Da Haiti se ne sta andando anche l’ONU
Molti operatori stanno lasciando la capitale Port-au-Prince, dove è diventato impossibile lavorare a causa delle violenze delle bande criminali
Le Nazioni Unite stanno evacuando molto del loro personale da Port-au-Prince, la capitale di Haiti. Nelle ultime due settimane le violenze e gli attacchi delle bande criminali sono diventati ancora più intensi e violenti, costringendo centinaia di migliaia di persone a lasciare le proprie case e peggiorando una crisi politica e umanitaria che va avanti da tempo. Anche la maggior parte delle ambasciate e degli uffici consolari è chiusa, e molte ong hanno ritirato i propri operatori perché incapaci di garantire la loro sicurezza.
L’aeroporto della capitale è stato chiuso lo scorso 12 novembre, dopo che un aereo della compagnia statunitense Spirit Airlines era stato colpito da proiettili durante l’atterraggio. L’aereo aveva invertito la rotta per dirigersi verso la vicina Repubblica Dominicana, dove poi era atterrato. Poco dopo la Federal Aviation Administration, l’agenzia federale degli Stati Uniti che si occupa della sicurezza e dei controlli relativi all’aviazione, aveva sospeso tutti i voli civili da e per Haiti.
Anche per questo le evacuazioni del personale dell’ONU, delle ambasciate e delle ong sono condotte con un elicottero da 14 posti, che parte da Port-au-Prince e arriva a Cap-Haitien, nella parte nord del paese. Fino a pochi giorni fa ad Haiti c’erano circa 300 dipendenti delle Nazioni Unite, impiegati da 18 diverse agenzie, tra cui l’UNICEF e il Programma alimentare mondiale: molti di loro sono stati spostati a Cap-Haitien, e da lì alcuni hanno lasciato il paese, non potendo più lavorare in sicurezza.
L’ong Medici Senza Frontiere (MSF) ha sospeso tutte le proprie attività a Port-au-Prince: lo scorso 11 novembre un gruppo di agenti delle forze dell’ordine haitiane e altri uomini armati avevano fermato un’ambulanza, tenuto in ostaggio alcuni membri dello staff e ucciso due dei tre pazienti a bordo. MSF ha detto che il personale dell’ambulanza è stato «aggredito, insultato, colpito con gas lacrimogeni, minacciato di morte e trattenuto per più di quattro ore prima di essere autorizzato a partire».
Haiti ha quasi 12 milioni di abitanti e occupa la parte ovest dell’isola di Hispaniola, nei Caraibi (l’altra parte è occupata dalla Repubblica Dominicana). Più dell’80 per cento della capitale Port-au-Prince è controllato da bande criminali, e la loro influenza si sta rapidamente espandendo anche ad altre zone del paese.
La potenza delle gang è strettamente collegata all’instabilità politica e alla fragilità del governo di Haiti, che di fatto non esiste: nel luglio del 2021 il presidente Jovenel Moïse venne ucciso mentre era in casa, in circostanze ancora oggi poco chiare. Le gang criminali approfittarono del caos che seguì per consolidare il loro controllo sul territorio. Ad Haiti non c’è un parlamento in carica, e le ultime elezioni si tennero nel 2016.
Il successore di Moïse, Ariel Henry, rimase sempre impopolare e non riuscì a ripristinare il controllo dello stato: si dimise lo scorso marzo, dopo settimane di intensi scontri e violenze compiute dalle bande contro stazioni di polizia, prigioni e sedi delle istituzioni. In quel periodo le varie gang si unirono per la prima volta in una coalizione, nota come “Vivere insieme” e guidata da Jimmy Chérizier, detto “Barbecue”. L’alleanza è attiva ancora oggi.
– Leggi anche: Jimmy Chérizier detto “Barbecue”, il leader delle bande criminali di Haiti
Dopo le dimissioni di Henry fu creato un consiglio presidenziale di transizione, che avrebbe dovuto aiutare a stabilizzare il paese e organizzare nuove elezioni entro il 2026. Anche questo però si rivelò debole: a maggio il consiglio ha nominato primo ministro ad interim Garry Conille, che però è stato destituito lo scorso 11 novembre, dopo circa sei mesi.
Il 10 novembre Chérizier ha detto in un video messaggio che le violenze sarebbero diventate ancora più intense e ha chiesto agli abitanti di Port-au-Prince di non uscire per strada: «Il tempo dell’osservazione per le gang di “Vivere insieme” è finito, ora è il momento di prendere il futuro del paese nelle nostre mani», ha detto.
Nelle ultime due settimane oltre 40mila persone se ne sono andate da Port-au-Prince: un numero altissimo anche per gli standard di Haiti. Gli attacchi delle gang stanno interessando interi quartieri, e almeno 150 persone sono state uccise. «In passato c’erano alcuni quartieri di Port-au-Prince che erano considerati sicuri e non erano mai stati raggiunti dalle bande. Ora queste minacciano di prendere il controllo di tutta la capitale», ha detto ad Associated Press Laurent Uwumuremyi, direttore per Haiti dell’ong Mercy Corps. L’associazione aiuta decine di migliaia di persone nel paese, ma ultimamente le violenze stanno impedendo ai suoi operatori di lavorare.
Ad Haiti le Nazioni Unite gestiscono anche una missione multinazionale, guidata dal Kenya, che dovrebbe aiutare a mantenere la sicurezza. I primi agenti sono stati inviati ad Haiti a partire dallo scorso giugno: in totale dovrebbero essere 2.500, ma al momento ce ne sono 430, di cui 400 keniani e gli altri provenienti da Belize, Bahamas e Jamaica.
Fin da subito è stato chiaro che questi agenti non sarebbero stati realmente in grado di contrastare le bande. Le critiche sono state riconosciute anche dalla stessa missione, nota con l’acronimo MSS: «I recenti sviluppi ad Haiti hanno portato molti abitanti a dubitare del ruolo» della missione «e della sua gestione della situazione», ha scritto. La missione ha comunque ribadito che i suoi agenti sarebbero rimasti attivi e avrebbero continuato ad aiutare la polizia: «Il nostro obiettivo finale è riportare Haiti alla sua vecchia gloria».
Ultimamente gli Stati Uniti hanno proposto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di trasformare la missione in una vera e propria operazione di peacekeeping, un passaggio formale che le permetterebbe di avere più soldi, personale e sostegno logistico. Cina e Russia però si sono opposte, sfruttando il loro diritto di veto al Consiglio per bloccare la procedura.