In un pezzo di Basilicata hanno gli ultimi giorni di acqua corrente
Il lago Camastra si è prosciugato provocando una crisi idrica per 140mila persone, in una regione che in realtà di sorgenti ne avrebbe
di Angelo Mastrandrea
Il lago Camastra, in Basilicata, è una distesa di pietre e fango rinsecchito con qualche pozzanghera. Ancora per qualche giorno continuerà a fornire l’acqua a 29 comuni della provincia di Potenza, tra cui il capoluogo. Poi anche le ultime riserve si esauriranno. La poca acqua rimasta non riesce neppure ad arrivare alla diga che lo delimita sul versante settentrionale, e lungo i 54 metri di altezza ci sono solo i detriti accumulati da anni. Attorno alla torre di pescaggio, una sorta di deposito in cui l’acqua viene immagazzinata per essere inviata agli impianti di potabilizzazione e poi negli acquedotti, il livello è così basso che non riesce a raggiungere le bocche di prelievo. Non entra neppure da quelle messe alla base, perché sono intasate dal fango in cui la torre è immersa per un metro e mezzo, e che non è stato mai ripulito.
Il lago è un invaso artificiale che fu creato all’inizio degli anni Settanta per distribuire l’acqua ai comuni e agli agricoltori per l’irrigazione. Ha una capienza complessiva di 32 milioni di metri cubi di acqua. A novembre del 2023 c’erano ancora 6,75 milioni di metri cubi d’acqua, ma dalla primavera il livello è cominciato a calare bruscamente. «Dovevamo aspettarcelo, perché l’inverno scorso sui monti non ha nevicato e ha piovuto poco», dice il presidente del gruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale Piero Lacorazza. Durante l’estate si è seccato quasi del tutto e in autunno la situazione non è migliorata. L’ultima rilevazione, a metà novembre, ha registrato appena 420mila metri cubi di acqua in tutto il lago.
Il prosciugamento del Camastra ha provocato una grave crisi idrica nei paesi che si trovano sul complesso delle cosiddette Dolomiti lucane, delle montagne dalla morfologia simile a quella delle Dolomiti venete.
Alla fine di settembre l’Acquedotto Lucano, la società pubblica che gestisce la rete idrica, è stato costretto a razionare l’acqua, interrompendo la distribuzione ogni giorno dalle 18:30 alle 6:30 del mattino. L’amministratore unico della società Alfonso Andretta ha invitato i sindaci a emettere ordinanze per vietare l’uso di acqua potabile per annaffiare, lavare oggetti, riempire piscine e fontane: «In sostanza tutti gli usi diversi da quello alimentare, domestico ed igienico sanitario».
Nei paesi delle Dolomiti lucane i negozi si sono attrezzati con botti e cisterne per non dover chiudere durante il razionamento, mentre i cittadini riempiono secchi e taniche per la notte. Nella frazione San Donato di Anzi, un paesino di 1.600 abitanti, Gerardo Ruggieri dice che dalla fine di settembre beve solo acqua minerale. Quella che esce dal rubinetto è razionata appunto dalle 18:30 alle 6:30 del mattino. Soprattutto «è torbida, specialmente la mattina presto, e qualche volta c’è anche della sabbia».
Un altro cittadino, Antonio De Stefano, dice di non utilizzarla neppure per lavarsi. Per gli abitanti di Anzi, che si trova a 1.000 metri d’altitudine, ritrovarsi senz’acqua è stata una sorpresa: nei boschi ci sono diverse sorgenti. C’è chi ricorda quando in paese c’era un «fontaniere», cioè un addetto del comune che faceva la manutenzione degli impianti, piccole riparazioni e portava perfino le bollette. «Eravamo noi a dare l’acqua al Camastra, finché il tubo che portava l’acqua dalle fonti di Rifreddo, che sono in montagna, fino al lago che si trova a valle, è stato tagliato perché aveva delle perdite che allagavano alcuni terreni», racconta l’assessora all’Ambiente Maria Antonietta Mancino.
Quello delle fonti di Rifreddo non è un caso isolato, visto che la Basilicata ha il più alto tasso di dispersione idrica in Italia. Secondo i dati dell’Istat, il 65,5 per cento dell’acqua destinata all’uso agricolo, domestico o industriale nella regione si perde per strada, a causa delle condutture vecchie e della scarsa manutenzione. Ad esempio, una parte consistente dell’acqua del Camastra si perde durante lo spostamento verso il potabilizzatore di Masseria Romaniello, a Potenza, per una conduttura che si è rotta a Brindisi di Montagna, più o meno a metà strada. I tecnici dell’Acquedotto Lucano, durante una riunione alla Regione, hanno detto di non aver riparato la perdita perché avrebbero dovuto sospendere la fornitura di acqua alla città per 30 ore, causando ulteriori disagi ai cittadini.
Il 16 novembre 40 cittadini di Anzi, praticamente una persona per ogni famiglia, sono andati a protestare davanti alla sede della Regione Basilicata a Potenza, mentre all’interno era in corso una riunione per la crisi sull’emergenza idrica. La manifestazione era stata indetta dal Comitato acqua pubblica della val Camastra. Alla riunione partecipavano il presidente della Regione Vito Bardi, di Forza Italia, i sindaci dei paesi coinvolti, le società che gestiscono i servizi idrici, l’Autorità di bacino e la Protezione Civile. Al termine dell’incontro, i manifestanti hanno appreso che le riserve del Camastra si sarebbero esaurite entro pochi giorni e che nelle loro case sarebbe stata portata l’acqua del fiume Basento. I cittadini di Anzi dicono che non la utilizzeranno, perché nel Basento arrivano gli scarichi di due aree industriali e quelli di cinque depuratori. Dicono di voler bere l’acqua delle loro sorgenti, ma non possono perché la concessione è esclusiva di Acquedotto Lucano. «La nostra è una situazione paradossale, perché se potessimo utilizzare la nostra acqua non avremmo alcun problema», dice la sindaca Filomena Graziadei, che guida una lista civica.
