L’Italia non ha ancora deciso se arresterebbe Netanyahu
Sulla base del mandato d'arresto emesso dalla Corte penale internazionale: la cosa sta facendo discutere molto il governo
Nel governo italiano si sta discutendo della possibilità di arrestare Benjamin Netanyahu qualora dovesse entrare in Italia, dato che la Corte penale internazionale ha emesso un mandato d’arresto internazionale contro il primo ministro di Israele e contro il suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant.
Soprattutto nel corso della giornata di venerdì, vari esponenti del governo hanno espresso posizioni contraddittorie, fino a che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ha cercato di ristabilire una linea unitaria, senza però dare risposte concrete sulla possibilità di un arresto.
Il mandato d’arresto nei confronti di Netanyahu e Gallant è stato emesso questa settimana: la Corte penale internazionale (ICC), il principale tribunale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità, ha emesso il mandato con accuse di crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nella Striscia di Gaza. Le decisioni dell’ICC dovrebbero essere vincolanti per tutti i paesi che ne riconoscono la giurisdizione, come l’Italia, ma la Corte non ha davvero modo di metterle in pratica, e ciascun governo decide sulla base delle proprie convenienze politiche se applicarle o meno.
È di questo che sta discutendo il governo italiano: se prepararsi a dare seguito al mandato d’arresto dell’ICC, rischiando un peggioramento dei rapporti diplomatici con il governo israeliano, oppure se ignorarlo. Nella pratica, il governo potrebbe sostenere che l’immunità concessa tradizionalmente ai capi di stato e di governo in carica abbia un valore giuridco superiore al mandato d’arresto della Corte (questione su cui ci sono dubbi e dispute all’interno della comunità giuridica).
È ovviamente una questione tutto sommato ipotetica: se il governo decidesse di rispettare il mandato d’arresto, Netanyahu smetterà di viaggiare in Italia per visite di stato o incontri istituzionali, ed eviterà quindi di essere arrestato.
– Leggi anche: Le possibilità che Netanyahu venga arrestato sono molto scarse
Dentro al governo le due posizioni più antitetiche e contraddittorie sono state quelle del ministro della Difesa Guido Crosetto e di quello dei Trasporti Matteo Salvini. Crosetto, parlando alla trasmissione tv Porta a Porta, ha detto che ritiene la sentenza dell’ICC «sbagliata», ma che se Netanyahu e Gallant «venissero in Italia dovremmo arrestarli perché noi rispettiamo il diritto internazionale».
Salvini ha detto invece tutto il contrario. Parlando a margine del congresso dell’ANCI, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani, ha detto: «Conto di incontrare presto esponenti del governo israeliano e se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto, i criminali di guerra sono altri», aggiungendo che «dire che il criminale da arrestare è il premier di una delle poche democrazie che ci sono in Medio Oriente mi sembra irrispettoso e pericoloso».
Meloni ha quindi cercato di frenare queste dichiarazioni contraddittorie con un breve comunicato, in cui ha scritto: «Approfondirò in questi giorni le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte Penale Internazionale. Motivazioni che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica». Ha poi aggiunto: «Un punto resta fermo per questo governo: non ci può essere una equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l’organizzazione terroristica Hamas».
In pratica Meloni ha detto che la questione dovrà essere approfondita, ma che il governo non ha ancora preso una decisione.
In seguito, a sostegno della posizione di Meloni, è intervenuto anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che in un’intervista a Repubblica ha detto che «la linea» sulla politica estera dell’Italia «viene espressa dal presidente del Consiglio e dal ministro degli Esteri», e che quindi quelle di Salvini sono «opinioni politiche di leader di partito, che però non diventano automaticamente la linea dell’esecutivo».
Queste discussioni attorno al mandato d’arresto contro Netanyahu stanno avvenendo in tutta Europa, seppure in maniera meno sguaiata e contraddittoria. Attualmente, secondo un conteggio fatto da Politico, i paesi che hanno già annunciato che arresterebbero Netanyahu nel caso in cui entrasse nel loro territorio sono Paesi Bassi, Irlanda, Belgio, Spagna, Austria e Slovenia. L’Ungheria di Viktor Orbán ha già fatto sapere che non intende arrestare Netanyahu. Tutti gli altri, compresa l’Italia, non hanno ancora espresso una posizione ufficiale.