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  • Mercoledì 27 novembre 2024

Il più inatteso dei ritorni di Juan Martín Del Potro, alle Olimpiadi del 2016

Ci arrivò dopo quasi due anni di assenza dal tennis e sceso ormai alla posizione 1.045 in classifica, ma batté sia Djokovic che Nadal

L'esultanza di Del Potro dopo la vittoria contro Nadal nella semifinale olimpica del 2016 (Mouhtaropoulos/Getty Images)
L'esultanza di Del Potro dopo la vittoria contro Nadal nella semifinale olimpica del 2016 (Mouhtaropoulos/Getty Images)
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Domenica 1 dicembre a Buenos Aires il tennista argentino Juan Martín Del Potro giocherà contro Novak Djokovic la sua partita di addio al tennis, anche se di fatto la sua carriera è già finita e dopo il 2019 non ha quasi mai giocato: l’ultima volta lo fece nel febbraio del 2022, sempre a Buenos Aires, contro Federico Delbonis, e alla fine disse che quella era stata la sua ultima partita nel circuito. Lo fu, in effetti, perché quella con Djokovic non avrà valore ai fini delle classifiche ufficiali.

Del Potro ha 36 anni e a inizio settimana ha condiviso sui social network un lungo ed emozionante video in cui racconta le sofferenze che ha patito a causa dei gravi e ripetuti infortuni e delle tante operazioni chirurgiche alle quali si è sottoposto: ha detto di avere dolore alle gambe quasi in ogni momento della giornata, che fa fatica a salire le scale, a correre, a dormire; che prende tra le 6 e le 8 medicine al giorno.

Negli ultimi anni si è operato quattro volte al ginocchio: si fece male la prima volta nel 2018 e non è mai riuscito a recuperare del tutto. In precedenza, problemi cronici ai polsi avevano condizionato la prima parte della sua carriera. A causa di tutti questi infortuni, Del Potro ha spesso alternato periodi in cui per mesi non riusciva nemmeno a giocare, ad altri in cui ha giocato ad altissimo livello e in cui si è dimostrato uno dei tennisti più forti e talentuosi della sua generazione, tra i pochissimi in grado di competere con i cosiddetti Big Three (Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic).

È sufficiente guardare il suo andamento nella classifica mondiale dei tennisti per capire quanto altalenante sia stata la sua carriera: considerando la posizione occupata nel ranking alla fine dell’anno, è stato nono a fine 2008, quinto nel 2009, 258esimo nel 2010, undicesimo nel 2011, settimo nel 2012, di nuovo quinto nel 2013, 137esimo nel 2014 e addirittura 590esimo nel 2015; nel 2016 ha chiuso 38esimo, nel 2017 undicesimo e nel 2018 di nuovo quinto, per poi riscendere a 137esimo nel 2019, 157esimo nel 2020 e oltre il 700esimo posto negli anni successivi. La cosa forse più eccezionale e sorprendente di Del Potro è stata la capacità di tornare per almeno tre volte ai livelli più alti in assoluto dopo momenti nei quali gli infortuni sembravano aver compromesso la sua carriera.

In questo senso il torneo giocato nel 2016 alle Olimpiadi di Rio de Janeiro e la successiva Coppa Davis sono il più imprevisto e spettacolare tra i ritorni di Del Potro.

Forse un grafico è più chiaro (ATP Tour)

Nel 2016 Del Potro aveva 27 anni e ne aveva già viste tante. Cominciò a farsi notare nel 2008, vincendo i suoi primi quattro tornei ATP consecutivi grazie a 22 vittorie di fila. Nel 2009 si affermò definitivamente con il successo agli US Open, uno dei quattro tornei del Grande Slam, i più importanti del tennis: in semifinale batté Rafael Nadal per 3 set a 0 mentre in finale, dopo una spettacolare partita di oltre quattro ore, vinse con il punteggio di 3-6, 7-6, 4-6, 7-6, 6-2 contro Roger Federer, vincitore delle precedenti cinque edizioni del torneo. Del Potro interruppe così una serie di 18 tornei consecutivi del Grande Slam, i più prestigiosi nel tennis, vinti da uno tra Federer, Nadal e Djokovic. Fu una vittoria in parte inaspettata, che dimostrò il talento di Del Potro, un tennista fisicamente imponente (è alto 1 metro e 98) e molto completo, con un ottimo servizio e soprattutto un dritto tra i più potenti, efficaci ed esteticamente appaganti mai visti nel circuito.

