Sono stati fatti progressi per un cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah
Lo sostengono diversi fonti citate dai giornali internazionali, ma è troppo presto per dire se porteranno a qualcosa
Martedì è prevista una riunione del gabinetto di Sicurezza del governo israeliano di cui fanno parte tra gli altri, oltre al primo ministro Benjamin Netanyahu, i ministri della Difesa e degli Esteri. Secondo i media israeliani e internazionali, la riunione riguarderà la possibilità di approvare un cessate il fuoco di 60 giorni con il gruppo politico e militare libanese Hezbollah, e Netanyahu avrebbe in linea di massima accettato le condizioni.
Un funzionario israeliano ha detto al Times of Israel (uno dei principali quotidiani israeliani) che Netanyahu avrebbe acconsentito a queste condizioni su pressione degli Stati Uniti, ma dopo aver ottenuto rassicurazioni sul fatto che il cessate il fuoco non sia definitivo, che non determini cioè la fine delle guerra. Sarebbe insomma una tregua, più che un cessate il fuoco.
L’ultima versione – su cui i negoziati si erano arenati ed erano poi ripresi diverse volte – prevedeva il ritiro dell’esercito israeliano dalle zona meridionali del Libano dove è entrato. Hezbollah, a sua volta, si impegnerebbe a spostare le sue forze a nord del fiume Litani, ritirandosi dalla zona più vicina al confine con Israele, dove interverrebbe l’esercito regolare libanese, creando una zona cuscinetto.
Uno dei punti su cui, secondo i media internazionali, i negoziatori israeliani hanno fatto richieste è la possibilità di riprendere le ostilità qualora Hezbollah non rispetti l’accordo (cioè qualora l’esercito israeliano ritenga che il gruppo sia tornato a operare in quella zona). Non è detto che la controparte accetti questo aspetto, né in generale che tolleri la possibilità di futuri attacchi israeliani in territorio libanese. Su questo aspetto, l’intesa potrebbe nuovamente saltare.
Il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, John Kirby, ha confermato che Israele e Hezbollah sono molto vicini a un accordo, ma ha sottolineato anche il fatto che non è ancora stato raggiunto.
Sempre lunedì il ministro della Sicurezza nazionale israeliano, l’ultranazionalista Itamar Ben-Gvir, ha detto che un cessate il fuoco sarebbe «un grande errore» e che, se fosse confermato, ritirerebbe l’appoggio al governo. Non è la prima volta che Ben-Gvir fa minacce simili, che finora avevano funzionato (anche sul cessate il fuoco nella Striscia di Gaza). Ben-Gvir fa parte del gabinetto di sicurezza, e non è ancora chiaro se ci sarà una votazione.
Finora Netanyahu ha spesso mantenuto una comunicazione ambigua: sui negoziati – anche quelli, fermi, con Hamas per un cessate il fuoco a Gaza – e in generale nella sua carriera politica.
Dopo l’invasione della Striscia, Netanyahu ha sostenuto in pubblico posizioni diverse, e di solito più trancianti, di quelle che ha fatto filtrare privatamente, attraverso i negoziatori (che ha messo così in difficoltà) o ai giornali. Da un lato escludendo accordi; dall’altro mostrandosi aperto alle trattative, ma a certe condizioni (che sono cambiate nel tempo). Queste contraddizioni hanno creato confusione: non solo non è ancora chiaro quale sia nel concreto la volontà di Netanyahu sulle singole proposte, ma ci sono dubbi anche sull’effettiva volontà del governo israeliano di rispettare gli impegni presi.
Lunedì, in Libano, 31 persone sono state uccise da bombardamenti israeliani, secondo il ministero della Salute locale, la maggior parte delle quali nella zona di Tiro, nel sud del paese. Domenica invece Hezbollah ha lanciato oltre 250 razzi contro Israele, in uno dei più grossi attacchi delle ultime settimane: quasi tutti sono stati intercettati dalle difese antiaeree.
Dall’ottobre del 2023, quando si sono intensificati gli scontri tra l’esercito israeliano e Hezbollah come conseguenza dell’invasione della Striscia, in Libano sono state uccise più di 3.750 persone. Gli attacchi israeliani, che lo scorso settembre hanno portato a un’invasione via terra del sud del paese, hanno causato più di un milione di sfollati. In Israele gli sfollati sono stati circa 60mila: hanno lasciato i centri urbani nel nord del paese, la zona più esposta agli attacchi di Hezbollah.
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