La Sicilia ha approvato la costruzione di due termovalorizzatori
Se ne discuteva da anni per i noti problemi dell'isola nella gestione dei rifiuti, ma il progetto è molto contestato
La giunta regionale della Sicilia ha approvato un nuovo piano per la gestione dei rifiuti, da sempre particolarmente problematica nella regione. Prevede la costruzione di due termovalorizzatori, cioè impianti che bruciano i rifiuti producendo energia, oltre che l’ampliamento e l’efficientamento delle strutture per la raccolta e la gestione della differenziata.
I due termovalorizzatori saranno a Palermo e a Catania, si prevede che saranno operativi nel 2028 e costeranno in tutto 800 milioni di euro: avranno una capacità complessiva di 600 mila tonnellate all’anno, in grado di produrre energia per 50 megawatt. In Sicilia si discuteva da anni della necessità di costruire uno o più termovalorizzatori, visto che finora la regione ha dovuto mandare all’estero parte dei suoi rifiuti per l’incapacità di gestirli. Ci sono però grosse proteste da parte delle opposizioni e delle associazioni ambientaliste, che non ritengono i termovalorizzatori la soluzione adeguata al problema strutturale della regione coi rifiuti e hanno già presentato diversi ricorsi.
Secondo l’ultimo rapporto sui rifiuti urbani dell’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), nel 2022 in Sicilia furono prodotti oltre 2 milioni di tonnellate di rifiuti: di questi, oltre la metà è stata smaltita in discarica, il dato più alto d’Italia. Fino al 2021 la regione era anche l’unica dove la raccolta differenziata era inferiore al 50 per cento: nel 2022 per la prima volta ha superato la soglia, arrivando al 51 per cento, ancora molto lontana però dall’obiettivo europeo di avere almeno il 65 per cento di rifiuti differenziati. In alcune grandi città il dato è però molto più basso: a Catania e a Palermo vengono differenziati rispettivamente solo il 22 e il 15 per cento dei rifiuti.
Le amministrazioni locali da tempo hanno difficoltà a incentivare la raccolta differenziata, che peraltro non sempre riesce a essere correttamente gestita per mancanza di fondi, in parte assorbiti dalla necessità di trasferire i rifiuti nelle strutture all’estero. Il piano rifiuti prevede anche l’aumento degli impianti destinati a gestire la differenziata: quelli di compostaggio aumenteranno da 17 a 32; quelli di biodigestione, in cui si produce metano dai rifiuti, passeranno da 4 a 24.
Secondo le opposizioni e le associazioni ambientaliste, che hanno già presentato diversi ricorsi, i termovalorizzatori non solo non rispondono all’esigenza di una migliore raccolta rifiuti, visto che servono a gestire quelli indifferenziati, ma si riveleranno anche dannosi. Se la Regione, come auspicato, dovesse prima o poi adeguarsi all’obiettivo del 65 per cento dei rifiuti differenziati, dicono le associazioni, i termovalorizzatori avranno capacità di smaltimento in eccesso e inutilizzata: il rischio è che per giustificare i costi di gestione si mettano a bruciare rifiuti per conto di altri territori, importando così emissioni.
Un’altra critica riguarda la posizione dei due impianti: mentre a Catania sembra certo che il termovalorizzatore sarà costruito nella zona industriale, a Palermo la zona individuata sembra quella dov’è già presente l’attuale discarica, il che contribuirebbe a un ulteriore degrado e impoverimento ambientale dell’area.
I termovalorizzatori, o inceneritori, sono da tempo discussi non solo in Sicilia per il loro impatto ambientale e per la possibilità che siano dannosi per la salute delle persone per via delle sostanze inquinanti che producono con la loro attività: entrambe le cose dipendono dal modo in cui vengono progettati e costruiti i termovalorizzatori. Quando avviene tutto correttamente, secondo gli studi a disposizione non ci sono evidenze di rischi sostanziali per la salute.