La gara di atletica più truccata della storia olimpica
È quella dei 1500 metri femminili di Londra 2012, con 5 atlete su 13 squalificate per doping
Martedì sono state riassegnate due medaglie olimpiche dei 1500 metri femminili di atletica. Le Olimpiadi in questione non sono quelle più vicine nel tempo, Parigi 2024, ma Londra 2012, e la gara è considerata una delle più truccate dell’intera storia olimpica. Le medaglie d’argento e di bronzo sono state riassegnate dopo la squalifica retroattiva per doping di Tatyana Tomashova, che aveva finito la gara quarta, ma era poi scalata al secondo posto per le squalifiche di altre due atlete. Con Tomashova le atlete di quella gara squalificate per doping sono complessivamente cinque, su tredici finaliste.
La storia di questa gara è particolarmente travagliata e la classifica finale delle prime tre posizioni è cambiata una prima volta nel 2015, una nel 2017 e di nuovo martedì. Prima fu squalificata per doping la vincitrice, la turca Asli Cakir Alptekin, poi la seconda classificata, Gamze Bulut, sempre turca: come sempre in questi casi le squalifiche delle prime hanno portato le atlete arrivate subito dopo a scalare in classifica e a ricevere retroattivamente le medaglie. Maryam Yusuf Jamal, terza al traguardo, è diventata prima.
Martedì Tomashova ha perso la sua medaglia d’argento dopo aver deciso di non fare appello contro una squalifica per doping di dieci anni decisa dal Tribunale arbitrale dello sport (TAS) di Losanna. Era già stata squalificata per due anni nel 2008, poi nel 2021 era risultata positiva a steroidi anabolizzanti e questo aveva portato a rianalizzare i campioni del suo sangue risalenti ai mesi appena precedenti alle Olimpiadi di Londra, conservati dalle autorità antidoping. Con le nuove tecnologie sono state evidenziate tracce di doping e le è quindi stata data la squalifica retroattiva.
Fra le finaliste di quella gara nel 2014 erano già risultate positive al doping la settima classificata, la bielorussa Natallia Kareiva, e la nona, la russa Yekaterina Kostetskaya. La svedese di origini etiopi Abeba Aregawi, quinta all’arrivo nel 2012 ma seconda dopo l’ultima riscrittura delle classifiche, era stata a sua volta fermata per doping nel 2016, anche se la sospensione non si era poi trasformata in una squalifica per questioni legali.
Anche senza considerare Aregawi, le cinque atlete squalificate per doping su tredici, e per di più tre delle prime quattro, rendono quella finale un caso unico. Furono espressi dubbi sulla presenza di atlete dopate già subito dopo la gara. Lisa Dobriskey, atleta britannica e quindi di casa, iniziò quella finale con grandi pressioni e aspettative, ma finì decima e nella prima intervista alla BBC disse: «Probabilmente finirò nei guai dicendo questa cosa, ma non credo di aver partecipato a una gara in cui tutte competevano ad armi pari».
Dobriskey aveva più volte espresso dei dubbi in particolare sulla vincitrice Cakir Alptekin, che dopo essere stata squalificata per doping una prima volta era tornata a gareggiare, realizzando più o meno gli stessi tempi di quando aveva usato sostanze vietate in passato. Dobriskey fra il 2012 e il 2024 è scalata dal decimo al quinto posto di quella gara, ovviamente con poca consolazione: «Allora mi sentivo come se avessi deluso una nazione. Ora vorrei solo poterla correre di nuovo, alla pari».