Le elezioni presidenziali in Romania sono state una sorpresa
Il nazionalista Calin Georgescu ha sorpassato lo strafavorito candidato di estrema destra: mancano ancora poche sezioni da scrutinare per sapere chi andrà al ballottaggio con lui
Domenica in Romania si è votato per il primo turno delle elezioni presidenziali e i seggi hanno chiuso alle 21 ora locale, le 20 in Italia. I risultati sono stati sorprendenti rispetto ai sondaggi e agli exit poll: mancano ancora pochissimi seggi da scrutinare, e al ballottaggio andrà di sicuro Calin Georgescu, candidato indipendente e nazionalista di cui i sondaggi non avevano minimamente previsto potesse ottenere un consenso del genere, che è stato il più votato, con il 22,9 per cento delle preferenze. Al secondo posto al momento c’è Elena Lasconi, del partito progressista Unione Salva Romania (USR), con poche centinaia di voti in più di Marcel Ciolacu, attuale primo ministro e leader del Partito socialdemocratico (PSD), di centrosinistra.
È arrivato quarto George Simion, il leader del partito di estrema destra Alleanza per l’unità dei romeni (AUR), che era il candidato favorito per andare al ballottaggio con Ciolacu, e il suo risultato è considerato estremamente deludente: ha ottenuto il 13,9 per cento delle preferenze.
Quello di domenica era il primo di tre voti che avverranno nelle prossime settimane: il 1° dicembre ci saranno le elezioni parlamentari e per l’8 dicembre è previsto il ballottaggio delle presidenziali.
La Romania è una repubblica semipresidenziale, in cui vivono circa 19 milioni di persone: il presidente ha un ruolo attivo in politica, nomina il primo ministro e rappresenta il paese all’estero, un po’ come accade in Francia. Negli ultimi dieci anni questa carica è stata ricoperta da Klaus Iohannis del Partito Nazionale Liberale (PNL), un partito di centrodestra membro del Partito Popolare Europeo (PPE), il principale partito di centrodestra europeo, e favorevole al sostegno dell’Ucraina, paese con cui la Romania confina. Al governo c’è ora una coalizione fra il partito di Iohannis e il Partito socialdemocratico di Ciolacu, che si era creata alla fine del 2021 dopo una crisi politica. Ciolacu sarebbe probabilmente un presidente di sostanziale continuità col passato.
Nonostante la sua storia di scandali di corruzione, la Romania è stata finora considerata un paese piuttosto affidabile in Europa, a differenza delle vicine Slovacchia e Ungheria, anche loro membri dell’Unione Europea e della NATO e governate da leader di estrema destra e con tendenze autoritarie, specialmente nel caso del primo ministro ungherese Viktor Orbán. Una vittoria di Georgescu avvicinerebbe probabilmente il paese al blocco dell’estrema destra europea, rafforzandolo ulteriormente.
Georgescu è un ingegnere e professore universitario, estremamente religioso e nazionalista: ha attirato grosse critiche per suoi commenti a sostegno del movimento fascista romeno della prima parte del Novecento. Sostiene che l’Unione Europea e la NATO non rappresentino adeguatamente gli interessi della Romania, e che la guerra in Ucraina sia condizionata dalle aziende militari statunitensi. La sua campagna è stata incentrata sulla necessità di ridurre la dipendenza della Romania dalle importazioni, di sostenere gli agricoltori e di aumentare la produzione interna di cibo ed energia.