Le cantine di Valencia sono ancora piene di fango e rifiuti
Svuotarle è necessario a riparare le case e a stabilire la portata dei danni, ma al momento le spese per farlo, alte, sono a carico dei privati
Nella regione di Valencia, dove il mese scorso ci sono state gravi alluvioni che hanno causato la morte di oltre 200 persone, centinaia di abitazioni hanno ancora i sotterranei, le cantine e i garage pieni di fango e rifiuti. Svuotarli e pulirli è estremamente costoso e almeno per ora interamente a carico dei privati, dato che i servizi pubblici locali sono impegnati in altre operazioni. Al tempo stesso la pulizia dei sotterranei è necessaria e urgente, perché coi sotterranei totalmente o parzialmente inagibili non si possono fare i lavori necessari a ripristinare acqua corrente ed elettricità in molte abitazioni.
L’alluvione nel sud della Spagna è stata il peggiore disastro di questo tipo della storia recente del paese: si è verificata a fine ottobre nella Comunità Valenciana, la regione di Valencia, e in altre regioni meridionali.
Un fenomeno atmosferico noto come DANA (depresión aislada en niveles altos) ha provocato forti e abbondanti piogge che hanno fatto straripare fiumi e torrenti, provocando inondazioni nei campi e allagamenti di città: le alluvioni hanno travolto infrastrutture, automobili e persone, e la ricerca dei dispersi è andata avanti per giorni. Per via della loro gestione da parte delle autorità le alluvioni sono diventate anche un caso politico, con il governo nazionale e quello regionale che si rimpallavano le responsabilità di ciò che è andato storto; sono anche state organizzate estese proteste.
Secondo il quotidiano El Paìs, ci sono almeno 428 scantinati pieni di fango, rifiuti e liquami solo in sei comuni della Comunità Valenciana: al loro interno, secondo quanto dichiarato dagli amministratori condominiali dei vari immobili, ci sono fango misto a cibo avariato, carburante e liquami su cui sono in corso verifiche per determinare l’eventuale tossicità.
Al momento la regione non ha messo in piedi un piano per svuotare tutte queste cantine: le spese sono interamente a carico di chi abita nei condomini e nelle case. Nel frattempo, però, finché i sotterranei non vengono svuotati e puliti, per i servizi di emergenza è impossibile portare avanti i lavori necessari a far funzionare le stesse abitazioni, come l’avvio dell’acqua corrente o la riparazione dei molti danni alle infrastrutture elettriche di molti edifici.
Senza svuotare gli scantinati non è nemmeno possibile determinare con precisione l’entità dei danni provocati dalle alluvioni, se siano state eventualmente danneggiate le fondamenta degli edifici, e quindi se gli stessi edifici possano essere considerati sicuri o meno per chi si trova al loro interno.
Il fango che ha coperto le strade e riempito cantine e sotterranei della regione di Valencia è denso e pieno di rifiuti e oggetti: è quasi impossibile rimuoverlo a mani nude o con la normale strumentazione per le pulizie. Servono macchinari specifici, molto costosi e di cui, sempre secondo quanto riportato da El Paìs, sono prive anche diverse amministrazioni locali tra quelle consultate.
Al di là degli strumenti a disposizione, inoltre, le amministrazioni locali sono ancora impegnate nella pulizia delle strade e nella riparazione delle infrastrutture pubbliche, e dicono di non avere mezzi e risorse per occuparsi delle cantine e dei sotterranei delle abitazioni private.
Nel frattempo varie aziende hanno iniziato a proporre i propri servizi di pulizia alla cittadinanza, a prezzi spesso molto alti: un’impresa di pulizie ha chiesto quasi 5mila euro per l’estrazione del fango da un sotterraneo di Paiporta, poco a sud di Valencia, con circa 150 vani al suo interno. Per completare il lavoro erano necessari circa dieci giorni, per un costo totale di quasi 50mila euro.
Altre imprese di pulizie contattate dai privati si sono invece dette disponibili a pulire gli spazi solo dopo la rimozione del grosso del fango, dei rifiuti e dei liquami, dicendo che non possedevano i macchinari adatti e che quelli a loro disposizione si sarebbero rotti. Anche in questo caso, in cui comunque è previsto che parte del lavoro venga svolta in maniera autonoma dalle persone che vivono negli edifici, si parla di alcune migliaia di euro per ogni giornata di lavoro.
Non tutti possono permettersi una spesa del genere, e chi può permettersela non è sicuro che gli venga poi rimborsata: nelle ultime due settimane il Consorzio di Compensazione Assicurativa (CCS), l’ente che si occupa della copertura di danni provocati da calamità naturali, ha ricevuto circa 175mila richieste di rimborso, più di quelle che riceve normalmente in un anno intero.
Le regole del CCS prevedono un limite nel risarcimento di queste spese, che quindi potrebbero finire per dover essere pagate dai cittadini. Ci sono casi in cui possono essere fatte eccezioni, ma tenendo conto della quantità di spazi da sgomberare, e quindi di spese sostenute, il CCS potrebbe non avere le risorse economiche per coprirle tutte. Secondo le stime del Paìs, complessivamente il CCS potrebbe trovarsi a dover risarcire circa 3,5 miliardi di euro, la spesa più grande mai sostenuta per un singolo evento.
Nel frattempo i tempi potrebbero allungarsi, dato che lo stesso Consorzio deve gestire decine di migliaia di altre pratiche, che continuano ad aumentare: al momento sono oltre 80mila quelle legate a danni ad automobili, oltre 40mila per danni alle abitazioni, e circa 2.500 per danni a impianti industriali.
Al momento non c’è nemmeno un piano su dove scaricare fango, rifiuti e liquami, una volta sgomberati i sotterranei e le cantine. Alcuni camion stanno sversando il fango in fossati e burroni, con possibili danni ambientali dato che le verifiche sull’eventuale tossicità dei liquami sono ancora in corso.