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  • Mercoledì 20 novembre 2024

Le prime misure di lungo periodo contro la siccità in Sicilia

Dopo una trattativa con il governo la regione ha ottenuto i fondi per attivare quattro dissalatori, ma i tempi sono lunghi

Un impianto di desalinizzazione a Porto Empedocle, 13 luglio 2024 (Gianni Cipriano/The New York Times/Contrasto)
Un impianto di desalinizzazione a Porto Empedocle, 13 luglio 2024 (Gianni Cipriano/The New York Times/Contrasto)
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La Regione Sicilia ha trovato un accordo con il governo per attivare quattro dissalatori, cioè impianti in grado di trasformare l’acqua marina in acqua potabile: è la prima soluzione strutturale e a lungo termine adottata in Sicilia per contrastare la siccità, che da almeno un anno e mezzo sta creando enormi problemi soprattutto nelle zone centro-meridionali, prosciugando laghi e fiumi, danneggiando molto l’agricoltura e interrompendo le forniture d’acqua in varie città, a volte anche per giorni.

Finora la Regione aveva gestito il problema in maniera approssimativa e senza investimenti adeguati. Già a giugno l’amministrazione regionale aveva provato a riattivare alcuni suoi dissalatori in disuso, ma aveva rinunciato a causa dei costi. Solo dopo tre mesi di trattative con il governo è infine riuscita a stanziare 100 milioni di euro, 90 dei quali saranno garantiti proprio dallo Stato attraverso il Fondo di sviluppo e coesione (un fondo statale che serve a ridurre gli squilibri economici, sociali e infrastrutturali sul territorio nazionale).

Con questi nuovi fondi la Regione prevede di riattivare entro il giugno del 2025 i tre dissalatori di Gela, Trapani e Porto Empedocle, che erano dismessi da più di dieci anni. Quando saranno a regime, dovrebbero garantire una fornitura d’acqua tra i 500 e i 600 litri al secondo. A Porto Empedocle sarà anche costruito un nuovo dissalatore, che aumenterà la fornitura di acqua fino a 900 litri al secondo. Per completarlo però serviranno almeno 15 mesi.

È ancora presto per capire se l’acqua dei dissalatori sarà sufficiente a risolvere la crisi, ma è molto probabile che da sola non basterà. Anche quando i tre dissalatori saranno a regime, infatti, la portata complessiva non sarà sufficiente a servire nemmeno la sola città di Palermo, che ha bisogno in media di 2.500 litri al secondo.

Finora la Regione Sicilia aveva cercato di risolvere la crisi idrica con soluzioni a breve termine, come il ripristino di vecchi pozzi nelle province di Palermo e Agrigento (le più colpite dalla siccità) e l’uso di autobotti per portare acqua nei comuni in crisi. Oltre a essere temporanee sono soluzioni molto costose, che finiscono per aumentare i costi per abitanti e imprese. La Regione aveva anche iniziato a riparare la rete di distribuzione dell’acqua nell’isola, che è uno dei problemi principali della crisi: più del 50 per cento dell’acqua immessa nelle reti idriche dell’isola viene infatti perso per scarsa manutenzione.

Un lavoratore dell’Aica, l’azienda idrica della provincia di Agrigento, fornisce acqua da una cisterna a un villaggio turistico di Porto Empedocle, 18 luglio 2024 (AP Photo/Andrew Medichini)

Nonostante i primi interventi, negli ultimi mesi la crisi idrica non è migliorata. Il 30 settembre il presidente della Sicilia Renato Schifani aveva fatto sapere che negli invasi siciliani c’erano 60 milioni di metri cubi d’acqua, contro i 300 dell’anno precedente nello stesso periodo: in alcuni casi gli invasi erano addirittura vuoti. A partire da gennaio è stato imposto il razionamento dell’acqua in alcuni comuni, che sono via via aumentati con l’aggravarsi della crisi. A ottobre è stato attivato un nuovo piano di razionamento dell’acqua anche in diversi quartieri di Palermo, la città più popolosa dell’isola e la quinta in Italia con quasi 630mila abitanti, che fino a quel momento aveva subìto molto meno delle altre le conseguenze della siccità. Questo stesso piano era già stato presentato a luglio, per poi essere scartato perché ritenuto eccessivamente gravoso per la popolazione: la situazione degli ultimi mesi però l’ha reso inevitabile.

Tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre in Sicilia ci sono state forti piogge, che hanno causato diversi danni nelle zone di Catania e Siracusa, con nuovi disagi per la popolazione. Ma per quel che riguarda la siccità, la pioggia è servita a poco: nelle zone con gli invasi infatti le piogge sono state scarse. Allo stesso tempo le dighe sono malmesse e quindi gran parte dell’acqua che si è riversata nei fiumi è finita nel mare. A luglio la Regione aveva annunciato un piano per migliorare la distribuzione dell’acqua nell’isola, ma sullo stato degli interventi proposti si sa poco.

La Sicilia non è l’unica regione che sta affrontando una grave crisi idrica in Italia. Anche in Abruzzo, Puglia, Basilicata e Umbria le scarse piogge dell’ultimo anno, unite alle perdite della rete idrica, stanno portando a razionamenti e altri disagi. Persino la Sardegna, considerata un modello virtuoso nella gestione dell’acqua, a fine luglio aveva dichiarato lo stato di emergenza.

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