Già in quegli anni erano però cominciati per lui i problemi ai polsi, prima al destro e poi al sinistro, che si aggravarono per la prima volta nel 2010 e, dopo tre stagioni positive, peggiorarono ulteriormente tra il 2014 e il 2015. In quel periodo Del Potro si operò tre volte al polso sinistro e praticamente non giocò per quasi due anni. Tornò in campo nel febbraio del 2016 quando era il numero 1.045 nel ranking mondiale (a causa della lunga assenza, aveva perso quasi tutti i punti): giocò alcune buone partite nella prima parte dell’anno, ma arrivò alle Olimpiadi del 2016 senza grandi ambizioni, soprattutto perché al primo turno era stato sorteggiato contro Novak Djokovic.

I momenti decisivi della finale degli US Open del 2009, vinta da Del Potro contro Federer

Tra gennaio e luglio del 2016 Djokovic aveva vinto due tornei del Grande Slam (Australian Open e Roland Garros) e quattro Masters 1000, i secondi per importanza. Era il numero 1 al mondo e il principale favorito per la vittoria delle Olimpiadi, uno dei pochi titoli che ancora gli mancavano; nulla, insomma, lasciava intendere che dopo due anni di inattività l’argentino potesse creargli problemi. Del Potro giocò invece una partita eccezionale, vincendo in due set (entrambi 7-6 al tie break) dopo aver totalizzato 41 vincenti, cioè colpi che chiudono il punto senza che l’avversario possa toccare la pallina: è un numero elevatissimo per una partita giocata in due set, soprattutto se si considera che giocava contro uno dei migliori tennisti di sempre a difendere e recuperare. Djokovic giocò bene, ma Del Potro ancora meglio, tornando di punto in bianco a un livello che era difficile da immaginare.

Eurosport elogiò il «tennis celestiale» dell’argentino e definì la partita «la monumentale recita di Del Potro, semplicemente ingiocabile all’Olympic Tennis Centre di Rio con un dritto capace di seminare più danni della grandine». Lo stesso Del Potro fu sorpreso di come giocò: in un’intervista dopo la vittoria si disse stupito della sua prestazione e raccontò che prima della partita sperava solo di non perdere in maniera troppo netta. Djokovic definì invece quella «una delle sconfitte più dolorose della mia vita», complimentandosi comunque con l’avversario (e amico): «Delpo è stato il giocatore migliore e ha meritato di vincere», disse. Già nel 2012 Del Potro aveva battuto Djokovic alle Olimpiadi di Londra nella finale per il bronzo giocata a Wimbledon.

Una delle migliori partite giocate da Del Potro, quando pochi se lo aspettavano

La vittoria contro Djokovic diede fiducia a Del Potro, che poi nello stesso torneo batté il portoghese João Sousa, il giapponese Taro Daniel e lo spagnolo Roberto Bautista Agut, qualificandosi per la semifinale contro Rafael Nadal. Del Potro e Nadal sono stati molto diversi come tennisti, ma simili per il modo in cui affrontavano le partite e in generale si approcciavano al tennis con grinta, capacità di entusiasmare i tifosi e un’eccezionale tenacia nel riprendersi dagli infortuni più gravi. Anche Nadal si presentò a quelle Olimpiadi in condizioni tutt’altro che perfette, visto che in diversi tornei giocati nei mesi precedenti era stato costretto a ritirarsi. Era comunque il portabandiera della Spagna ai Giochi e già uno dei tennisti migliori di tutti i tempi, e di conseguenza anche il favorito di quella partita. Il giorno prima della semifinale aveva vinto la medaglia d’oro nel doppio maschile in coppia con Marc López.

Come contro Djokovic però Del Potro, sostenuto dai tantissimi tifosi argentini presenti, giocò al suo meglio e vinse al terzo e decisivo set, perdendo il primo 7-5 e vincendo gli altri due 6-4, 7-6. Fu una partita ancor più dura e spettacolare di quella contro Djokovic, molto apprezzata da commentatori e appassionati per come entrambi i tennisti si spinsero fino al limite delle loro possibilità. Un giornalista di Tennis Magazine la definì «una finestra su cosa sarebbe stato il tennis se Nadal e Del Potro fossero stati in salute tutti questi anni».

