Breve storia della fiamma tricolore

Racconti e supposizioni sul simbolo usato da quasi tutti i partiti neofascisti e postfascisti d’Italia, anche dopo lo scioglimento dell'MSI

La presidente del Consiglio e leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni durante il comizio di chiusura della campagna elettorale per le elezioni europee di Fratelli d'Italia a piazza del Popolo, Roma, 1 giugno 2024 (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
La presidente del Consiglio e leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni durante il comizio di chiusura della campagna elettorale per le elezioni europee di Fratelli d'Italia a piazza del Popolo, Roma, 1 giugno 2024 (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
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Nelle ultime settimane si è tornati a parlare della fiamma tricolore che compare nel simbolo di Fratelli d’Italia. Alcuni rappresentanti di quello stesso partito si sono infatti dichiarati favorevoli alla sua cancellazione, altri invece hanno detto di volerla mantenere. Fratelli d’Italia fu fondato nel 2012. L’immagine della fiamma venne inserita nel simbolo due anni dopo, nel 2014: già in quel momento fu una decisione dibattuta a cui si opposero anche alcuni membri del partito. L’immagine è poi stata mantenuta in tutte le successive modifiche del simbolo.

L’immagine della fiamma tricolore non sembra avere dirette connessioni con il ventennio fascista, quando il simbolo più usato era il fascio littorio. Fu però scelta come simbolo dall’MSI, il partito fondato nel 1946 da ex fascisti e membri della Repubblica Sociale Italiana che per quasi cinquant’anni fu il principale rappresentante della destra in parlamento. Il disegno della fiamma fu inserito nel simbolo del partito fin dall’inizio, ma non è chiaro chi lo scelse e per quale motivo.

Secondo alcune versioni il simbolo dell’MSI fu disegnato dallo stesso Giorgio Almirante, ex dirigente del regime fascista e collaborazionista dei nazisti che poi divenne lo storico leader dell’MSI. Il simbolo ricorderebbe la fiamma del distintivo del reggimento degli Arditi, corpo speciale del Regio Esercito italiano che ebbe un ruolo importante nel mito fondativo del fascismo: gli Arditi erano soprannominati “fiamme nere”, ma va detto che c’era la fiamma nel nome anche di altri reparti, come gli Alpini, le “fiamme verdi”.

Giorgio Almirante durante un comizio dell’MSI in piazza Duomo a Milano, 31 maggio 1987 (ANSA/OLDPIX)

Un’altra teoria dice che nel contesto della Costituzione italiana che vietava e vieta «la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista» la fiamma fu scelta come simbolo di sopravvivenza dell’idea, per alcuni imperitura, del fascismo. Il riferimento sarebbe stato esplicitamente alla fiammella mortuaria posta sulla bara di Mussolini custodita nel convento dei frati cappuccini di Cerro Maggiore, in provincia di Milano, prima che venisse trasferita a Predappio.

Si dice anche che per spiegare la scelta del simbolo il napoletano Giovanni Roberti, deputato dell’MSI, avesse citato alcuni versi di Gabriele D’Annunzio: «Solo alla morte l’anima sovrasta/ congiunta ancora al carcere dell’ossa/ come fiamma si radica in catasta». Non solo: sempre secondo alcune teorie il trapezio che racchiudeva la scritta M.S.I (senza il punto dopo la I finale) rappresentava la tomba di Benito Mussolini ed è stato anche sostenuto che la sigla MSI, come appariva sul trapezio, fosse un’abbreviazione del cognome Mussolini o un acronimo della frase “Mussolini Sei Immortale” o “Mussolini Sempre Immortale”, a seconda delle differenti versioni.

Tutti questi riferimenti apologetici a Mussolini furono però contestati da Cesco Giulio Baghino, uno dei fondatori dell’MSI. Intervistato dal giornalista Nicola Rao nel libro La fiamma e la celtica, spiegò così l’origine del simbolo del partito: «L’idea della fiamma tricolore come simbolo fu di Almirante. Inizialmente il simbolo dell’MSI era soltanto la fiamma tricolore, senza il trapezio sottostante. L’idea del trapezio ci venne dopo, per poter trovare uno spazio alla dicitura “MSI”. La storia che il trapezio rappresenti la bara del Duce si diffuse dopo, ma non era nelle nostre intenzioni iniziali. Anche la diceria per la quale la sigla dell’MSI volesse dire “Mussolini Sei Immortale” è una delle tante leggende nate nell’ambiente, ma non risponde al vero».

