Gli assalti armati agli aiuti umanitari, sotto gli occhi dell’esercito israeliano
Da tempo bande palestinesi saccheggiano i convogli destinati alla popolazione della Striscia, e Israele non fa nulla per fermarle
Gli aiuti umanitari inviati nella Striscia di Gaza sono sistematicamente saccheggiati da bande di uomini armati palestinesi che assaltano i convogli per vendere al mercato nero cibo, generi di prima necessità o beni contrabbandati. Questi attacchi avvengono a volte a poche centinaia di metri dalle postazioni dei soldati israeliani nella Striscia, che assistono senza fare niente; secondo le accuse di alcune organizzazioni umanitarie gli attacchi avverrebbero perfino con il beneplacito e la tolleranza dei militari israeliani.
L’ultimo assalto è stato particolarmente notevole per il gran numero di mezzi che ha riguardato: le bande armate hanno attaccato un convoglio di 109 camion pieni di aiuti umanitari dell’UNRWA, l’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi, e del Programma alimentare mondiale: 97 di questi camion sono stati «persi», secondo un comunicato dell’UNRWA, cioè sono stati assaltati e saccheggiati. Alcuni degli autisti dei camion sono stati feriti nell’assalto e alcuni dei veicoli sono stati danneggiati.
Il trasporto e la distribuzione degli aiuti umanitari alla popolazione di Gaza sono un problema dall’inizio della guerra: le operazioni militari israeliane hanno distrutto buona parte delle infrastrutture civili ed eliminato le autorità che in precedenza gestivano la sicurezza sul territorio. La polizia di Gaza, che faceva parte di Hamas, di fatto non esiste più, e non c’è più nessuno a proteggere i convogli umanitari una volta che entrano nella Striscia. A questo si aggiunge ovviamente il fatto che Israele limita forzatamente l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia, nonostante le richieste e le minacce di alleati come gli Stati Uniti.
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Per mesi uno dei problemi principali della distribuzione degli aiuti era che centinaia di persone disperate e affamate assaltavano i camion per cercare di rubare il cibo, impedendo ai convogli di raggiungere i centri di distribuzione. Poi sono arrivate le bande armate.
Fin dall’inizio della guerra, gruppi armati e gruppi criminali hanno operato a Gaza soprattutto nel campo del contrabbando di sigarette. All’inizio della guerra il governo aveva vietato completamente sigarette e tabacco e il contrabbando avveniva tramite il varco di Rafah, nel sud della Striscia, che al tempo era controllato dall’Egitto (Israele decide arbitrariamente i beni che possono o non possono entrare). I contrabbandieri palestinesi riuscivano abbastanza facilmente, con l’aiuto di complici egiziani, a portare sigarette e altri beni molto richiesti nella Striscia per poi rivenderli.
Ma a maggio di quest’anno l’esercito israeliano ha preso il controllo del varco di Rafah dalla parte palestinese e l’ha chiuso. A quel punto, la stragrande maggioranza degli aiuti umanitari e di tutti i trasporti da e per Gaza è stata dirottata al varco di Kerem Shalom, al confine con Israele.
I convogli umanitari che entrano a Gaza da Kerem Shalom percorrono un tratto di strada a ridosso del confine con l’Egitto, verso ovest, e poi girano a nord per dirigersi verso il centro della Striscia, ed è lì che vengono attaccati.
La zona in cui avvengono gli attacchi è più isolata e semidesertica, e in teoria sarebbe sotto il controllo dell’esercito israeliano, ma in realtà è controllata dalle bande armate, che agiscono praticamente indisturbate. Il video qui sotto, girato dal quotidiano israeliano Haaretz, mostra parte del percorso che fanno i convogli.
Inizialmente queste bande hanno continuato a interessarsi soprattutto alle sigarette contrabbandate e ad altri beni ritenuti preziosi che venivano messi nei convogli umanitari da complici egiziani. Fermavano i convogli con blocchi stradali improvvisati, minacciavano con le armi gli autisti, prendevano quello che interessava loro e lasciavano il cibo.
