Per i giochi da tavolo Kickstarter non funziona più allo stesso modo

Un tempo finanziava giochi indipendenti e originali, ma ora serve più che altro alle grosse società editrici che possono spendere nel marketing

Una partita a Scythe (il Post)
Una partita a Scythe (il Post)

Come tanti altri settori della produzione culturale, anche quello dei giochi da tavolo ha i suoi titoli molto attesi, i suoi designer celebri, le sue case editrici di culto i cui nuovi prodotti sono circondati di aspettative. Da quasi un decennio, il modo migliore per creare, coltivare e misurare queste aspettative è la piattaforma di crowdfunding Kickstarter, che esiste dal 2009 ed è il più famoso tra i siti che permettono a chiunque di proporre nuove idee chiedendo agli utenti di finanziarle con una donazione o promettendo in cambio qualche tipo di ricompensa ulteriore.

Nel tempo sono stati finanziati del tutto o almeno in parte su Kickstarter quasi tutti i giochi più acclamati degli ultimi anni, da party game come Exploding Kittens o Secret Hitler a titoli molto seri come Gloomhaven, Brass: Birmingham e Scythe. Una delle promesse intrinseche della piattaforma era che qualsiasi game designer, per quanto sconosciuto o indipendente, potesse riuscire a finanziare il proprio gioco sulla piattaforma a patto che fosse abbastanza originale e interessante. Da tempo, però, la larga parte delle attenzioni – e dei finanziamenti – viene assorbita soprattutto dalle grandi case editrici, che utilizzano sostanzialmente Kickstarter per sondare in anticipo quanto interesse suscita un titolo e hanno molte più risorse da spendere nel marketing rispetto ai produttori indipendenti.

Del tema si è discusso a più riprese sia nel forum di BoardGameGeek, il più attivo e frequentato dagli appassionati del genere in tutto il mondo, sia tra youtuber e blogger anche italiani. La questione, infatti, non riguarda soltanto le persone che hanno un’idea per un gioco ma non hanno le risorse per produrlo senza finanziamenti esterni, ma anche tutti gli appassionati del genere che seguono con attenzione le nuove uscite e che lamentano da tempo i problemi dell’attuale sistema di sviluppo, marketing e vendita dei giochi.

Come ha scritto l’utente Alex W. in una lunga discussione su BoardGameGeek, al momento i progetti dedicati ai giochi da tavolo proposti su Kickstarter si possono dividere in tre categorie. La prima sono i Kickstarter “tradizionali”, in cui un individuo o una piccola azienda indipendente chiede a possibili clienti di credere nel loro prodotto in modo da potersi permettere di coprire i costi di produzione del gioco, che «corrono il rischio non insignificante di non diventare mai realtà» se non raggiungono la cifra necessaria a produrli.

La seconda sono le truffe che sfruttano la scarsa efficienza del servizio clienti di Kickstarter: in questi casi solitamente vengono promessi giochi all’apparenza molto interessanti ma soprattutto molto ricchi e belli da vedere, con l’intenzione di raggiungere la somma sperata e poi intascarsela, senza spedire mai il prodotto promesso agli utenti. Online circolano anche guide che elencano i dettagli a cui prestare attenzione per capire se ci si può fidare di una campagna su Kickstarter o meno, esattamente per questa ragione.

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La terza, e quella che raccoglie solitamente maggior successo, è composta dalle grandi aziende che usano Kickstarter come se fosse un sistema di “pre-order”, ovvero per stimare con maggiore precisione il numero di persone che vorranno acquistare una copia del gioco e annunciarne l’arrivo.

«Se sei Stonemaier Games [una delle case editrici di giochi di maggior successo degli ultimi anni, ndr] non hai modo di sapere quanto andrà bene un titolo come Apiary prima che esca», spiega un altro utente. «Se ne stampi troppe e non riesci a venderle rischi di mandare in bancarotta l’azienda. Se ne stampi troppe poche e il gioco finisce per essere popolare, la gente si lamenterà per mesi della tua lentezza, come è successo con Wingspan o Heat: Pedal to the metal. Se invece opti per un crowdfunding, hai un numero piuttosto chiaro di unità da produrre nella prima stampa, e se il gioco è popolare puoi sempre lanciare un’altra campagna su Kickstarter». A questo si aggiunge il fatto che proporre un gioco su Kickstarter lo mette davanti a un numero di potenziali clienti molto maggiore rispetto a quelli che si raggiungerebbero aprendo una semplice pagina per i pre-order sul sito dell’azienda.

