Le prime misure di lungo periodo contro la siccità in Sicilia
Dopo una trattativa con il governo la regione ha ottenuto i fondi per attivare quattro dissalatori, ma i tempi sono lunghi
La Regione Sicilia ha trovato un accordo con il governo per attivare quattro dissalatori, cioè impianti in grado di trasformare l’acqua marina in acqua potabile: è la prima soluzione strutturale e a lungo termine adottata in Sicilia per contrastare la siccità, che da almeno un anno e mezzo sta creando enormi problemi soprattutto nelle zone centro-meridionali, prosciugando laghi e fiumi, danneggiando molto l’agricoltura e interrompendo le forniture d’acqua in varie città, a volte anche per giorni.
Finora la Regione aveva gestito il problema in maniera approssimativa e senza investimenti adeguati. Già a giugno l’amministrazione regionale aveva provato a riattivare alcuni suoi dissalatori in disuso, ma aveva rinunciato a causa dei costi. Solo dopo tre mesi di trattative con il governo è infine riuscita a stanziare 100 milioni di euro, 90 dei quali saranno garantiti proprio dallo Stato attraverso il Fondo di sviluppo e coesione (un fondo statale che serve a ridurre gli squilibri economici, sociali e infrastrutturali sul territorio nazionale).
Con questi nuovi fondi la Regione prevede di riattivare entro il giugno del 2025 i tre dissalatori di Gela, Trapani e Porto Empedocle, che erano dismessi da più di dieci anni. Quando saranno a regime, dovrebbero garantire una fornitura d’acqua tra i 500 e i 600 litri al secondo. A Porto Empedocle sarà anche costruito un nuovo dissalatore, che aumenterà la fornitura di acqua fino a 900 litri al secondo. Per completarlo però serviranno almeno 15 mesi.
È ancora presto per capire se l’acqua dei dissalatori sarà sufficiente a risolvere la crisi, ma è molto probabile che da soli non basteranno. Anche quando i tre dissalatori saranno a regime, infatti, la portata complessiva non sarà sufficiente a servire nemmeno la sola città di Palermo, che ha bisogno in media di 2.500 litri al secondo.
Finora la Regione Sicilia aveva cercato di risolvere la crisi idrica con soluzioni a breve termine, come il ripristino di vecchi pozzi nelle province di Palermo e Agrigento (le più colpite dalla siccità) e l’uso di autobotti per portare acqua nei comuni in crisi. Oltre a essere temporanee sono soluzioni molto costose, che finiscono per aumentare i costi per abitanti e imprese. La Regione aveva anche iniziato a riparare la rete di distribuzione dell’acqua nell’isola, che è uno dei problemi principali della crisi: più del 50 per cento dell’acqua immessa nelle reti idriche dell’isola viene infatti perso per scarsa manutenzione.
Nonostante i primi interventi, negli ultimi mesi la crisi idrica non è migliorata. Il 30 settembre il presidente della Sicilia Renato Schifani aveva fatto sapere che negli invasi siciliani c’erano 60 milioni di metri cubi d’acqua, contro i 300 dell’anno precedente nello stesso periodo: in alcuni casi gli invasi erano addirittura vuoti. A partire da gennaio è stato imposto il razionamento dell’acqua in alcuni comuni, che sono via via aumentati con l’aggravarsi della crisi. A ottobre è stato attivato un nuovo piano di razionamento dell’acqua anche in diversi quartieri di Palermo, la città più popolosa dell’isola e la quinta in Italia con quasi 630mila abitanti, che fino a quel momento aveva subìto molto meno delle altre le conseguenze della siccità. Questo stesso piano era già stato presentato a luglio, per poi essere scartato perché ritenuto eccessivamente gravoso per la popolazione: la situazione degli ultimi mesi però l’ha reso inevitabile.
Tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre in Sicilia ci sono state forti piogge, che hanno causato diversi danni nelle zone di Catania e Siracusa, con nuovi disagi per la popolazione. Ma per quel che riguarda la siccità, la pioggia è servita a poco: nelle zone con gli invasi infatti le piogge sono state scarse. Allo stesso tempo le dighe sono malmesse e quindi gran parte dell’acqua che si è riversata nei fiumi è finita nel mare. A luglio la Regione aveva annunciato un piano per migliorare la distribuzione dell’acqua nell’isola, ma sullo stato degli interventi proposti si sa poco.
La Sicilia non è l’unica regione che sta affrontando una grave crisi idrica in Italia. Anche in Abruzzo, Puglia, Basilicata e Umbria le scarse piogge dell’ultimo anno, unite alle perdite della rete idrica, stanno portando a razionamenti e altri disagi. Persino la Sardegna, considerata un modello virtuoso nella gestione dell’acqua, a fine luglio aveva dichiarato lo stato di emergenza.
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