In Serbia il crollo della tettoia di Novi Sad è diventato un grosso caso politico
Nell’incidente erano morte 15 persone: ora i manifestanti accusano il governo nazionalista di irregolarità negli appalti
Giovedì in Serbia undici persone sono state arrestate per il crollo della tettoia della stazione ferroviaria di Novi Sad, che il 1° novembre aveva causato 15 morti. Secondo informazioni dei media serbi, non confermate ufficialmente, fra gli arrestati ci sarebbe anche l’ex ministro dei Lavori pubblici Goran Vesić, che si era dimesso nei giorni successivi all’incidente.
Nelle ultime settimane il crollo della tettoia è diventato un caso politico molto dibattuto. A Novi Sad sono state organizzate proteste sempre più partecipate e animate, soprattutto contro quella che i manifestanti sostengono essere la causa principale del crollo, cioè la diffusa corruzione e la poca trasparenza rispetto agli appalti delle opere pubbliche in Serbia, spesso realizzate in collaborazione con aziende statali cinesi.
A Novi Sad, la seconda città più grande della Serbia, nel nord-ovest del paese, la stazione costruita nel 1964 era stata oggetto di ristrutturazione due volte negli ultimi anni, per lavori di ampliamento per l’alta velocità, un progetto realizzato con finanziamenti cinesi che dovrebbe collegare la capitale Belgrado con Budapest, in Ungheria. Le autorità non hanno mai davvero chiarito se la tettoia, crollata sui viaggiatori in attesa, fosse stata coinvolta dai lavori.
I lavori erano stati commissionati a due aziende cinesi, la China Railway International e la China Communications Construction, a un’azienda francese, la Egis, e a una ungherese, la Utiber. I manifestanti chiedono da giorni che i contratti firmati con le aziende vengano resi pubblici. Chiedono anche il rilascio di nove persone arrestate nelle scorse settimane per le proteste.
Oltre al ministro Vesić, sempre per la stampa locale, fra gli arrestati di giovedì ci sarebbero l’ex direttrice della compagnia nazionale ferroviaria, Jelena Tanasković, e due ingegneri della Egis.
Nei tre giorni precedenti le proteste all’esterno del tribunale di Novi Sad avevano causato scontri con la polizia. La tensione crescente sembrava poter diventare un problema di difficile gestione per il governo di Aleksandar Vučić, conservatore e nazionalista, che negli ultimi anni è riuscito a consolidare il controllo esercitato dal suo partito sulla politica e sulla società serbe (in modo autoritario, secondo le opposizioni).
Lo scorso novembre Vučić aveva sciolto il parlamento dopo un’altra serie di proteste, allora organizzate in seguito a due sparatorie e contro la diffusione delle armi da fuoco in Serbia. Aveva poi vinto le elezioni con il 46,75 per cento dei voti (che gli aveva garantito una solida maggioranza). In questi mesi il suo governo è stato però molto criticato per episodi di corruzione, per la stretta autoritaria e per i crescenti legami con Cina e Ungheria.