Un dritto di Del Potro durante la semifinale vinta contro Rafael Nadal (Clive Brunskill/Getty Images)

Nella finale delle Olimpiadi, che nel 2016 si giocava ancora al meglio dei cinque set, Del Potro trovò lo scozzese Andy Murray, campione olimpico in carica dopo la vittoria di quattro anni prima a Londra. I due si affrontarono per oltre quattro ore e alla fine vinse Murray al quarto set con il punteggio di 7-5, 4-6, 6-2, 7-5; Del Potro vinse quindi la medaglia d’argento. «Non ho mai pianto così tante volte in così pochi giorni. Torno in Argentina con una medaglia. Sul campo ho lasciato tutto: è stata la settimana più importante della mia carriera, meglio di quando ho vinto gli US Open», disse dopo la partita, mentre il pubblico (persino quello brasiliano, una cosa inusuale considerando la storica rivalità sportiva con gli argentini) continuava a intonare cori per lui.

L’eccezionale settimana olimpica di Del Potro, nonostante la sconfitta in finale, fu un modo per dimostrare un’altra volta che la sua carriera non era finita; due anni dopo, nel 2018, avrebbe vinto il suo primo Masters 1000 (a Indian Wells) e raggiunto la sua miglior posizione nel ranking, il terzo posto, prima che una disastrosa sequenza di infortuni alle ginocchia compromettesse la sua carriera, questa volta permanentemente.

L’argento di Rio fu anche il risultato che lo rese ancora più popolare in Argentina. Grazie soprattutto a lui, il tennis divenne uno sport seguitissimo, un po’ com’è successo quest’anno in Italia grazie ai risultati di Sinner e degli altri tennisti e tenniste italiane: nella biografia Juan Martin del Potro: The Gentle Giant, il giornalista Sebastián Torok scrive che tanti argentini e argentine cominciarono o ripresero a giocare a tennis dopo le Olimpiadi del 2016. E quell’anno ancora doveva giocarsi la fase finale della Coppa Davis, con la quale Juan Martín Del Potro diventò uno degli sportivi più amati e apprezzati del paese, alla pari se non ancor più dei calciatori.

Del Potro con la bandiera argentina e la medaglia d’argento (Clive Brunskill/Getty Images)

Fino a quel momento l’Argentina non aveva mai vinto la Coppa Davis, la principale competizione maschile a squadre per nazionali (quella che l’Italia ha appena vinto per la seconda volta consecutiva): nel 2008 e nel 2011, con Del Potro tra i partecipanti, era arrivata per due volte seconda. Prima delle Olimpiadi del 2016, quando ancora non era chiaro in che condizioni fosse, Del Potro aveva giocato e vinto una partita di doppio assieme a Guido Pella contro gli italiani Fabio Fognini e Paolo Lorenzi. In quegli anni la Coppa Davis aveva un formato diverso: le sfide tra le nazionali si decidevano al meglio delle cinque partite, e le stesse partite si giocavano su 5 set (oggi è tutto più snello).

Dopo le prestazioni alle Olimpiadi, Del Potro tornò a essere centrale nella Nazionale argentina. Nella semifinale affrontò Andy Murray per due volte, in singolare e in doppio, e vinse in entrambi i casi. La partita di singolare fu la più lunga che giocò in carriera: durò 5 ore e 12 minuti e Del Potro si prese la rivincita della finale olimpica con il punteggio di 6-4, 5-7, 6-7, 6-3, 6-4.

Grazie soprattutto alle due vittorie di Del Potro, l’Argentina batté 3-2 la Gran Bretagna e si qualificò per la finale contro la Croazia. A fine novembre Del Potro giocò altre due partite estenuanti e rimaste storiche, battendo Ivo Karlovic in quattro set e Marin Cilic in cinque, dopo aver perso i primi due, con il punteggio di 6-7, 2-6, 7-5, 6-4, 6-3: l’Argentina batté 3-2 la Croazia e vinse la sua prima (e finora unica) Coppa Davis della storia. Fu la degna conclusione del 2016 di Del Potro, che soprattutto nelle partite con la Nazionale diede prova del suo talento e della sua caparbietà.