Alla Regione dicono che sono previsti controlli quotidiani dell’acqua del Basento, sia al momento del prelievo che quando esce dall’impianto di potabilizzazione. Inoltre, sarà disposto anche un servizio di sorveglianza del fiume per impedire gli scarichi abusivi. Dopo le prime analisi il direttore tecnico-scientifico dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPAB) Achille Palma ha definito la situazione dell’acqua del Basento «tranquillizzante», poiché sono stati ritrovati solo dei tensioattivi e dei fosfati che possono essere eliminati dal potabilizzatore.
L’acqua da bere ha tre livelli di qualità, A1, A2 e A3, e per ognuno di questi sono previsti dei trattamenti diversi per renderla potabile. L’ARPAB ha classificato quella del Basento come A2, «adatta al consumo umano». I sindaci dei comuni coinvolti però non si fidano del tutto. «La legge prevede che, per definire un’acqua potabile, sono necessari 12 campionamenti in un anno, cioè uno al mese. Prevedendo quello che sarebbe accaduto al Camastra avrebbero potuto cominciare ad analizzarla già in primavera, invece hanno fatto la prima analisi solo il 6 novembre e hanno deciso che l’acqua del Basento, che negli anni passati è risultata più volte inquinata, è potabile e sicura», dice Nicola Valluzzi, del Partito Democratico, sindaco di Castelmezzano, un altro comune delle Dolomiti lucane. A suo parere, basterebbe che fosse classificata a un livello più basso, e quindi le fossero applicati ulteriori trattamenti di potabilizzazione, per ridurre sensibilmente i rischi.
La situazione di Anzi, un comune con le sorgenti in casa ma senz’acqua nelle case, è analoga a quella dell’intera Basilicata, che è una regione ricca d’acqua ma alle prese con una grave crisi idrica. Solo nel bacino del Basento ci sono tre invasi, tra cui quello della Camastra. Per questo, nonostante l’elevata dispersione idrica, non ha mai avuto problemi e fornisce l’acqua anche alle confinanti Campania e Puglia. «Il problema principale è che l’anno scorso sui monti non ha nevicato e ha piovuto molto poco, ma la siccità non spiega tutta la crisi, che si sarebbe potuta evitare facilmente se fosse stata affrontata per tempo», dice il sindaco di Brindisi di Montagna Gerardo Larocca, che è anche presidente per la Basilicata dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI).
Il calo dell’acqua del Camastra infatti cominciò nel 2019, quando l’Ufficio dighe di Napoli, che dipende dal ministero delle Infrastrutture, impose all’ente che gestiva l’invaso di abbassare il livello dell’acqua di 7 metri perché la diga, inaugurata nel 1971, non aveva i requisiti di sicurezza necessari in caso di terremoto. C’è chi pensa che il lago sia stato svuotato di proposito per collaudare la diga, provocando il disastro: i deputati Arnaldo Lomuti del Movimento 5 Stelle e Francesco Borrelli dell’Alleanza Verdi Sinistra lo hanno scritto in una interrogazione parlamentare in cui ipotizzano che Acque del Sud, una società del ministero dell’Economia che dal primo gennaio del 2024 gestisce l’invaso, abbia aperto le paratie per un collaudo scaricando le acque nel fiume Basento.
I sindaci della zona però non credono a questa ipotesi. Ritengono invece che il prosciugamento del lago sia dovuto in parte ai cambiamenti climatici e in parte alla cattiva gestione dell’invaso. «Se avessero rimosso i fanghi e i detriti accumulati per decenni e avessero fatto i controlli di sicurezza alla diga forse non ci troveremmo con 140mila persone senz’acqua», dice Valluzzi. A suo parere, la siccità ha fatto emergere tutte le inefficienze, antiche e recenti, nella gestione dell’acqua in Basilicata. «Prima dell’estate abbiamo più volte segnalato alla Regione che l’acqua calava, ma l’unica strategia adottata è stata quella dello “speriamo che piova”», conclude.
Per evitare di interrompere le forniture, Acque del Sud ha scavato una conca profonda tre metri per raccogliere la poca acqua rimasta e ci ha costruito sopra un sistema di pompaggio galleggiante che i cittadini chiamano «lo zatterone». Le pompe la prelevano per farla arrivare all’Acquedotto Lucano, che la distribuisce a Potenza e negli altri 28 comuni della provincia.
Alla fine di ottobre il governo ha nominato il presidente della Regione Bardi commissario all’emergenza idrica, mettendogli a disposizione 2 milioni e mezzo di euro per risolvere il problema. Per evitare che entro la fine di novembre 140mila cittadini rimanessero senz’acqua, che scuole e uffici pubblici dovessero chiudere e gli ospedali fossero costretti a rimanere aperti con rifornimenti d’emergenza, in appena una settimana la Protezione Civile ha montato tre pompe che prelevano 400 litri al secondo di acqua dal fiume Basento e la portano con un tubo lungo 4 chilometri al cosiddetto Camastrino, una vasca che raccoglie le acque di scolo della diga. I lavori sono stati conclusi il 20 novembre e la Regione ha annunciato che da lunedì 25 novembre dai rubinetti sarebbe uscita l’acqua del Basento. Ha però stabilito un ulteriore razionamento perché nel frattempo l’acqua del Camastra è ulteriormente diminuita. La soluzione adottata non è comunque definitiva, poiché il tubo non è stato interrato: è stato solo poggiato provvisoriamente a terra tra boschi e campagne.