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  • Martedì 19 novembre 2024

Le grandi proteste in Nuova Zelanda per i diritti dei maori

Decine di migliaia di persone hanno partecipato martedì all'ultimo giorno della hīkoi, la "protesta pacifica", contro una proposta di legge sostenuta da un pezzo di governo

Wellington, 19 novembre
(Joe Allison/Getty Images)
Wellington, 19 novembre (Joe Allison/Getty Images)
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Martedì in Nuova Zelanda decine di migliaia di persone hanno protestato contro una proposta di legge che ha l’obiettivo di reinterpretare il trattato che viene considerato il testo fondante del paese e che è stata voluta dal partito più a destra della coalizione di governo, che si chiama ACT. La proposta vorrebbe estendere a tutti i cittadini neozelandesi i diritti che il trattato garantisce ai maori, la popolazione polinesiana nativa della Nuova Zelanda: chi la contesta sostiene che questo sia un modo per togliere di fatto i diritti agli stessi maori, la cui condizione di discriminazione è un tema assai dibattuto nel paese.

Martedì è stato l’ultimo giorno della hīkoi, la “protesta pacifica” in lingua maori, iniziata nove giorni fa a Capo Reinga, nell’estremo nord del paese, e arrivata nella capitale Wellington martedì, circa mille chilometri più a sud. È stata una delle hīkoi più partecipate della storia neozelandese.

Il trattato di cui si parla è il Te Tiriti o Waitangi (dal nome del luogo in cui venne firmato), un accordo del 1840 siglato da 500 capi della comunità maori e dai rappresentanti del Regno Unito: prevedeva la nomina di un governatore britannico della Nuova Zelanda, ma riconosceva allo stesso tempo il diritto ai maori di mantenere le loro terre e i loro beni e di godere degli stessi diritti dei sudditi britannici.

Il testo è considerato oggi la base delle leggi e delle politiche che hanno l’obiettivo di riparare le ingiustizie commesse dai colonizzatori contro i maori: è stato per esempio usato in passato da alcune comunità maori per riottenere il possesso di alcuni terreni appartenenti ai loro antenati, per rivendicare nuovi ambiti di autonomia e per ricevere compensazioni per le discriminazioni subite.

Il trattato – che formalmente non è un trattato vincolante, ma un accordo tra le parti – fu redatto in due lingue, inglese e maori. Il fatto che le due versioni differiscano in alcune parti ha creato nel tempo un po’ di problemi nell’interpretare correttamente il testo e i suoi principi. Ne sono nate anche diverse cause legali e negli ultimi cinquant’anni i tribunali neozelandesi e una corte permanente istituita per giudicare sulle questioni che riguardano il trattato hanno cercato di mettere qualche punto fermo attraverso le sentenze.

Il parlamentare che ha proposto di rivedere il trattato, David Seymour, leader del partito di destra ACT, ha sostenuto che le interpretazioni del testo abbiano nel tempo creato uno squilibrio a favore della comunità maori. Per questo ha proposto di estendere i diritti garantiti ai maori a tutti i cittadini neozelandesi, svuotando di fatto il trattato della funzione che ha avuto fino ad oggi. Seymour è nato da madre maori e padre pākehā (ossia “di origine europea”).

Il leader di ACT, David Seymour, nel parlamento della Nuova Zelanda, 14 novembre 2024 (AP Photo/Charlotte Graham-McLay)

ACT è un piccolo partito liberista che alle elezioni dello scorso ottobre aveva ottenuto soltanto il 9 per cento dei voti, e fa parte della coalizione di governo insieme al National Party, il partito del primo ministro Christopher Luxon, di centrodestra, e al New Zealand First, populista e di destra.

In una prima votazione tenuta al parlamento neozelandese la proposta è passata grazie ai voti della coalizione di governo, ma molto probabilmente non succederà di nuovo al prossimo voto. Il primo ministro Luxon aveva promesso a Seymour di appoggiare la legge in una fase iniziale, per permetterle di ottenere visibilità, ma aveva aggiunto che non l’avrebbe sostenuta oltre (nel sistema neozelandese una legge deve superare tre voti prima di essere approvata definitivamente). Durante quella votazione Hana-Rawhiti Maipi-Clarke, parlamentare 22enne del partito Maori, aveva eseguito la haka in segno di protesta, la danza tradizionale del popolo maori (il video era poi circolato molto).

Quella di cui si discute in questi giorni non è la prima norma che la comunità maori contesta al governo di destra che si era insediato circa un anno fa. A gennaio era stata convocata un’importante riunione di circa 3mila rappresentanti della comunità, proprio per discutere alcune misure che il governo aveva detto di voler revocare e che sono considerate importanti per la comunità maori. Tra queste alcune iniziative a tutela della loro salute e l’uso della lingua maori nella pubblica amministrazione.