Di certo c’è che la fiamma è stata usata da quasi tutti i partiti neofascisti e postfascisti d’Italia, anche dopo lo scioglimento del Movimento Sociale Italiano nel 1995, e che quindi è diventata un simbolo da cui moltissime persone di estrema destra si sentono rappresentate. Compare anche nei simboli di altri partiti europei di estrema destra, come in quello francese del Rassemblement Nationale di Marine Le Pen, ed è riconosciuta come simbolo identitario anche da chi si oppone a quei partiti.

Come ha ricordato il giornalista Filippo Ceccarelli in un articolo pubblicato su Repubblica nel 2009, il disegnatore satirico di Lotta Continua Zamarin raffigurò il suo eroe, l’operaio Gasparazzo, mentre spegneva la fiamma missina facendoci sopra la pipì. La fiamma compare anche nella poesia Comizio di Pier Paolo Pasolini: «Una smorta folla empie l’aria/ d’irreali rumori. Un palco sta/ su essa, coperto di bandiere,/ dal cui bianco il bruno lume fa/ un sudario, il verde acceca, annera/ il rosso come di vecchio sangue. Arista/ o tetro vegetale guizza cerea/ nel mezzo la fiammella fascista».

Con la cosiddetta “svolta di Fiuggi” del 1995 la destra italiana fondò un nuovo partito, Alleanza Nazionale, che cercò di allontanarsi dalle politiche più estremiste dell’MSI per diventare un partito di destra più moderno, atlantista ed europeista, che potesse puntare a un elettorato più ampio rispetto al passato. Nonostante le intenzioni di Alleanza Nazionale e del suo leader di allora Gianfranco Fini, nel simbolo del partito rimase comunque la fiamma tricolore, con la sigla M.S.I alla base. La versione della fiaccola tricolore impugnata da una mano – già simbolo del movimento giovanile dell’MSI, la Giovane Italia – fu adottata come simbolo dal movimento giovanile del nuovo partito, Azione Giovani, che conservò anche molto nero, il colore associato al fascismo che invece scomparve nel simbolo di Alleanza Nazionale, sostituito dal blu.

Gianfranco Fini con il presidente della federazione romana di AN Gianni Alemanno, Roma, 5 dicembre 2007 (ANSA/ALESSANDRO DI MEO/DRN/DIB)

La fiamma rimase fino allo scioglimento di Alleanza Nazionale nel 2009, quando il partito confluì insieme a Forza Italia nel Popolo della Libertà (PDL). La fiamma sparì dal simbolo e il suo diritto di utilizzo rimase di proprietà di una fondazione. Nel frattempo la fiamma tricolore, disegnata in modo diverso, e la fiaccola erano state usate da altri partiti di destra, come La Destra di Francesco Storace.

Manifesti di La Destra di Francesco Storace nella sala del congresso nazionale del partito, Roma, 17 febbraio 2017 (ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

Tre anni più tardi, nel dicembre del 2012, alcuni politici del PDL critici con la linea troppo moderata del partito decisero di uscire per fondare un nuovo partito di destra che raccogliesse l’eredità dell’MSI e di Alleanza Nazionale. Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Guido Crosetto fondarono quindi Fratelli d’Italia, il cui simbolo inizialmente prevedeva solo il nome del partito e un cordone tricolore.

Poi, nel 2014, il partito ottenne dalla Fondazione Alleanza Nazionale la possibilità di usare il simbolo del vecchio partito, che venne incluso in un cerchio all’interno di quello di Fratelli d’Italia. Tornarono quindi la fiamma tricolore e anche la scritta M.S.I. La decisione fu piuttosto dibattuta, anche allora, soprattutto per via dell’opposizione di Guido Crosetto, che non aveva mai militato in Alleanza Nazionale e che aveva un passato politico più moderato di molti suoi colleghi di partito. Nel 2017 il logo di Fratelli d’Italia venne rinnovato, e venne eliminato ogni riferimento ad Alleanza Nazionale e al Movimento Sociale Italiano. La fiamma rimase, con al di sotto una linea per riprendere forse l’originaria forma del trapezio.