Il M5S ha abolito la figura del garante e il limite dei due mandati
Tramite una votazione tra gli iscritti: di fatto il Movimento si è liberato del suo fondatore, Beppe Grillo
All’Assemblea costituente del Movimento 5 Stelle che si è tenuta sabato e domenica al Palazzo dei Congressi di Roma, gli iscritti al partito hanno votato online per abolire dallo statuto la carica del “garante”, che fin dalla costituzione era stata ricoperta da Beppe Grillo. Il 62,3 per cento degli iscritti ha votato per l’abolizione. Gli iscritti hanno votato inoltre per abolire la regola dei due mandati, che impediva ai politici del Movimento di candidarsi più di due volte.
La votazione di domenica segna la fine di un lungo dissidio tra Grillo, che ha fondato il M5S nel 2009, e Giuseppe Conte, che dal 2021 è il presidente del partito. Come “garante”, Beppe Grillo era «il custode dei valori fondamentali dell’azione politica del Movimento 5 Stelle». Aveva inoltre il potere «di interpretazione autentica, non sindacabile» dello statuto e poteva indire una votazione tra gli iscritti per chiedere la sfiducia del presidente del partito, cioè di Conte.
L’abolizione della figura del “garante” azzera di fatto i poteri di Grillo, e darà a Conte piena autonomia nella gestione del partito. I poteri che erano di Grillo, sempre secondo il risultato delle votazioni, passeranno a un nuovo organo appositamente eletto. Conte, subito dopo l’annuncio dei risultati, ha detto riferendosi a Grillo: «Non mi sarei mai aspettato che il garante si mettesse di traverso ed entrasse a gamba tesa».
In tutto, i poco meno di 90 mila iscritti al M5S hanno votato su 40 quesiti. Tutti e 40 hanno raggiunto il quorum del 50 per cento dei votanti, necessario per convalidare la votazione. I quesiti riguardavano oltre alla figura del garante anche altre questioni legate all’organizzazione del partito e all’indirizzo politico del movimento.
L’abolizione del limite dei due mandati per i politici del M5S è una delle novità più importanti: fin dalla sua fondazione, il Movimento aveva imposto ai suoi membri eletti in cariche pubbliche, dal parlamento ai consigli comunali, di fare al massimo due mandati. Era un modo per evitare che per chi veniva eletto la politica diventasse una professione, in linea con le aspirazioni populiste del partito. Nel corso degli anni, però, questo ha provocato enormi problemi di ricambio della classe politica del M5S, che ha perso molti dei suoi dirigenti più noti.
Con le nuove norme approvate dagli iscritti il limite dei due mandati sarà aumentato a tre, e varrà soltanto per ciascun livello istituzionale: significa che chi fa tre mandati come consigliere comunale poi può farne altri tre come consigliere regionale, come parlamentare e così via. Inoltre, dopo cinque anni di pausa si potrà tornare a correre per la stessa carica.
Gli iscritti hanno inoltre approvato la possibilità di modificare il nome e il simbolo del partito, previa votazione degli iscritti stessi. Di fatto questi tre elementi (il nome, il simbolo e il limite dei due mandati) erano i «tre pilastri» di cui Beppe Grillo ad agosto aveva detto che non erano «in nessun modo negoziabili, e non possono essere modificati a piacimento». Ora sono stati tutti aboliti.
Un altro quesito importante ha riguardato il posizionamento politico del M5S: gli iscritti potevano decidere se definire il partito «progressista indipendente», «progressista», «di sinistra» oppure se mantenere la tradizionale equidistanza tra destra e sinistra. È stato scelto di definire il partito «progressista indipendente», perché «in opposizione alle forze di destra, esiste un ampio spazio politico, progressista, legittimamente occupato dal Movimento, forza autenticamente democratica e pacifista, non riducibile solo alle più tradizionali forze di sinistra».
Il rapporto tra Conte e Grillo ha avuto momenti di tensione fin dall’inizio. Grillo ha sempre visto con un certo fastidio il crescente consenso di Conte tra i militanti del M5S. Nel novembre scorso Grillo raccontò che, quando si dovette trovare un candidato civico per la presidenza del Consiglio del governo sostenuto da Lega e M5S, nel 2018, fu individuato Conte perché era «un bell’uomo» e perché, tra l’altro, «parlava tanto e si capiva poco, quindi era perfetto, perfetto per la politica».
Il cattivo risultato del M5S alle elezioni europee di inizio giugno ha però fatto precipitare la situazione, con il partito per la prima volta sotto il 10 per cento dei consensi in un’elezione nazionale e relegato in un ruolo minore all’interno del centrosinistra. Durante uno spettacolo teatrale, il 17 giugno, Grillo ironizzò dicendo che aveva preso più voti Silvio Berlusconi da morto che Conte da vivo. E poco dopo Conte annunciò l’avvio di «un percorso rigenerativo» per rilanciare il M5S, che è culminato nell’Assemblea di questi giorni.
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