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  • Venerdì 22 novembre 2024

La Corte penale internazionale sta cambiando

Il mandato di arresto contro Netanyahu è una cosa mai vista nella storia del tribunale, e che per certi versi supera molte delle critiche che gli erano state rivolte in passato

Benjamin Netanyahu durante un discorso al parlamento israeliano il 18 novembre 2024 (AP Photo/Ohad Zwigenberg)
Benjamin Netanyahu durante un discorso al parlamento israeliano il 18 novembre 2024 (AP Photo/Ohad Zwigenberg)
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Il mandato d’arresto che giovedì la Corte penale internazionale (ICC) ha emesso contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, e contro l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, ha un valore politico importante: è la prima volta nella storia della Corte che viene emesso un mandato d’arresto contro rappresentanti politici alleati con paesi occidentali.

La Corte penale internazionale è il principale tribunale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità, ma dalla sua creazione (nel 2002) ad oggi si era limitata a perseguire leader e capi militari quasi esclusivamente di paesi africani. Questo le aveva attirato diverse critiche per la sua presunta faziosità: era stata accusata di applicare un “doppio standard” (quindi criteri diversi a situazioni analoghe) e di non volersi esprimere su casi che riguardavano leader occidentali, o loro alleati (per esempio rallentando le indagini o considerando le richieste di emanare mandati di arresto non ammissibili).

Il mandato di arresto contro il presidente russo Vladimir Putin per i crimini di guerra commessi in Ucraina, emanato nel 2023 dalla Corte, era stato un primo cambiamento rispetto al passato. Era stata la prima volta che un mandato era diretto contro il leader di un paese membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’ONU, cioè l’organo più importante dell’organizzazione, in cui ci sono cinque paesi che hanno potere di veto, tra cui appunto la Russia. Rimaneva comunque un cambiamento parziale: Putin non si poteva certo considerare un alleato dell’Occidente.

Per Netanyahu e Gallant la questione è diversa. Quasi tutti i paesi occidentali, in particolare gli Stati Uniti, hanno sostenuto Israele nell’invasione della Striscia di Gaza, nonostante le evidenti violazioni del diritto internazionale compiute dall’esercito israeliano durante la guerra. Anche le reazioni dopo la diffusione del mandato di arresto sono state diverse rispetto al passato: Biden, che si era mostrato favorevole all’emanazione del mandato contro Putin, ha detto di «rifiutare» la decisione della Corte su Netanyahu e Gallant.

Il rapporto degli Stati Uniti con la Corte penale internazionale è da sempre piuttosto conflittuale (il paese non fa neanche parte dello Statuto di Roma, ossia il trattato che creò la Corte) e probabilmente lo diventerà ancora di più dopo l’insediamento di Donald Trump alla presidenza, che è un aperto sostenitore della guerra di Israele nella Striscia di Gaza.

Ci sono anche dei precedenti. Nel 2020 la Corte aprì ufficialmente un’indagine sui crimini commessi durante la guerra in Afghanistan sia dai talebani sia dall’esercito statunitense e dalla CIA. In quell’occasione Trump bloccò i conti statunitensi della procuratrice della Corte e del suo vice, oltre a imporre a loro e a diversi funzionari restrizioni di viaggio negli Stati Uniti. Alcuni senatori statunitensi di entrambi i partiti hanno detto di voler fare lo stesso contro l’attuale procuratore Karim Khan e contro alcuni giudici della Corte.

La decisione su Netanyahu e Gallant ha comunque rafforzato la credibilità non solo della Corte, ma in generale anche del sistema della giustizia internazionale creato dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, come dice su Le Monde l’avvocato per i diritti umani Reed Brody.

Questo non significa comunque che il mandato sarà applicato e che Netanyahu sarà arrestato: la Corte infatti non ha il potere di far rispettare le sue sentenze, oltre al fatto che sono pochi i paesi firmatari dello Statuto di Roma ad aver detto di essere pronti a eseguire il mandato d’arresto qualora i due politici israeliani entrassero nel loro territorio. A Netanyahu e Gallant basterà evitare di andare in quei paesi, come ad esempio i Paesi Bassi, dove si trova la sede della Corte penale internazionale.

È inoltre possibile che questa decisione porterà alcuni stati a diminuire o ritirare il loro contributo annuale per la Corte, cosa che potrebbe avere un effetto negativo sulla sua capacità di portare avanti anche altri processi già in corso. Lo si vedrà fra pochi giorni, dato che dal 2 al 7 dicembre i 124 membri dello Statuto (che non comprendono Israele, Stati Uniti, Russia né Cina) si incontreranno per approvare il bilancio per il 2025.

– Leggi anche: Le possibilità che Netanyahu venga arrestato sono molto scarse