Questa tendenza ha però già generato alcune storture molto evidenti anche nel tipo di giochi che vengono proposti e finanziati. «Stanno diventando sempre più grossi, gonfi di pezzi ed espansioni, il che a sua volta porta a un aumento dei costi con giochi che superano tranquillamente la soglia dei 100 dollari e talvolta si avvicinano a quella dei 200», riassume un utente su BoardGameGeek. «Una volta la snellezza del design era una qualità. Certo, le plance e i pezzi erano piuttosto elementari, ma il gioco era bellissimo lo stesso. Oggi sembra che l’estetica del gioco e il suo tema siano più importanti della qualità del gioco stesso. (…) Se questa tendenza continua, mi aspetto che un giorno certi giochi arrivino a pesare quanto una piccola auto e occupino un’intera stanza».

Il fatto che Kickstarter permetta di creare degli “stretch goals”, ovvero degli obiettivi di somme da raggiungere oltre i quali si promettono nuove espansioni, versioni deluxe o pezzi da collezione, porta molti giochi ad arricchirsi progressivamente di cose che non sono davvero necessarie al gioco. A questo si aggiunge che in vari casi gran parte dei costi di produzione di un gioco davvero originale e innovativo non sta nei pezzi in sé, ma nelle tante ore di lavoro di designer e illustratori e nelle molte prove necessarie ad assicurarsi che la partita fluisca nella maniera desiderata. Questi costi, però, non sono immediatamente visibili: per giustificare un prezzo alto, quindi, vengono aggiunti pezzi dal particolare impatto estetico o plance riccamente decorate.

I game designer indipendenti, naturalmente, di rado possono permettersi di proporre giochi così complessi, né possono condurre campagne di marketing elaborate. Diego Sacchetti, game designer e sviluppatore che si occupa sia di videogiochi che di giochi da tavolo, dice che Kickstarter funziona ancora abbastanza per i giochi di ruolo che hanno costi di produzione molto contenuti e di conseguenza non hanno bisogno di raccogliere grandi somme. «Finisce spesso che in mezza giornata si raggiunga anche il 200 o il 500 per cento della somma desiderata», spiega. Molto spesso gli utenti vengono attratti da progetti che hanno una percentuale di finanziamento molto avanzata, in un meccanismo che finisce per ricompensare progetti che hanno già ottenuto molta attenzione a discapito di quelli che non partono bene fin da subito.

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«Spesso ci sono progetti che “esplodono” e divorano tutta l’attenzione in quel momento e magari avrebbero comunque i soldi per produrre il gioco senza bisogno di Kickstarter», aggiunge Sacchetti. «Anche perché gli utenti hanno soldi limitati e devono decidere su cosa spenderli: se un progetto è presentato davvero bene perché ha già molti soldi dietro è molto probabile che i soldi andranno a lui piuttosto che a progetti più piccoli».

Giacomo Cimini, game designer che ha fondato la piccola casa editrice di giochi Lirius Games insieme alla moglie Sonia Goncalves, ha avuto un’esperienza di questo tipo. Il primo gioco prodotto da Lirius, Age of Comics: The Golden Years, ambientato nell’“epoca d’oro” dei fumetti statunitensi, aveva raccolto 223mila euro soltanto tra il 19 settembre e il 19 ottobre 2022: una somma più che sufficiente a mandare il gioco in produzione, anche se molto più bassa di altri giochi prodotti da case editrici più grandi, che spesso arrivano a raccogliere anche milioni di euro.

«Di recente abbiamo però lanciato un nuovo progetto, Timeless Journeys: The Italian Grand Tour, e l’abbiamo cancellato da Kickstarter dopo due giorni perché i risultati che stava ottenendo erano troppo bassi, nonostante fosse coinvolto un game designer italiano famoso, Nestore Mangone», racconta.

«Kickstarter, come tutte le piattaforme online, è cambiata alla velocità della luce: la percezione è che rispetto a tre anni fa siano arrivati alcuni giganti dell’editoria contro cui la battaglia è un po’ impari. La natura originaria della piattaforma era di dare visibilità ai piccoli editori, alle microaziende, in modo che si potessero affermare. Ora oggettivamente si vedono i progetti di aziende che spendono centinaia di migliaia di euro in pubblicità». Ora lui e Goncalves stanno cercando di capire se tentare con una nuova campagna o abbandonare del tutto l’idea del crowdfunding e semplicemente stampare le copie in tiratura limitata.