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  • Martedì 26 novembre 2024

I violenti scontri tra forze dell’ordine e sostenitori di Imran Khan, in Pakistan

I manifestanti chiedono la scarcerazione dell'ex primo ministro, ma sono stati respinti con lacrimogeni e granate stordenti

Le forze paramilitari sparano proiettili di gomma e lacrimogeni contro i manifestanti a Islamabad, il 25 novembre (AP Photo/Irtisham Ahmed)
Le forze paramilitari sparano proiettili di gomma e lacrimogeni contro i manifestanti a Islamabad, il 25 novembre (AP Photo/Irtisham Ahmed)

Martedì pomeriggio in Pakistan sono continuate le proteste per chiedere la scarcerazione dell’ex primo ministro Imran Khan. I manifestanti sono entrati nella capitale Islamabad e hanno raggiunto il quartiere dove hanno sede le principali istituzioni del paese, per poi venire dispersi con la forza dalla polizia. Il ministero dell’Interno, che ha mobilitato l’esercito, ha detto che nel secondo giorno di scontri con la polizia sono morte sei persone, di cui quattro paramilitari, oltre a un poliziotto ucciso lunedì.

Alle proteste stanno partecipando migliaia di persone, ma solo alcune centinaia di loro sono riuscite a superare lo sbarramento delle forze dell’ordine e raggiungere la piazza D-Chowk, obiettivo della manifestazione dei sostenitori di Khan. La piazza è tipicamente il luogo delle principali manifestazioni politiche in Pakistan, e si trova nella cosiddetta “zona rossa” di Islamabad, dove hanno sede tra l’altro il parlamento e la Corte suprema.

Imran Khan è stato arrestato più di un anno fa, per decine di capi di accusa che i suoi sostenitori ritengono motivati politicamente. È stato lui a convocare la manifestazione, che ha come principale ma non unica richiesta la sua scarcerazione. Domenica i sostenitori di Khan e del suo partito (il Movimento per la Giustizia, PTI) hanno formato grandi convogli, partendo principalmente dal Punjab (nel centro-est) e dalla provincia del Khyber Pakhtunkhwa (nel nord-ovest) e arrivando a Islamabad lunedì sera.

Già nei giorni scorsi esercito e polizia avevano isolato questa parte della città con barriere di sicurezza, posti di blocco e anche uno sbarramento con grandi container. Martedì hanno sparato lacrimogeni, proiettili di gomma e granate stordenti contro i manifestanti, alcuni dei quali avevano fionde e bastoni. Il governo ha richiamato a Islamabad poliziotti e soldati dalle città confinanti e ha invocato l’articolo 245 della costituzione, che consente di utilizzare le forze armate per compiti di sicurezza interna. Il primo ministro Shehbaz Sharif ha definito estremisti i manifestanti.

Lo sbarramento dell'esercito e delle forze dell'ordine nella zona di Islamabad dove ci sono le sedi delle principali istituzioni, il 26 novembre

Lo sbarramento dell’esercito e delle forze dell’ordine nella zona di Islamabad dove ci sono le sedi delle principali istituzioni, il 26 novembre (AP Photo/W.K. Yousufzai)

Prima della protesta di lunedì, la polizia aveva già arrestato più di 4mila persone in tutto il Pakistan e le autorità avevano disposto la sospensione della connessione internet e del segnale telefonico in diverse aree del paese – che sono già considerevolmente rallentati dalle misure di sicurezza del governo. Lunedì e martedì le autorità hanno vietato le manifestazioni pubbliche nella capitale e ordinato la chiusura delle scuole. Tra l’altro lunedì, mentre erano in corso gli scontri, è iniziata una visita di tre giorni del dittatore bielorusso Alexander Lukashenko.

I sostenitori di Khan tirano pietre alla polizia, che ha sparato fumogeni e proiettili di gomma

I sostenitori di Khan tirano pietre alla polizia, che ha sparato fumogeni e proiettili di gomma (AP Photo/Irtisham Ahmed)

La leader delle proteste è Bushra Bibi, la moglie di Khan, che ha fatto un comizio a Peshawar, la capitale del Khyber Pakhtunkhwa, dove governa il PTI. Martedì Bibi ha detto che i manifestanti non se ne andranno finché non verrà scarcerato Khan. In serata l’ex primo ministro ha diffuso sui social un comunicato in cui chiede ai suoi sostenitori di restare uniti e pacifici e li esorta a continuare a manifestare.

Oltre alla liberazione di Khan, tra le altre cose i suoi sostenitori chiedono la revoca di un emendamento costituzionale che secondo loro ha indebolito l’indipendenza della magistratura, sottoponendo i giudici della Corte suprema alla nomina del parlamento e riducendone i poteri. Contestano inoltre la coalizione di sei partiti che ha formato un governo dopo le elezioni di febbraio, vinte dal PTI che però non aveva i numeri per avere la maggioranza in parlamento da solo.

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