Le Corti d’appello non vogliono le competenze sul trattenimento dei migranti
Il governo sta cercando di dargliele per aggirare i tribunali ordinari sulla questione dei centri in Albania: per i giudici è un «disastro annunciato»
Lunedì i ventisei presidenti delle Corti d’appello in Italia hanno scritto una lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al ministro della Giustizia Carlo Nordio per chiedere di intervenire contro l’intenzione della maggioranza di governo di trasferire le competenze sul trattenimento dei migranti alle Corti d’appello. Nella lettera hanno scritto che la proposta è un «disastro annunciato», che avrebbe «gravi esiti» e rischierebbe di rallentare molto l’attività delle Corti d’appello, aggravando in modo eccessivo il loro carico di lavoro e causando ritardi anche sugli obiettivi del PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza finanziato con fondi dell’Unione Europea.
Al momento del trattenimento dei migranti in Italia si occupano le sezioni specializzate in immigrazione e protezione speciale dei tribunali ordinari, cioè gli organi di giudizio di primo grado. La scorsa settimana però Fratelli d’Italia ha presentato alla commissione Affari costituzionali un emendamento al “decreto flussi”, il provvedimento annuale che permette l’ingresso in Italia ad alcune categorie di lavoratori stranieri, e che sarà discusso alla Camera il 25 novembre: la modifica prevede che siano le Corti d’appello a decidere sui procedimenti di convalida o proroga del trattenimento delle persone richiedenti asilo, e non più le sezioni specializzate, che sono appunto più preparate sul tema. L’emendamento stabilisce inoltre che una Corte d’appello giudichi in questi casi in “composizione monocratica”, cioè con un giudice solo, diversamente da come lavora normalmente.
La proposta di Fratelli d’Italia è stata fatta dopo che la sezione specializzata del tribunale di Roma non aveva convalidato il trattenimento dei migranti portati nei discussi centri per richiedenti asilo realizzati dal governo italiano in Albania, chiedendo alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea di esprimersi sul caso. La decisione del tribunale di Roma è stata l’ultima di una serie di questo genere in poco tempo, dopo che già i tribunali di Catania, Bologna e Palermo non avevano convalidato altri trattenimenti di migranti nei centri in Albania. In tutti i casi i giudici erano stati fortemente criticati dalla destra, che li aveva accusati di avere preso decisioni per ragioni politiche e contro il governo.
Nella lettera dei presidenti delle Corti d’appello, inviata anche ai presidenti di Camera e Senato, si dice che «è facile prevedere che la riforma costituirà un disastro annunciato» e che «renderà irrealizzabili gli obiettivi del PNRR», oltre a determinare «un’ulteriore recrudescenza dei tempi e dell’arretrato dei processi». Il PNRR tra le altre cose chiede infatti all’Italia di chiudere entro il 2026 il 90 per cento delle cause civili pendenti dalla fine del 2022. Secondo i magistrati questo obiettivo non è raggiungibile se le Corti d’appello dovranno gestire anche i procedimenti sul trattenimento dei migranti.
A inizio novembre i presidenti delle Corti d’appello avevano scritto un’altra lettera a Meloni e Nordio per protestare contro un altro comma inserito nel decreto flussi e nel recente decreto che contiene la lista aggiornata dei paesi di origine cosiddetti “sicuri”. Entrambi i decreti prevedono la possibilità, che era stata abolita nel 2017, per l’avvocatura dello Stato di fare ricorso contro gli accoglimenti delle protezioni speciali decise dai giudici di primo grado. Secondo una simulazione del Consiglio superiore della magistratura (CSM, l’organo di autogoverno della magistratura), soltanto per questi ricorsi il carico di lavoro dei giudici d’appello aumenterebbe del 30 per cento.
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Nella lettera i magistrati sottolineano inoltre che con la reintroduzione del ricorso in appello si andrebbero a svuotare le sezioni specializzate in primo grado, che invece erano state rafforzate meno di due anni fa proprio per gestire meglio i contenziosi in materia d’asilo. Al contrario, le Corti d’appello non hanno ricevuto né personale né risorse economiche in più.
Lunedì sera però il ministro Nordio su Rai 1 ha respinto le preoccupazioni dei magistrati. «Non ci sarà nessun aggravio. Nell’emendamento si prevede una riduzione delle competenze delle Corti, proprio per i reclami contro le decisioni sui migranti. Quindi il loro lavoro viene sgravato», ha detto.