Negli ultimi mesi, tuttavia, le bande hanno cominciato a rubare anche il cibo, che nella Striscia di Gaza è diventato sempre più scarso e si vende al mercato nero a prezzi esorbitanti: se fino a qualche mese fa un pacco di farina costava 25 shekel (poco più di 6 euro) oggi ne costa 200 (50 euro). Gli attacchi ai convogli umanitari sono diventati sistematici.
Le bande armate inoltre impongono ai convogli umanitari costosissime “tasse di transito”, e minacciano, picchiano o addirittura rapiscono gli autisti che non pagano: ai convogli che vogliono passare per il loro territorio chiedono fino a 15 mila shekel, cioè quasi 4.000 euro.
Nella maggior parte dei casi, i membri delle bande non fanno parte di Hamas: appartengono a clan familiari che sono storicamente avversari del gruppo. Alcune di queste bande sono formate da beduini che vivono nelle zone desertiche nel sud-ovest della Striscia, proprio a ridosso del varco di Rafah. Secondo alcuni il fatto che questi gruppi siano opposti a Hamas è una delle ragioni per cui l’esercito israeliano li tollera.
I contrasti tra Hamas e queste bande sono così forti che lunedì sera il ministero dell’Interno di Gaza, controllato da Hamas, ha detto di avere compiuto un’operazione militare proprio contro i gruppi armati, e di avere ucciso 20 persone.
L’esercito israeliano al contrario è consapevole della presenza delle bande e del fatto che buona parte degli aiuti umanitari che entrano nella Striscia è saccheggiata, ma sostiene di non avere modo di intervenire. Molte organizzazioni umanitarie che operano nella regione, però, sostengono che Israele eviti volutamente di contrastare gli attacchi.
Il Washington Post ha ottenuto un documento riservato dell’ONU secondo cui le bande criminali «potrebbero godere della benevolenza passiva e forse anche attiva» dell’esercito israeliano, o forse della sua «protezione».
Molti operatori umanitari che lavorano a Gaza hanno raccontato che gli assalti ai convogli avvengono a poca distanza dalle postazioni dell’esercito. «Ho visto un carro armato israeliano e un palestinese armato di kalashnikov ad appena 100 metri di distanza», ha detto un testimone a Haaretz. «Gli uomini armati picchiano gli autisti e prendono tutto il cibo se questi non pagano per la protezione».
Normalmente nella Striscia di Gaza gli uomini di Hamas armati sono identificati e uccisi in poco tempo dall’esercito israeliano, che controlla tutta l’area con droni e altri dispositivi di sorveglianza. I membri delle bande armate invece agiscono all’aperto, a poca distanza dai soldati, senza che questi intervengano.
L’esercito israeliano è a tal punto consapevole di quello che sta succedendo che chiama la zona dove agiscono le bande armate «zona di saccheggio». I soldati israeliani che si trovano a Gaza hanno detto a Haaretz che i saccheggi sono ormai un’abitudine, e che sanno perfettamente che, a poche centinaia di metri dalle loro postazioni, le bande armate piazzano posti di blocco, fermano i convogli e li assaltano.
Le organizzazioni umanitarie, inoltre, accusano Israele di costringere i convogli umanitari a passare proprio per una strada che attraversa la «zona di saccheggio», cosa che mette maggiormente in pericolo gli aiuti: «Ci fanno andare soltanto per la strada che ci porta ai predoni», ha detto al Washington Post il dipendente di una ong. Quando i convogli hanno cercato di prendere un’altra strada, l’esercito gli ha sparato contro.
La scorsa settimana, dopo molte polemiche, Israele ha infine concesso l’apertura di un nuovo varco a Kissufim, nel centro della Striscia. I gruppi armati si sono riorganizzati immediatamente: nel primo convoglio di aiuti entrato dal varco un camion è stato assaltato. Nel secondo convoglio sono stati assaltati 14 camion su 20 complessivi: il tutto è avvenuto a 500 metri dal posto di blocco controllato dall’esercito.
L’esercito sostiene di aver tentato in passato di difendere i convogli, ma che negli scontri armati che si erano scatenati erano rimasti feriti alcuni membri delle organizzazioni umanitarie. La cosa aveva creato grande scandalo sui media internazionali, e a quel punto i soldati hanno smesso di intervenire. L’unica eccezione è quando vengono individuati nei gruppi armati dei membri di Hamas: allora l’esercito non si fa più scrupoli e interviene in forze.