• Konrad
  • Giovedì 21 novembre 2024

Il compromesso sulla nuova Commissione Europea, a destra

Ha escluso i Verdi e potrebbe portare a una maggioranza diversa, allargata dai Popolari a ECR

Ursula von der Leyen alla riunione della Comunità politica europea a a Budapest, il 7 novembre
Ursula von der Leyen alla riunione della Comunità politica europea a Budapest, il 7 novembre (EPA/SZILARD KOSZTICSAK)

L’accordo concluso mercoledì sera sulla composizione della prossima Commissione Europea tra Socialisti (S&D), Popolari (PPE) e i liberali di Renew Europe – quello che porterà alla nomina a vicepresidente di Raffaele Fitto, di Fratelli d’Italia – ha confermato due tendenze politiche che erano già evidenti da settimane.

La prima è che le trattative per sbloccare le ultime nomine hanno escluso completamente i Verdi, che a luglio erano stati decisivi per la rielezione di Ursula von der Leyen come presidente della Commissione e avevano sperato di essere inclusi nella maggioranza parlamentare: non è andata così. La seconda è un generale spostamento a destra della Commissione, evidente dalla lista dei commissari, oltre che del Parlamento, dove i Popolari hanno più volte votato insieme ai gruppi di destra ed estrema destra e contro i propri alleati, Socialisti e Renew Europe.

Nello scorso mandato, uno dei casi più noti aveva riguardato la Nature Restoration Law, un importante insieme di norme per la tutela dell’ambiente (che però alla fine era stato approvato). La settimana scorsa è accaduto qualcosa di simile su una proposta di regolamento contro la deforestazione. I Popolari hanno votato per un rinvio di un anno dell’entrata in vigore insieme agli altri gruppi di destra ed estrema destra: Conservatori e Riformisti (ECR), Patrioti per l’Europa ed Europa delle nazioni sovrane (ESN).

Da subito i Verdi si erano opposti alla nomina di Raffaele Fitto, di Fratelli d’Italia (parte di ECR), perché la ritenevano una violazione del “cordone sanitario”, ossia dell’accordo informale che impegna i partiti europeisti a non allearsi con quelli di estrema destra.

È lo stesso punto su cui hanno litigato Socialisti e Popolari. Solo che i primi erano – almeno inizialmente – più vicini alla posizione dei Verdi, e contestavano l’assegnazione a Fitto di una delle sei vicepresidenze della Commissione. In questi veti incrociati i Popolari, su pressione della loro delegazione spagnola, hanno fatto ostruzionismo contro la candidata vicepresidente Teresa Ribera, del Partito Socialista, che avrà due deleghe molto importanti: Transizione giusta (cioè la transizione ecologica) e Concorrenza.

Teresa Ribera, in piedi, nel parlamento spagnolo, il 20 novembre

Teresa Ribera, in piedi, nel parlamento spagnolo, il 20 novembre (EPA/Mariscal)

Il voto finale del Parlamento Europeo, che permetterà alla nuova Commissione di entrare ufficialmente in carica, è programmato per il 27 novembre durante una sessione plenaria. Basterà la maggioranza semplice.

Il compromesso ha visto i Popolari difendere la nomina di Fitto, e quindi ottenere un risultato per conto di ECR. Inoltre è stato superato lo stallo su Olivér Várhelyi, il candidato commissario ungherese che diversi gruppi ritenevano troppo vicino al primo ministro Viktor Orbán. Várhelyi avrà comunque un incarico (alla Salute e benessere animale) meno importante che nello scorso mandato, quando era commissario all’Allargamento dell’Unione.

Il risultato è che nessun candidato commissario è stato bocciato dal Parlamento Europeo: non succedeva dal 1999. I principali partiti hanno rinunciato a questo loro potere, per ragioni politiche.

Un’altra conseguenza, notata da diverse analisi, è l’ormai avvenuta “normalizzazione” di ECR. Fitto appartiene a un gruppo che fino a pochi anni fa non veniva considerato un partner credibile. La vicepresidenza sancisce che non è più cosi. Potenzialmente ECR può prendere il posto dei Verdi, che però devono ancora decidere come votare sulla nuova Commissione (i Verdi italiani hanno già detto che voteranno contro).

Raffaele Fitto durante le audizioni dei candidati commissari, il 12 novembre

Raffaele Fitto durante le audizioni dei candidati commissari, il 12 novembre (Alain ROLLAND © EP)

L’avvicinamento tra Popolari ed ECR è avvenuto in più tappe: le ultime sono state la decisione di von der Leyen di assegnargli la vicepresidenza e l’impegno della presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni a sostenere, in cambio, la nuova Commissione, a costo di creare divisioni dentro ECR (i polacchi di Diritto e Giustizia sono contrari).

I tre gruppi hanno ottenuto delle contropartite, soprattutto formali. Mercoledì Ribera, come chiesto dai Popolari, ha risposto nel parlamento spagnolo della gestione delle alluvioni di Valencia in qualità di ministra della Transizione ecologica (anche se le responsabilità di quello che non ha funzionato sono soprattutto dell’amministrazione regionale, dei Popolari). Un’altra condizione – questa non accolta – era l’impegno a dimettersi qualora, sempre per le alluvioni, Ribera venisse rinviata a giudizio in Spagna.

Socialisti e Renew Europe, invece, hanno chiesto di rivedere la lettera di incarico con cui von der Leyen ha assegnato a Fitto le deleghe, alla Coesione e alle Riforme, aggiungendo un documento che dice che non condividono la sua scelta. Questa specie di dichiarazione di sfiducia concretamente non cambia nulla, ma ha un significato soprattutto simbolico.

La sessione plenaria del Parlamento Europeo, a Strasburgo, in Francia, lo scorso ottobre

La sessione plenaria del Parlamento Europeo, a Strasburgo, in Francia, lo scorso ottobre (Fred MARVAUX © EP)

L’accordo tra i tre gruppi non è un patto di coalizione. Al Parlamento Europeo non ci sono maggioranze fisse, come nei parlamenti nazionali, ma variano sui singoli provvedimenti. Il testo firmato dai capigruppo contiene priorità generiche e soprattutto non vincola i Popolari a un’alleanza stabile con Socialisti e Renew Europe, ma piuttosto a cooperare con loro. Non vieta ai Popolari, in futuro, di votare nuovamente insieme a ECR: una cosa che, però, potrebbe indispettire gli altri due alleati “storici”, complicando questa collaborazione.

Il compromesso è stato raccontato come un’imposizione dei Popolari e un cedimento dei Socialisti e ha deluso diversi partiti nazionali dei gruppi che lo hanno sottoscritto, soprattutto tra i Socialisti. Per esempio Raphael Glucksmann, uno dei leader della delegazione francese (che ha 13 eurodeputati), ha scritto che rifiuta «un accordo politico con Meloni», che però c’è già stato.

È comune che i partiti cambino posizione tra il voto di fiducia alla presidente e quello che conferma l’intera Commissione, visto che ne fa parte un commissario o una commissaria del loro paese. Di solito tra il primo e il secondo passaggio aumentano i voti a favore: il 27 novembre probabilmente avverrà il contrario, e cioè la maggioranza si restringerà rispetto ai 401 voti a favore ricevuti a luglio.

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