Breve storia degli album “a sorpresa”

Fare uscire un disco all'improvviso, come ha fatto Kendrick Lamar, è un modo per prevenire fughe di notizie, spiazzare il pubblico e far parlare di sé

Kendrick Lamar (Photo by Amy Harris/Invision/AP, File)
Kendrick Lamar (Photo by Amy Harris/Invision/AP, File)
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L’uscita di GNX, il sesto album del rapper statunitense Kendrick Lamar, il più influente e rispettato della sua generazione, non è stata anticipata da annunci, eventi stampa, attività promozionali o singoli. Il disco è stato pubblicato venerdì su tutte le piattaforme di streaming, e sta ricevendo grandi attenzioni non soltanto per lo status che Lamar ha acquisito già da molti anni nell’industria musicale statunitense, ma anche perché manovre di marketing di questo tipo non si vedevano da un po’.

I “surprise album”, ossia dischi che vengono fatti uscire per l’appunto a sorpresa, senza essere preceduti da una fase di promozione, diventarono una modalità di distribuzione comune nell’industria discografica una decina d’anni fa, quando alcuni musicisti britannici e americani cominciarono a studiare dei modi per non permettere alle riviste specializzate e ai molti blog online fondati in quel periodo di dare anticipazioni sugli album a cui stavano lavorando.

Un caso famoso fu, nel 2007, quello di In Rainbows, il settimo disco in studio del gruppo rock britannico dei Radiohead, che viene spesso descritto come uno dei primi esempi di surprise album. Ai tempi i servizi di musica in streaming erano ancora poco sviluppati, e la “sorpresa” fu soprattutto nel modo in cui il disco fu annunciato: i Radiohead infatti ne parlarono 10 giorni prima dell’uscita nei negozi, con un post pubblicato sul loro sito.

Un altro esempio spesso citato è quello del cantautore inglese David Bowie, che tra il 2011 e il 2012 lavorò con grande riserbo a The Next Day, il suo quindicesimo album in studio, chiedendo a tutte le persone coinvolte nella sua realizzazione (tecnici, musicisti, manager) di firmare un accordo di riservatezza. Altri surprise album celebri sono Songs Of Innocence degli U2 (2014), If You’re Reading This It’s Too Late di Drake (2015), A Seat at the Table di Solange e Anti di Rihanna (2016) e KOD di J. Cole (2018), solo per citarne alcuni.

Questa scelta promozionale, però, è associata soprattutto alla cantante statunitense Beyoncé, riconosciuta come la musicista che più di ogni altra ha contribuito a sdoganarla in tutto il mondo. I dischi che ha prodotto tra il 2013 e il 2018 (l’omonimo Beyoncé, il premiatissimo Lemonade, e Everything Is Love, pubblicato insieme al marito Jay-Z) sono usciti improvvisamente, in quasi tutti i casi spiazzando riviste specializzate e addetti ai lavori. A questo proposito, il giornalista di Vulture Harley Brown ha scritto che «quando l’album omonimo di Beyoncé apparve come un miracolo di Natale sull’iTunes Store a mezzanotte di un giovedì di dicembre del 2013, le regole su come pubblicare un disco furono letteralmente riscritte in una sola notte».

I surprise album furono innovativi da alcuni punti di vista: prima che diventassero una cosa normale, rinunciare alla fase di produzione era impensabile. Il critico musicale del New York Times Joe Coscarelli ha detto che, prima che i servizi di streaming rendessero i supporti su cui prima veniva ascoltata la musica (cd, cassette, vinili) sostanzialmente inutili, i musicisti dovevano completare la registrazione del disco, consegnarlo all’etichetta e poi farlo stampare,  un processo che poteva richiedere «settimane o mesi». Oggi invece musicisti e gruppi, specialmente quelli più famosi e ascoltati, possono fare uscire un disco anche poche ore prima che venga pubblicato sulle piattaforme di streaming.

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La giornalista musicale Rachel Finn ha scritto che, anche per via del frequente ricorso di Beyoncé, a un certo punto i surprise album hanno perso il loro carattere di novità: verso la fine dello scorso decennio non erano più percepiti come una “sorpresa” e, anzi, erano diventati così comuni da risultare banali e indistinguibili da modalità di promozione più ortodosse. Tuttavia, secondo Finn i surprise album hanno un senso anche al di là della loro capacità di far parlare dei musicisti che li realizzano. Il loro principale vantaggio è di consentire a musicisti di lavorare alla registrazione del disco con tranquillità, evitandogli di perdere tempo in viaggi, interviste e iniziative pubblicitarie.

Secondo Lindsay Zoladz di The Ringerverso la fine degli anni Dieci del Duemila il termine surprise album era utilizzato in modo così massiccio da aver perso il suo significato originario. Le riviste musicali lo usavano anche per descrivere album non annunciati esplicitamente, ma la cui uscita era comunque facilmente intuibile da diversi elementi, come post pubblicati sui canali social degli artisti.

In Italia questa modalità di promozione è stata utilizzata molto meno, e per questo motivo i pochi surprise album usciti finora hanno generato una grande attenzione: il caso più celebre degli ultimi anni è Noi, loro, gli altri, album che il rapper italiano Marracash (pseudonimo di Fabio Bartolo Rizzo) fece uscire senza annunci nel novembre del 2021, e che ha avuto un successo notevole.

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