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  • Mercoledì 27 novembre 2024

C’è stata una grossa operazione contro lo streaming illegale

È stata smantellata un'organizzazione criminale che offriva contenuti illegalmente a 22 milioni di utenti in Italia e in Europa

La centrale operativa della polizia postale a Roma (Alessandro Di Meo/Ansa)
La centrale operativa della polizia postale a Roma (Alessandro Di Meo/Ansa)
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La procura di Catania, insieme alle agenzie internazionali Europol ed Eurojust, ha coordinato una grossa operazione transnazionale contro un’organizzazione criminale che offriva contenuti in streaming illegalmente a 22 milioni di utenti. È una delle più grandi operazioni fatte finora per questo genere di inchieste in Italia e in Europa. Complessivamente sono stati chiusi migliaia di siti illegali e sequestrati i relativi server, con cui veniva realizzato un giro d’affari di circa 250 milioni di euro al mese.

Ci sono state 89 perquisizioni in quindici regioni italiane e altre 14 in Regno Unito, Paesi Bassi, Svezia, Svizzera, Romania e Croazia. La polizia croata ha arrestato 11 persone. In totale gli indagati sono 102: devono rispondere di violazione del diritto d’autore, accesso abusivo a sistemi informatici, detenzione di codici di accesso e frode informatica.

L’intera operazione è nata da un’indagine di procura e polizia postale di Catania aperta dopo una denuncia di Sky Italia, e si è poi allargata al resto d’Italia e d’Europa. L’indagine era iniziata due anni fa ed era servita a individuare un gruppo di persone che agiva attraverso una rete informatica distribuita in più paesi per vendere segnali televisivi illegali. Nove server utilizzati dal gruppo si trovavano in Romania e a Hong Kong, e sono stati spenti.

Secondo la procura il gruppo captava in modo illegale contenuti protetti dal diritto d’autore usando un sistema di trasmissione dei segnali televisivi attraverso internet, e poi li rivendeva. Tra questi c’erano film, serie tv, documentari di grandi piattaforme italiane e internazionali come Sky, Dazn, Amazon Prime, Mediaset, Netflix, Paramount e Disney+. Secondo quanto ricostruito, per eludere i controlli gli indagati usavano applicazioni di messaggistica crittografata e documenti di identità falsi. Con questi documenti si erano intestati utenze telefoniche, carte di credito e abbonamenti televisivi e usavano social, forum e blog per pubblicizzare la loro offerta di contenuti streaming illegali di eventi sportivi, film e serie tv.

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