenti corrisposti alle etichette sulla base del numero di ascolti) di “Not Like Us”, chiedendo in cambio a Spotify di consigliare la canzone agli utenti. Poi avrebbe pagato società terze per fare «aumentare artificialmente» gli ascolti della canzone sfruttando dei bot, adottando la pratica cosiddetta del bot listening (o ascolto artificiale), vietata dal regolamento di Spotify.

Sempre secondo l’accusa, Universal avrebbe pagato Apple per far sì che Siri, il suo assistente vocale, «ingannasse di proposito gli utenti». A sostegno di questa tesi, Frozen Moments ha citato un articolo di Vibe pubblicato a luglio in cui si sosteneva che Siri facesse suonare “Not Like Us” ogni volta che un utente chiedeva di ascoltare una qualunque canzone di Certified Lover Boy, uno dei dischi più famosi di Drake.

Infine, nella petizione depositata in Texas, oltre alla presunta diffamazione, Drake ha accusato Universal di aver pagato iHeartRadio, una popolare emittente radiofonica statunitense, per promuovere la canzone, adottando una pratica illegale che negli Stati Uniti è nota come payola. Al momento, su Spotify “Not Like Us” ha superato i 900 milioni di ascolti, mentre “Family Matters”, una canzone che Drake aveva pubblicato in quel periodo nell’ambito del beef con Lamar, poco più di 120 milioni.

Un portavoce della Universal ha detto che considera le accuse «offensive», dato che l’etichetta non rappresenta soltanto Lamar, ma anche lo stesso Drake. Di conseguenza, ha aggiunto, «accusare Universal di aver danneggiato uno qualsiasi dei suoi musicisti a discapito di un altro è falso», e «nessuna delle argomentazioni artificiose e assurde» presentate da Drake può nascondere «la verità, ossia che, alla fine, gli utenti scelgono la musica che vogliono ascoltare».

Diversi addetti ai lavori hanno considerato le accuse di Drake poco consistenti. Per esempio, Rolling Stone ha fatto esaminare i documenti presentati da Frozen Moments a Brian Zisook, fondatore del servizio di streaming Audiomack, e a due avvocati specializzati in casi relativi all’industria dell’intrattenimento.

In relazione alla presunta diffamazione, tutti hanno concordato sul fatto che l’accusa di Drake sia piuttosto fragile, dato che è avvenuta nel contesto di un beef, e quindi di una pratica in cui gli insulti, anche quelli più pesanti, sono largamente accettati, e anzi, rappresentano l’elemento essenziale del confronto. Secondo gli avvocati, la posizione di Drake è ulteriormente indebolita dal fatto che è stato lui stesso a voler partecipare al beef, pubblicando diverse canzoni che contenevano offese piuttosto esplicite nei confronti di Lamar. Zisook ha detto che, con ogni probabilità, l’iniziativa di Drake si rivelerà controproducente, dato che non farà altro che aumentare gli ascolti di “Not Like Us”. Zisook ha citato a questo proposito il cosiddetto “effetto Streisand”, ossia il meccanismo per cui il tentativo di censurare o nascondere un’informazione finisce per provocarne invece un’ulteriore diffusione.

Gli avvocati hanno anche evidenziato che, per Drake, sarebbe poi complicato provare eventuali payola: per riuscirci, i suoi legali dovrebbero infatti presentare un «documento cartaceo» che dimostri che iHeartRadio abbia acconsentito a trasmettere molte volte “Not Like Us” in cambio di denaro o regali, ma nessuno sarebbe «talmente sprovveduto» da lasciare tracce del genere. Infine, secondo gli avvocati costringere Universal a presentare dei documenti sul bot listening potrebbe ritorcersi contro lo stesso Drake, dato che «è probabile che molti musicisti, Drake incluso, abbiano beneficiato [dei bot] senza che ne fossero a conoscenza».

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L’iniziativa di Drake ha ispirato molte discussioni sui social network: diversi utenti, in particolare quelli che hanno una certa dimestichezza con i linguaggi e le liturgie dell’hip hop, hanno accusato Drake di aver pianificato il tutto per distogliere l’attenzione dal successo di GNX. Altri hanno ironizzato sulla stessa opportunità di minacciare un’azione legale, sostenendo che in questo modo Drake abbia rovinato la sua street credibility, termine che indica quella forma di rispetto che i rapper si vantano spesso di aver guadagnato “per strada”, e che prevede che eventuali screzi debbano essere risolti senza ricorrere a vie legali.

Da anni Drake e Lamar sono tra i rapper più famosi al mondo, seppure abbiano avuto carriere molto diverse: il primo ha sempre fatto musica più commerciale e da classifica, il secondo ha raggiunto un enorme successo di pubblico pur facendo un hip hop considerato “alto” e intellettuale, che gli è valso estesi riconoscimenti dalla critica e, tra le altre cose, anche un premio Pulitzer nel 2018. Anche se i rapper sono abituati a insultarsi a vicenda (“dissarsi”, in gergo) è piuttosto inusuale, in tempi recenti, che a farlo siano due così famosi, e con questa intensità e questo impegno.

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